In serata la conferma della Farnesina: tre italiani sono stati rapiti in Mali da uomini armati. La notizia era trapelata nel pomeriggio di ieri: un gruppo di jhadisti nella regione di Sikasso, nel sud-est del Mali, ha sequestrato i tre cittadini italiani insieme ad un togolese. Poi la Farnesina in una nota ha assicurato che «l’Unità di Crisi sta profondendo ogni sforzo – in coordinamento con le competenti articolazioni dello Stato – per una soluzione positiva del caso», mentre il ministro Luigi Di Maio segue in prima persona l’evolversi della vicenda. Il Ministero degli Esteri, inoltre, ha ribadito d’intesa con i familiari l’esigenza di mantenere il più stretto riserbo. Si tratta di Giovanni Langone, 42 anni, di Potenza e dei genitori Rocco Antonio, 64 anni, e Maria Donata, 61 anni, partiti dopo la pensione dalla Brianza. Fino a ieri l’Associazione dei Testimoni di Geova del Senegal, che è competente pure per il Mali, non sapeva nulla di loro.
Ma stando a quanto riportato dal Corriere della Sera, i genitori erano partiti per aiutare il figlio a compiere la sua missione: aprire una Sala del Regno a Sincina. Ma quattro uomini armati hanno fatto irruzione nella loro casetta e li hanno portati via insieme a un loro amico del Togo. La Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova ha poi precisato che i tre italiani rapiti sono testimnoni di Geova che erano in Mali per motivi personali «e dunque non sono lì in qualità di missionari. Preghiamo per loro e ci auguriamo che questa vicenda si concluda nel modo migliore».
“STIAMO FACENDO DI TUTTO PER LIBERARE ITALIANI RAPITI”
I tre non erano neppure registrati all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire). Per integrarsi con la popolazione locale avevano anche cambiato cognome: a Sincina erano la famiglia Coulibaly. «Porta direttamente al gruppo terrorista Jnim, il gruppo di appoggio all’Islam e ai musulmani, branca locale di Al Qaeda, che cercherà di ricavare il massimo profitto dal sequestro dei tre occidentali: 5-6-7 milioni di euro di riscatto per ognuno». Il sequestro è avvenuto giovedì notte a 300 chilometri dalla capitale maliana, Bamako, e vicino al confine con il Burkina Faso. Nella zona del rapimento ci sono gruppi armati, jihadisti e criminali, che percorrono le frontiere tra Mali, Burkina Faso e Costa d’Avorio, senza controlli.
Invece gran parte della regione centro-settentrionale è occupata da diverse organizzazioni di militanti islamici, come il Gruppo per il sostegno dell’Islam e ai musulmani (Gsim), noto soprattutto per i sequestri, tra cui quelli di altri tre italiani, il missionario padre Gigi Macelli e i turisti Nicola Chiacchio e Luca Tacchetto, tutti liberati nel 2020. Dunque, è la prima volta che si verifica un rapimento nel sud-est del Mali. Questo per il professor Luca Raineri vuol dire che «il gruppo, finora sempre attivo nel centro e nel settentrione, ora è in grado di sfondare anche a sud per realizzare interamente il suo fine politico, trasformare cioè il Mali in un territorio completamente governato dalla Sharia, la legge islamica». «Stiamo facendo di tutto per ottenerne la liberazione», ha invece dichiarato una fonte della sicurezza maliana, in forma anonima, secondo quanto riportato da Afp.