Se molti, non tutti, ma qualcuno facesse come ha fatto per decenni questa donna inglese, il problema dei bambini abbandonati ma anche degli immigrati sarebbe risolto. Alla fine infatti, aspettarsi sempre che sia lo stato a risolvere i problemi non produce mai nulla di positivo. E’ sempre l’iniziativa del singolo quella che fa la differenza. Purtroppo il concetto di “buon samaritano” è qualcosa che non appartiene più a questa epoca. Non a caso la signora in questione, Betty McGlinchey, di anni ne ha 80. Altri tempi e altri valori. Quelli capaci di far diventare una donna “madre” di 1347 persone. No, non centra l’utero in affitto e altri umilianti mercificazioni. Centra l’amore. Betty quando era giovane ha perso il primo figlio appena nato. In seguito è stata costretta ad abortire anche le due gemelle di cui era incinta e poi un altro figlio ancora, in tutto ne ha persi quattro. A quel punto si è anche ammalata di un tumore ed è stato in quel momento che ha scoperto di avere un gene che non le permetteva di avere figli. Non si è arresa, ha solo assunto un diverso aspetto di maternità. Ha aperto la casa e ha cominciato a ospitare bambini con problemi, disagiati, figli orfani di migranti. In tutto quasi 1500. Ancora adesso, racconta, a 80 anni, ne ospita due, un ragazzo somalo di 17 anni fuggito dal suo paese e un ragazzo inglese 14enne. Con lei, non si discute. Ognuno di loro è obbligato a tornare a casa al massimo alle 20 e 30. “Guardo indietro e, quando ci rifletto, penso che la vita sia strana, no? Ho perso quattro bambini. E per tutta la mia vita ho curato quattro bambini, sempre quattro contemporaneamente. Sono stata una mamma per centinaia di bambini” ha detto al quotidiano inglese The Mirror.
ACCOGLIENZA, AMORE E 1300 FIGLI
Nel 2014 è stata premiata con la prestigiosa onorificenza del Pride of Britain Awards. Si schernisce: “Si tratta solo di fare ciò che è giusto e poi prendere ogni situazione come viene. Tutti sanno nel loro cuore qual è la cosa giusta da fare, quindi finché stanno facendo la cosa giusta qualsiasi problema è facile da affrontare”. Quando ha scoperto che non avrebbe potuto avere figli, la vita le ha offerto subito un’occasione di vivere in un altro modo il suo senso di maternità. Una collega, morta a 36 anni di meningite, aveva lasciato sole due figli di 9 e 11 anni. Betty le ha accolte a casa sua e le ha allevate come fossero le sue figlie. Colpiti dal modo con cui le aveva cresciute, i servizi sociali della sua città le chiesero allora se la sentiva di ospitarne altri. I primi a entrare nella sua casa furono tre fratelli, di otto, cinque e quattro anni, che dovevano rimanere per due settimane ma rimasero con lei per 16 anni. Ne seguirono altre centinaia. Spesso è successo che la polizia le portasse dei bambini nelle prime ore del mattino, ragazzini portati via di urgenza da famiglie dove si erano verificati episodi criminali, bambini che avevano assistito a episodi terrificanti: “Spesso ho trascorso settimane a convincere un bambino a mangiare, parlare o uscire dal letto” dice. Nessuno di questi, oggi adulti, si è dimenticato di lei: ”Ogni giorno qualcuno si avvicina e mi abbraccia. Potrei averli avuti quando avevano quattro o cinque anni e ora hanno 20 anni, ma si ricordano di me”.