A due giorni di distanza dal grave malore che ha colpito il centrocampista della Nazionale danese, Christian Eriksen, accasciatosi improvvisamente al suolo a seguito di un arresto cardiaco verificatosi al 43′ della sfida tra Danimarca e Finlandia, valida per gli Europei 2020, giunge un clamoroso retroscena da parte di Peter Schmeichel, ex capitano del Manchester United e padre di Kasper, attuale portiere proprio della Danimarca. Schmeichel senior, ai microfoni di “Good Morning Britain”, in onda su ITV, ha spiegato che i calciatori danesi avrebbe ricevuto pressioni importanti da parte dell’UEFA per ritornare in campo a pochi minuti di distanza dal dramma vissuto sul manto erboso del “Parken” di Copenaghen
Si è detto, nelle scorse ore, che fosse stato lo stesso Eriksen, dopo essersi risvegliato, a chiedere di concludere la gara, ma Schmeichel senior ha commentato: “Beh, questo è un dibattito interessante. Ieri ho visto una citazione ufficiale della UEFA che diceva che stavano seguendo il consiglio del giocatore, che i giocatori hanno insistito per giocare, ma so che non è la verità. Anzi, è un modo di vedere la verità”. Qual è, pertanto, la vera verità?
MALORE ERIKSEN, DANIMARCA COSTRETTA A GIOCARE PER EVITARE IL KO A TAVOLINO?
Peter Schmeichel ha chiarito che dopo il malore di Eriksen e il trasferimento del calciatore in ospedale, sarebbero state date tre opzioni alla Danimarca da parte dell’UEFA: “Una era quella di giocare subito e far disputare gli ultimi 50 minuti della partita. La seconda era quella di giocare il giorno successivo alle 12 e, infine, la terza opzione era quella di dare forfait, con un 3-0 a tavolino. Era quindi il desiderio dei calciatori giocare? Avevano davvero scelta? Non credo che l’avessero. Anche l’allenatore si è seriamente pentito di aver rimesso in campo i giocatori”. È stato davvero drammatico e traumatico per i compagni di squadra di Eriksen assistere a quelle scene tremende, nelle quali il loro numero 10 era davvero a un passo dalla morte, tanto che nelle scorse ore sono stati supportati da un team di psicologi per cercare di superare il trauma, ma Peter Schmeichel tiene a ribadire il concetto: “Penso abbiano sbagliato a mettere i nostri calciatori di fronte alla possibilità di proseguire la partita o di fermarsi definitivamente. Erano in condizioni di forte stress, non erano a conoscenza delle condizioni del compagno”. Tuttavia, “Christian ha detto che non ricorda molto, era preoccupato lui per noi e per la sua famiglia. Nelle parole che ci ha detto è emersa tutta la sua generosità e tutta la sua grandezza come persona. È lui che ci ha chiesto di tornare a giocare”.