Ritardare la seconda dose dei vaccini anti Covid è emersa un’alternativa strategica per accelerare la campagna vaccinale. Così si è mossa in effetti la Gran Bretagna per “coprire” quante più persone almeno con la prima dose. Ampliare l’intervallo tra la prima dose e il richiamo di tutti i vaccini a 12 settimane, rispetto alle 3 nel caso di Pfizer, può essere però controproducente per i malati di tumore. Il buon livello di efficacia emerso cala di molto, infatti, nei pazienti oncologici. Lo indica uno studio preliminare del King’s College di Londra e del Francis Crick Institute, lanciando l’allarme contro la strategia britannica. Nel loro caso il richiamo deve essere rapido. Nello specifico, la ricerca ha evidenziato che le risposte anticorpali alla terza settimana dopo la prima dose del vaccino erano solo del 39% e del 13% rispettivamente nei tumori solidi ed ematologici rispetto al 97% che si registra in chi non ha il cancro.



Se la seconda dose del vaccino viene somministrata a tre settimane dalla prima, la risposta immunitaria migliora in maniera significativa per i pazienti con cancro solido: si arriva al 95%. Chi invece non ha ancora ricevuto il richiamo dopo tre settimane non ha riportato alcun miglioramento concreto: solo il 43% dei pazienti con cancro solido e l’8% dei pazienti con cancro del sangue hanno sviluppato anticorpi a 5 settimane rispetto al 100% di controlli sani.



STUDIO METTE IN DISCUSSIONE STRATEGIA VACCINI UK

Da questo studio emerge in maniera lampante che questo tipo di strategia rischia di lasciare molti malati di cancro vulnerabili ad una forma grave di Covid. Ma questi risultati chiamano in causa anche le persone che li circondano, perché in tre mesi di scarsa protezione il coronavirus può diffondersi e creare anche le condizioni per favorire l’insorgenza di mutazioni. Per questo motivo, i dottori Sheeba Irshad e il professor Adrian Hayday, il King’s College di Londra e il Francis Crick Institute ritengono che il Regno Unito debba rivalutare la strategia vaccinale almeno per il malati di cancro, e di conseguenza pure per i pazienti immunodepressi. «Dopo la prima dose la maggior parte dei pazienti affetti da cancro solido ed ematologico è rimasta immunologicamente non protetta fino ad almeno cinque settimane dopo l’iniezione primaria, ma questa scarsa efficacia di una dose può essere salvata con un richiamo dopo 21 giorni», spiega Sheeba Irshad, docente di clinica senior presso la School of Cancer & Pharmaceutical Science.



Il richiamo Pfizer per chi ha un tumore deve essere precoce. «I malati di cancro dovrebbero essere vaccinati rapidamente e le loro risposte, in particolare quelle dei malati di cancro del sangue, dovrebbero essere monitorate con attenzione in modo che coloro che hanno contatti con familiari, amici e assistenti sanitari possano essere sicuri del loro ambiente», avverte Adrian Hayday, professore di immunobiologia. Lui e la dottoressa, dunque, raccomandano «una revisione urgente della strategia vaccinale per i gruppi clinicamente estremamente vulnerabili». Questo studio ha spinto molte associazioni britanniche impegnate nell’assistenza dei malati di tumore a lanciare un appello al governo affinché riveda la strategia.