E’ una storia davvero poco bella quella che vede coinvolti il cantautore Roberto Vecchioni e la madre di Giulio Regeni, il giovane italiano ucciso in Egitto in circostanze ufficialmente mai chiarite. Nel suo ultimo disco, L’infinito, Vecchioni aveva incluso un brano intitolato semplicemente Giulio, ma che ovviamente faceva riferimento alla vicenda di Regeni, narrata dal punto di vista della madre, Paola Deffendi Regeni. Un brano estremamente delicato, senza nessuna dichiarazione polemica in un senso o nell’altro, in cui la donna narra del figlio che cresce, fino alla notizia della morte: “Ma cosa c’entra l’Africa stasera? Ma cosa cosa mi venite a dire che l’hanno preso a botte e non sapete che e non si può capire ma no che vi sbagliate, sarà un altro vi confondete con un altro nome non Giulio, no Giulio no che a Giulio tutto il mondo voleva bene”. Come si vede nulla di trascendente, ma forse Vecchioni ha sbagliato a “far dire” per licenza poetica queste parole alla donna. La quale infatti, si scopre adesso, si è infuriata, tanto da chiedere al cantautore di “eliminare” quella canzone, cioè non includerla nel disco.  “Non rispetta i nostri sentimenti”, le sue parole dette oggi durante il Salone del Libro di Torino. “Questo cantante ha 70 anni, potrebbe andare in pensione”, ha aggiunto, spiegando che aveva chiesto a Vecchioni di non pubblicarla. Non si capisce in realtà di quali sentimenti sente che non si rispecchi qualcosa.



“VECCHIONI VADA IN PENSIONE”

Vecchioni ha risposto oggi tramite la rivista Rolling Stone, dicendo trattarsi di una canzone simbolica, in cui tutte le madri che hanno perso un figlio si dovrebbero sentire coinvolte: “Al centro del pezzo ci sono le mamme del mondo, e i loro figli meravigliosi. Si fa accenno alla vicenda di Giulio, ma in maniera corretta e innamorata, senz’altro dalla sua parte. Per questo non credo di aver leso alcun diritto della signora, che conosco e a cui voglio bene”, spiega Vecchioni. Quando la signora Regeni gli ha chiesto di non includere la canzone nel disco, lui le ha risposto di no, dice: me lo imponeva la mia libertà espressiva, non mi si può togliere una canzone, spiega. In compenso ha mantenuto la promessa fatta alla donna di non cantare quel brano alla televisione o di parlarne con i giornalisti: “L’ho cantata in teatro e la farò in tour, ma l’ho tenuta in un angolo. Non l’ho fatta diventare un singolo per rispetto a lei, anche se ci avevo pensato. Non volevo strumentalizzare la vicenda, non so cos’altro avrei dovuto fare”. Situazioni come queste sono già accadute, dove il diritto alla privacy viene infranto quando qualcuno pubblica qualcosa facendo dei nomi e parlando di fatti realmente accaduti. Allo stesso tempo c’è la libertà dell’artista, ma il consiglio, per non urtare la suscettibilità di alcuno, e di usare sempre metafore, mai fatti reali. Maliziosamente si pensa infatti sempre o quasi che l’artista sfrutti tali fatti per cavalcare la notorietà, ma non ci sembra proprio il caso di una persona rispettosa come è sempre stato Vecchioni, sempre lontano dalle logiche commerciali. Forse ha peccato di sentimentalismo, piuttosto.

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