Alberto Malesani è stato un grande allenatore, sulla cresta dell’onda in particolare alla fine degli anni ’90 quando conquistò Coppa Uefa, Coppa Italia e Supercoppa Italiana, alla guida del Parma. Ma quel mondo sembra ormai essere distanti anni luce dal 67enne (oggi fa il compleanno) tecnico di Verona: “Ci penso poco, al calcio – racconta ai microfoni de Il Foglio – ormai mi sento più vigneron (vignaiolo ndr)”. Malesani passa le sue giornate sulle colline del nord-est di Verona, nella Val Squaranto, dove si trova la sua splendida vigna, e si dice lontano anni luce dal calcio di adesso: “Io ero appieno in un lavoro sinottico: l’allenatore che vede come vede il calciatore. Sono contrario ai droni, al calcio dalla tribuna, ai video dall’alto. Io pensavo all’allenatore che entra dentro l’occhio del calciatore, io pensavo a questo, a un lavoro particolare, nuovo”.



“Vedo più la telecamera nella testa di un giocatore che un drone sulla sua testa – ha proseguito Malesani – ero più avanti della match analysis. Facevo un lavoro di questo tipo. Nei corsi si insegna come allenatore i giocatori ma non come allenare un allenatore. Io sentivo la necessità di abbandonare il lavoro sul sistema di gioco e di farne uno tridimensionale sul giocatore”. Un po’ di rammarico comunque traspare dalle parole di Malesani: “Il mio dispiacere è questo, non aver concluso questo progetto. Avevo anche pensato di trasmetterlo ai dilettanti, ai giovani, perché i professionisti sono sordi, pensano di sapere tutto. Ma non era destino. Vabbè, penso di avere ancora tante cose da trasmettere ma ora le trasmetto alle mie vigne”.



MALESANI: “MI PIACE MANCINI, GUARDIOLA? NO, MEGLIO GLI ITALIANI”

Elogi all’attuale commissario tecnico della nazionale italiana, Roberto Mancini: “Mi piace Mancini. Perché sa di avere dei talenti e quando è arrivato ha detto: voglio vincere. Ha impresso un cambio di passo nella mentalità, ha portato dentro all’ambiente le sue convinzioni ed è riuscito a dare fiducia a un gruppo depresso. Non ha raccontato balle, ha puntato sui giovani, perché la Nazionale è espressione del calcio e italiano e quindi è un’espressione di talenti”.

Ma il suo preferito sembrerebbe essere il Conte Max: “Tra gli allenatori mi piace da morire Allegri, perché è pratico, intuitivo e magari, inconsciamente, entra in quel lavoro nella testa dei giocatori di cui ti parlavo. Lui crede di più al giocatore che a tanti discorsi. C’è chi lo ha discusso, sostenendo che non è al passo con in tempi. Invece è avanti, cura l’aspetto visivo dei giocatori, non il suo, così esalta le sue qualità rendendolo felice nel ruolo che gli piace. Tutti pensano che sia facile vincere cinque scudetti alla Juve, ti assicuro che non è facile”. Quindi aggiunge e conclude: “I maestri non sono solo quelli come Guardiola o altri stranieri, bisognerebbe ricorrere alla sapienza degli italiani”.