Sono ancora tanti e decisamente troppi i dubbi e le perplessità che avvolgono la pandemia di Covid, ormai da un anno prepotentemente entrata nelle nostre vite, stravolgendone la quotidianità. Per esempio, per quanto concerne i malati gravi, perché essi contraggono il virus in una forma più potente e talvolta letale rispetto agli asintomatici o ai paucisintomatici? Conoscere la risposta, evidentemente, aiuterebbe il mondo della medicina e della scienza a traghettarci fuori al più presto da un incubo che pare davvero non avere fine.



Gli studi sin qui condotti sulla malattia hanno messo in evidenza che a determinare il decesso delle persone non è direttamente il Coronavirus, bensì le reazioni che scatena nell’organismo, che si traducono in una risposta infiammatoria impossibile da tenere sotto controllo e in grado in poco tempo di ledere in maniera del tutto irreparabile gli organi interni e vitali, fino a determinare la conclusione dell’esistenza dell’individuo risultato positivo al tampone. A Cambridge, però, non si rassegnano e desiderano vederci chiaro.



MALATI GRAVI COVID: LO STUDIO DI CAMBRIDGE

I malati gravi Covid sono da tempo al centro di studi, dicevamo, che hanno portato a determinare le categorie più a rischio, ovvero gli ultra70enni e gli ultra80enni, gli obesi e gli ipertesi. Tuttavia, come accennavamo poche righe fa, l’università britannica di Cambridge sta provando a studiare nel dettaglio le risposte immunitarie all’infezione, nel tentativo di prevedere quali soggetti svilupperanno sintomi gravi e chi invece no. In particolare, l’occhio attento dei ricercatori si sta concentrando sul livello di citochine (molecole proteiche) presenti all’interno del sangue. Come spiega “TgCom24”, sono stati prelevati 605 campioni di sangue da persone con sintomi gravi e da asintomatici o paucisintomatici. A cambiare sono stati due fattori, quali la rapidità della risposta e l’adattamento dell’organismo all’infezione: “Chi ha sviluppato una sintomatologia grave – si legge sul sito – aveva nel sangue un altissimo livello di citochine, ma una minor quantità di cellule immunitarie. Gli asintomatici e i pazienti con sintomatologia lieve avevano invece una risposta immunitaria più rapida e che risultava adattarsi più rapidamente alla minaccia”.

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