I vaccini contro la malaria: da GSK ad Oxford

La comunità scientifica internazionale sembra sempre più vicina all’eradicazione, dopo quasi un secolo della sua scoperta, della malaria. Si tratta a tutti gli effetti di uno dei parassiti più diffusi al mondo, con una capacità di replicazione e diffusione piuttosto particolare che avrebbe reso, negli ultimi decenni, impossibile produrre un vaccino che si dimostrasse veramente efficiente. Ora, però, dopo il primo vaccino approvato dall’OMS nel 2021, altri stanno progressivamente arrivando alla terza fase di sperimentazione, con risultati importanti.



Il primo vaccino contro la malaria è stato sviluppato dall’azienda GSK, approvato dall’OMS nel 2021 e finanziato dalla Bill Gates Foundation, esclusivamente per la somministrazione nei bambini. Concretamente, però, i risultati ottenuti con il Mosquirix (il nome del farmaco) non sarebbero particolarmente promettenti, attestando una protezione di circa il 30% dalla forma grave della malattia (ovvero, tre casi ogni dieci). Perché un vaccino venga effettivamente adottato su larga scala, però, si deve poter dimostrare un’efficacia di almeno il 75%, dato che è stato ottenuto (e superato, arrivando al 77%) dal vaccino contro la malaria in sviluppo da parte dell’Università di Oxford. Inoltre, avrebbe anche un costo pari a circa la metà del farmaco sviluppato da GSK. Infine, vi è anche in fase 2 un vaccino che mira a proteggere le donne incinte, tra le vittime più frequenti della malaria.



Come funziona la malaria e perché non è stata eradicata

I primi casi di malaria si registrarono attorno alla fine del 1800, e fin da subito si iniziò a lavorare su farmaci e vaccini che potessero ridurne la diffusione, o quanto meno proteggere i soggetti a rischio. Ad oggi, però, si è fatto solamente un piccolo timido passo verso quell’obiettivo, mentre il parassita continua ad infettare circa 247milioni di persone all’anno (dati OMS del 2021), uccidendone circa 619mila. Tuttavia, è anche vero che l’80% dei decessi è costituito dai bambini, più facilmente soggetti alla malattia grave, seguiti dalle donne incinte, con effetti che finiscono per ricadere anche sui feti.



Il più grosso problema nel trovare un vaccino efficace contro la malaria è stato riuscire a frenare il particolare modo di replicazione del parassita. Il soggetto si ammala dopo la puntura di una zanzara infetta, dando il via al ciclo di vita del parassita nel corpo umano, venendo poi trasmesso nuovamente ad una zanzara sana, che pungendo il malato contrae il virus e lo trasporta verso l’ospite successivo. In tutti questi passaggi, il parassita migliora la sua capacità di elusione delle difese immunitarie. Inoltre, il parassita della malaria è in grado di “nascondersi”, falsando le sue proteine superficiali affinché i sistemi di difesa non le riconoscano. Infine, all’interno delle zanzare il parassita sarebbe ulteriormente capace a replicarsi, in tutta libertà all’interno di un vettore che non soffre e non può morire per la malattia.