Ezio Bosso non si è mai abbattuto. Anche di fronte alla malattia ha sempre sfoggiato il suo miglior sorriso. Il maestro definiva la malattia di cui soffriva “un incidente o un terremoto” che rendeva la sua vita movimentata e sicuramente meno noiosa. “Mi piace chiamarla così. È una storia, la mia. Noi siamo composti da storie, e non ci sono storie belle o brutte. (…) Quello che bisogna evitare sono le storie noiose. Il mio disagio è per me occasione di non annoiarmi mai“, aveva raccontato a Vanity Fair. Una malattia che non gli aveva mai impedito di dedicarsi alla musica fino a settembre 2019 quando, dalla Fiera del Levante, annunciò il suo peggioramento e la decisione di non suonare più il pianoforte non avendo più la forza per farlo. Fu una decisione sofferta quello di Ezio Bosso che chiese ai fans di aiutarlo non facendogli più domande su quando sarebbe tornato a suonare (aggiornamento di Stella Dibenedetto).
A SETTEMBRE IL PEGGIORAMENTO
Ezio Bosso è morto e tutti sapevamo che questo momento sarebbe arrivato. Per mesi abbiamo sperato che non succedesse così presto ma la sua malattia ha proseguito con il suo corso fino a che, proprio lo scorso settembre, il musicista aveva rivelato di essere molto sofferente e di aver rinunciato anche a mettersi al piano per questo. Rinunciare alla musica, lui che non lo ha mai fatto, era solo una sentinella relativa al fatto che la sua rara malattia neurogenerativa, che pian piano gli ha reso difficile anche fare quello che lui amava di più, stava peggiorando: “Se mi volete bene, smettete di chiedermi di mettermi al pianoforte e suonare. Non sapete la sofferenza che mi provoca questo, perché non posso. Ho due dita che non rispondono più bene e non posso dare abbastanza alla musica”. Le sue funzioni vitali erano compromesse, e la situazione è andata peggiorando anche se a fine marzo, Ezio Bosso era tornato sui social per un lungo post in cui invitava tutti a riprendere a giocare e alcuni avevano sperato di rivederlo presto a quel piano a cui, siamo sicuri, non rinuncerà mai. (Hedda Hopper)
FUNZIONI VITALI COMPROMESSE
«Le sue funzioni vitali erano compromesse dalla malattia neurovegetativa». Così Agorà dopo l’annuncio della morte di Ezio Bosso. Sulla malattia del pianista 48enne si è fatta tanta confusione in questi anni. Questo perché inizialmente la patologia fu identificata come la Sla, la sclerosi laterale amiotrofica, invece Ezio Bosso aveva sviluppato una malattia autoimmune i cui effetti sono simili a quelli della sclerosi laterale. Nel suo caso furono colpiti i motoneuroni, le cellule cerebrali che sono responsabili del controllo dei movimenti. Questo conduce alla paralisi della muscolatura volontaria, alla perdita di forza negli arti e nei muscoli che hanno funzioni vitali come la respirazione e la deglutizione. Per la malattia che ha afflitto Bosso, scrive Fanpage, l’unico farmaco utilizzabile è il riluzolo, che però perde efficacia man mano che il corpo del paziente si abitua alla stanza. Il calvario cominciò nel 2011 per Ezio Bosso: la malattia neurovegetativa gli fu diagnosticata dopo l’intervento per un cancro al cervello, sempre nello stesso anno.
MALATTIA EZIO BOSSO, SINDROME NEUROVEGETATIVA
«La malattia mi ha allenato a soste forzate ben peggiori», aveva dichiarato nelle scorse settimane Ezio Bosso parlando della “quarantena” a causa dell’emergenza coronavirus. L’attenzione alle condizioni di salute del pianista è stata sempre alta, ma a tratti si è rivelata morbosa. Ma spesso si è fatta anche confusione. Non aveva la Sla: il suo ufficio stampa parlò di «un errore mediatico». Una precisazione di non poco conto: l’ufficio stampa parlò infatti anche di «false speranze che noi si abbia una cura miracolosa, che non abbiamo semplicemente perché il Maestro Bosso NON ha la Sla». Come quando i media parlarono della perdita dell’uso delle mani, un’altra circostanza smentita. «Altrimenti non potrebbe nemmeno dirigere o mangiare al ristorante, prendere il caffè, insomma fare tutte quelle cose che tutti gli vedono fare normalmente». In realtà, Ezio Bosso aveva dichiarato che non aveva più forza nelle mani per suonare bene, quindi non avrebbe più suonato solo perché non voleva che il risultato non fosse all’altezza delle sue aspettative. Ma la musica non lo ha mai abbandonato, lo ha accompagnato fino alla fine.