Gentile direttore,
l’adeguatezza delle cure intensive a malati gravi, cronici o degenerativi è argomento assai delicato e complesso in cui sono implicate valutazioni di diversa natura. Ci sono principi indiscutibili: la vita va sempre difesa proprio perché uno non se la attribuisce da solo; le cure sono sempre dovute per quel principio di solidarietà umana senza del quale la vita finirebbe; le risorse vanno reperite e spese per sostenere innanzitutto la vita; la speranza non va mai soppressa essendo il motore della vita.
La declinazione nei casi specifici di questi principi implica l’esercizio di una responsabilità e di una scelta da parte di chi è coinvolto nella situazione. Quando un caso del genere arriva nelle stanze di un tribunale o sulle colonne di tutti i giornali è messo a dura prova il ponderato esercizio di una tale responsabilità. Per una serie di circostanze, nei quasi quarant’anni di vita professionale, mi è capitato diverse volte di vedere da vicino il maturare di decisioni che riguardano le cure in questione: per una trentina d’anni ho amministrato una struttura sanitaria con reparti di emodinamica, di cardiochirurgia e di terapia intensiva; da vent’anni a questa parte amministro luoghi di cura con Hospices, nuclei per stati vegetativi e cure palliative domiciliari anche per minori gravi.
Mi è sempre stato di aiuto il canone 2278 del Catechismo della Chiesa cattolica, che non smette mai di sorprendermi e che ho avuto modo di vedere utile per molte persone implicate in situazioni complesse. Lo riporto integralmente: “L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire.” […..]
Quali siano le cure interrompibili nemmeno il catechismo lo dice; indica però due criteri: la proporzione ai risultati attesi ed il legittimo esercizio di una valutazione sul singolo caso. Questi due criteri sono quotidianamente applicati ovunque in migliaia di famiglie e di casi clinici. La loro corretta applicazione è favorita da una conoscenza dettagliata del caso specifico e da una grande e realistica affezione alla propria vita da parte dei famigliari e dei professionisti implicati: in nessun caso è risparmiato il dolore. Persone, professionisti, organizzazioni e Stati che generano luoghi umani di cura per malati gravi e gravissimi sono di grande conforto.
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