Il primo trapianto di utero in Italia appartiene già alla storia della medicina proprio per l’audacia del progetto, l’enorme complessità tecnico-scientifica, e soprattutto la nascita di una bambina che appare attualmente in buona salute, nonostante il Covid materno abbia rappresentato l’ultima delle complicazioni e abbia reso necessario il ricorso al cesareo. Si tratta, come è noto, del primo trapianto di utero in Italia e del sesto nel mondo. La gravidanza con esito positivo, a soli due anni dal primo trapianto, rappresenta un indubbio successo per la intera rete dei trapianti in Italia.
Ma dopo tutte le informazioni tecnico-scientifiche relative alla patologia iniziale della mamma, affetta fin dalla nascita dalla sindrome di Rokitansky, alle modalità in cui è avvenuto il trapianto con l’organo prelevato da una donna deceduta, all’indubbia eccellenza dell’équipe chirurgica e dell’équipe ostetrico-ginecologica dei medici di Catania, ora forse interessa provare a riflettere anche sugli aspetti umani di questo piccolo capolavoro dell’eccellenza medica in Italia.
La madre, oggi 31enne, era nata priva di utero a causa di una rara patologia congenita: il che significa che per tantissimi anni è stata pienamente consapevole di non poter avere figli, nonostante evidentemente desiderasse averne. Questo ci aiuta a riflettere a come possa essere forte il desiderio di maternità in una donna e di come possa essere profonda la sintonia di una coppia che desidera davvero avere dei figli e non si rassegna, neppure davanti alla evidenza del limite insormontabile della mancanza di utero.
Ma ci dice anche come possa essere profonda la comprensione di questo desiderio di maternità, di genitorialità, così radicato nel cuore umano da spingere ostetrici, ginecologi e chirurghi competenti in fatto di trapianti ad osare l’impossibile. Senza credere che la maternità e la genitorialità abbiano un valore infinito in sé e nella vita concreta di una coppia, forse non avrebbero osato tanto.
Si è creata quindi una congiuntura speciale, che ha visto in una coppia un enorme desiderio di avere un figlio e in ben due équipe mediche una competenza decisamente superiore agli standard medi. Il desiderio del figlio ha intercettato la competenza di chi poteva sfidare l’impossibile, almeno fino a quel momento. Ma c’è anche un altro interlocutore prezioso in questa vicenda: il marito della donna a cui è stato prelevato l’utero e che evidentemente ha creduto nella possibilità che la moglie potesse vivere una sorta di proiezione della propria maternità, anche dopo la morte.
Le interviste fatte ai due uomini, il padre della bambina appena nata e il marito della donna deceduta riflettono un amore alla vita, una solidarietà e una capacità di andare oltre le proprie paure e le proprie ansie che mostra senza dubbio quanto possa essere forte il desiderio di paternità, sia in modo diretto che indiretto.
Competenza e passione sono facilmente riscontrabili nell’équipe multidisciplinare composta dai professori Pierfrancesco Veroux, Paolo Scollo, Massimiliano Veroux e Giuseppe Scibilia, fin dall’inizio del loro lavoro nell’ambito del programma sperimentale coordinato dal Centro nazionale trapianti. Ma senza il forte desiderio di genitorialità della coppia non avrebbero potuto superiore tutte le difficoltà che certamente si sono presentate lungo tutto l’iter necessario a far nascere il figlio così desiderato. Al trapianto dell’utero, infatti, è seguito un lungo percorso di fecondazione assistita omologa, resa possibile dagli ovociti della donna prelevati e conservati, prima dell’intervento, nella biobanca per la preservazione della fertilità dello stesso ospedale. Ma niente ha turbato la determinazione degli aspiranti genitori, neppure il Covid, che ha obbligato ad anticipare il momento del parto e che ha reso necessario subito dopo che madre e figlia fossero messe nei rispettivi reparti di terapia intensiva.
Davanti a tante discussioni di questi giorni su tematiche legate alla maternità, questa appare una risposta forte e chiara su quanto possa apparire forte, nelle donne e negli uomini, il desiderio di essere madri e padri. Una risposta ai bisogni profondi di donne e uomini della nostra società, capace di sfidare tecniche mai sperimentate finora.
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