Passare 55 anni considerati colpevoli per un reato che non si è commesso: la storia recentissima insegna che purtroppo ingiustizie del genere non capitano solo nei regimi illiberali come Cina, India, Cuba etc, ma anche nella liberalissima America. Succede infatti che due dei tre condannati per l’omicidio di Malcolm X, l’attivista per i diritti degli afroamericani freddato il 21 febbraio del 1965 all’Audubon Ballroom di Manhattan (New York), vengono scagionati definitivamente a 55 anni di distanza dall’attentato di cui erano stati condannati come complici del reo-confesso Thomas Hagan (chi effettivamente sparò i colpi mortali, scarcerato nel 2010).



È la storia di Muhammad Aziz e Khalil Islam, all’epoca conosciuti come Norman 3X Butler e Thomas 15X Johnson: la nuova inchiesta sorta 22 mesi fa dopo la pubblicità azione di un documentario ha riattivato l’interesse sul caso Malcolm X, tanto da portare il procuratore distrettuali di NY ad ottenere di poter ridiscutere la vicenda e ri-scoprire la verità. Aziz oggi ha 83 anni è uscito di prigione dal 1985, mentre Islam era stato rilasciato nel 1987 ma morì nel 2009, dunque non sapendo mai che ben 12 anni dopo sarebbe stato “riabilitato” dalla società americana. Una vita per entrambi distrutte dalla condanna, con famiglie al seguito che rimasero senza il padre e con in più la gogna di essere considerati complici dell’omicidio di un attivista del calibro di Malcolm X



“FBI NASCOSE PROVE LORO ASSOLUZIONE”

«Gravi errori», sono le parole procuratore distrettuale di Manhattan Cyrus Vance nell’atto di assoluzione e scaglionamento per Aziz e Islam, riferiti ai risultati compiuti allora dagli inquirenti e dagli investigatori di Fbi e Dipartimento di polizia di New York. In fase di ultima revisione tra 2020 e 2021 si è venuti a scoprire come durante il processo ai sospetti killer, Polizia NY e Fbi di fatto avrebbero coperto una parte delle prove che avrebbero portato all’assoluzione di quei due, a questo punto, innocenti protagonisti. Vance ha dunque chiesto scusa alle famiglie da parte dello Stato, in quanto i loro cari hanno passato circa 20 anni della loro vita in cella per un omicidio che non hanno mai commesso. In quel tremendo febbraio del ’65, Malcolm X era assediato tra diverse faide interne al movimento antirazzista “Nation of Islam“: furono tre afroaemircani che gli spararono davanti alla Adubon Ballroom di Harlem, davanti alla moglie alle tre figlie. L’unico reo-confesso, Hagan, durante il processo aveva per primo scagionato Aziz e Islam dicendo che non fecero parte della “spedizione” contro Malcolm X: non venne creduto, così come non vennero prese per buone le prove sul loro alibi al momento dell’attentato. Tra le rilevazioni fatte dell’indagine del procuratore di Manhattan, vi è quella clamorosa della presenza nella sala in cui Malcolm X fu assassinato di alcuni agenti sotto copertura: non solo, la stessa Fbi sarebbe stata avvertita diverse ore prima che quel giorno Malcolm X sarebbe stato freddato. Perché dunque non venne protetto il leader attivista se tutti sapevano del rischio imminente? Perché vennero fatti imprigionare due innocenti della “Nation of Islam” e solo dopo 55 anni si è ristabilita parte della verità? Chi partecipò, dunque, alla sparatoria? Quanto il Governo americano del tempo sapeva delle vicende legate alla morte di Malcolm X? Di tutte queste domande nella nuova inchiesta non vi sono risposte, ma almeno dopo 55 anni si è ristabilito chi realmente non partecipò ad uno degli omicidi che hanno segnato la storia moderna degli Stati Uniti.

Leggi anche

CPI CHIEDE ARRESTO DI NETANYAHU/ "Le bombe continuano, tocca all'opposizione dare una spallata al governo"