Quante volte abbiamo pregato per un risultato, per un gol, per un errore degli avversari. Tante, senza dubbio. Senza mai renderci conto dell’esagerazione, dell’iperbole. Poi arrivano momenti nella vita che ti fanno capire cosa conta davvero nell’arco di un’esistenza.
Il riferimento è naturalmente a Christian Eriksen ed a quanto accaduto nel corso di Danimarca-Finlandia: il malore improvviso, la corsa dei medici, il massaggio cardiaco e la corsa in ospedale. Fortunatamente il centrocampista danese è fuori pericolo e il peggio è ormai alle spalle, ma la paura è stata tanta. Tantissima.
Le immagini dello Stadio Parken di Copenaghen ci hanno scosso profondamente. E non potrebbe essere altrimenti. Un ragazzo di 29 anni, marito e padre di due figli, che si accascia al suolo e lotta tra la vita e la morte per un malore improvviso, nonostante sia un professionista sottoposto a controlli continui, non può lasciare indifferenti. E tante, tantissime persone hanno pregato per lui. Si sono affidate a Dio. Come dicevamo, fortunatamente Eriksen si è ripreso – fondamentale il tempestivo intervento dei sanitari, che non verranno mai ringraziati abbastanza per quanto fatto – ma non possiamo non porci delle domande. Quante volte ci affidiamo alla Fede per cose inutili e superflue? Davvero c’è bisogno di dire una preghiera prima di un calcio di rigore? Evidentemente no. Da una tragedia sfiorata si può migliorare, è necessario migliorare. E sarebbe bello poter iniziare ad apprezzare di più ciò che è davvero essenziale: la vita, la salute, la famiglia.
Un grande esempio lo ha fornito proprio la Danimarca, una grande famiglia, una squadra nel vero senso della parola. Su tutti, non possiamo non citare Simon Kjaer. Centrale difensivo e colonna del Milan, il danese ha dimostrato cosa significa essere un capitano. Per primo ha prestato soccorso a Eriksen, impedendogli il soffocamento, ha chiamato i raccolta i compagni per fare da scudo al compagno alle prese con un malore e, insieme a Schmeichel, è andato a rincuorare la moglie dell’interista, visibilmente spaventata per quanto successo. Un uomo vero, un capitano vero, che dà l’esempio e che mette i valori, l’essere umano al primo posto. Semplicemente chapeau.
Un’altra grande lezione che possiamo trarre da questo pomeriggio di paura ci arriva dai tifosi di Danimarca e Finlandia presenti a Copenaghen. Dopo qualche minuto di apprensione, paura e silenzio surreale, i sostenitori delle due nazionali – quando Eriksen è stato portato via su una barella – hanno voluto testimoniare vicinanza al calciatore con un bellissimo gesto di unità: i finlandesi hanno intonato “Christian”, i danesi hanno risposto con “Eriksen”. Un segnale di fratellanza e di solidarietà che non può che scaldare il cuore.
Parken hyllar Christian Eriksen. Finska fansen ropar ”Christian”, danska svarar ”Eriksen”. pic.twitter.com/mOFLq3gAqg
— Michael Wagner (@MicGWagner) June 12, 2021