La famiglia di Malcolm X porta in tribunale la polizia di New York e le agenzie governative federali FBI e CIA per l’omicidio con una causa da 100 milioni di dollari. I legali sostengono che, insieme al governo americano, abbiano avuto un ruolo nell’assassinio del leader dei diritti civili, avvenuto all’Audubon Ballroom di Washington Heights nel 1965. L’avvocato Ben Crump, che rappresenta la famiglia di Malcolm X, ha dichiarato che le agenzie governative “hanno tutte cospirato per assassinare Malcolm X“. La causa sostiene che le forze dell’ordine abbiano nascosto le prove del complotto per ucciderlo e non abbiano agito per fermarlo.
QUALI SONO LE ACCUSE A POLIZIA, FBI E CIA
Le accuse mosse, e riportate da CBS News, riguardano la mancata protezione nonostante le minacce imminenti, la rimozione del servizio di sicurezza proprio la notte dell’omicidio, il mancato intervento degli agenti in servizio; si ritiene anche che abbiano incoraggiato e facilitato attivamente l’assassinio e che ci sia stato un tentativo di occultamento, o copertura, dopo il fatto. “Pur conoscendo la gravità delle minacce, l’FBI non ha protetto Malcolm X, compromettendo invece attivamente la sua sicurezza arrestando la sua squadra di sicurezza giorni prima del suo assassinio“, recita uno stralcio della denuncia.
“Come risultato diretto degli atti e delle omissioni intenzionali, in malafede, dolosi, sconsiderati, irragionevoli e/o deliberatamente indifferenti degli imputati, Malcolm X è stato privato dei suoi diritti costituzionali federali, è stato derubato della sua vita e della sua libertà e ha subito gravi danni fisici, emotivi e monetari, compreso il dolore fisico e la sofferenza cosciente“, è riportato in un altro passaggio.
“NUOVE PROVE E UN NUOVO TESTIMONE”
In merito alla denuncia, è intervenuta anche Ilyasah Shabazz, figlia di Malcolm X: “Chiediamo giustizia per l’assassinio di nostro padre e che la verità sia registrata nella storia“. Invece, gli enti denunciati hanno rifiutato di commentare la notizia. L’ufficio legale della città di New York si è limitato a far sapere che sta “esaminando il caso“.
La figlia di Malcolm X, che ha rappresentato la sua famiglia in una conferenza stampa a New York, e i suoi legali affermano di aver scoperto nuove prove che, a loro avviso, dimostreranno che la polizia di New York e l’FBI hanno cospirato per uccidere Malcolm X. “Abbiamo lottato soprattutto per nostra madre, che era qui. Mia madre era incinta quando venne qui per vedere parlare suo marito, una persona che ammirava totalmente, e per assistere a questo orribile assassinio di suo marito…“, ha dichiarato proprio dal sito dell’ex Audubon Ballroom, dove fu ucciso suo padre con 21 colpi di pistola.
“Non ci sfugge che la giustizia è stata ritardata in questa vicenda. Le impronte del governo sono tutte sull’assassinio di Malcolm X e finalmente crediamo di avere le prove per dimostrarlo. Negli ultimi tre anni, ogni giorno, ogni settimana, ogni mese abbiamo portato alla luce nuove prove“, ha aggiunto Crump.
Nel luglio dell’anno scorso l’avvocato presentò quello che definì un nuovo testimone del delitto, citando un affidavit firmato in cui tale soggetto racconta di aver visto l’uomo armato protetto dalle forze dell’ordine dopo l’accaduto. “Ha detto che mentre lottava per afferrarlo per evitare che scappasse, era come se la polizia di New York stesse cercando di aiutarlo a sfuggire alla cattura“, dichiarò il legale.
“DUE UOMINI SONO FINITI INGIUSTAMENTE IN PRIGIONE”
Per l’omicidio di Malcolm X ha confessato Talmadge Hayer, invece gli altri due imputati condannati, Thomas Johnson e Norman Butler hanno sostenuto la loro innocenza e sono stati scagionati solo tre anni fa. Il primo è defunto, l’altro ha cambiato il suo nome in Muhammad Aziz e, dopo aver trascorso vent’anni in prigione, è intervenuto nella serie Netflix sul delitto, dichiarando: “Se avessi voluto farlo, non avrei potuto farlo, quindi significa che sapevano cosa stavano facendo quando mi hanno messo in prigione“. Venerdì il legale della famiglia dell’attivista su di loro ha affermato: “Quegli uomini sono andati in prigione, ingiustamente, e tutti quegli agenti sotto copertura lo sapevano“.