MINISTERO DELL’INTERNO IMPUGNA LE SENTENZE DEL TRIBUNALE DI PADOVA SULLE “MAMMA ARCOBALENO”

Come già eseguito nel recente passato, il Ministero dell’Interno ha deciso di impugnare le sentenze del Tribunale di Padova nella lunga “battaglia” delle mamme LGBTQ per la registrazione in anagrafe dei figli con doppio cognome. Il Viminale, tramite l’Avvocatura distrettuale del Veneto, ha presentato alla Corte d’Appello di Venezia i ricorsi alle 37 singole sentenze dei giudici civili di Padova che nelle scorse settimane avevano dichiarato la piena inammissibilità dell’azione della Procura padovana nello stoppare la registrazione di bambini con cognome di entrambe le componenti delle 37 coppie omogenitoriali.



Era proprio partito da una circolare del Viminale la richiesta della cancellazione dai registri dell’anagrafe del cognome della madre non biologica – definita “intenzionale” – dei bimbi con due mamme: i magistrati della Procura di Padova avevano dato seguito al Ministero ma si erano poi visti stoppare il tutto dal Tribunale civile su ognuna delle 37 sentenze. Secondo le disposizioni dei giudici, i ricorsi non potevano riferirsi alla semplice trascrizione anagrafica, ma «avrebbero dovuto intervenire sullo status del figlio». E questo anche se il proncunciamento era inserito nel quadro giuridico che deve sempre tutelare «l’interesse prevalente del bambino a vivere in una relazione stabile», anche in mancanza «del legame biologico con i genitori». Secondo la posizione del Viminale, espressa dall’Avvocatura di Stato nel ricorso – come riporta l’ANSA – le sentenze del Tribunale di Padova sono di natura processuale e «non sono entrate nel merito della questione, ovvero il riconoscimento formale di bambini e bambini figli di coppie dello stesso sesso».



REGISTRAZIONE FIGLI CON DOPPIO COGNOME: COS’È SUCCESSO E PERCHÈ PIANTEDOSI SI È OPPOSTO

La lunga vicenda delle 37 coppie di mamme LGBTQ era scattata dal concepimento all’estero dei 37 bambini registrati poi dal Comune di Padova all’anagrafe con anche il cognome della compagna della madre, la stessa pratica eseguita dal Comune di Milano: come però avvenuto anche in Lombardia, la Procura era intervenuta nell’impedire tale trascrizione dichiarandola illegittima perché contro la Costituzione l’avere due madri. Tanto a Milano quanto a Padova è di fatto in corso una lunga diatriba tra Procure, Governo e Unione Europea per regolare la situazione anagrafica dei figli di mamme LGBTQ e l’ultimo capitolo ora è in mano nuovamente alla Corte d’Appello dopo che già a Milano ha dichiarato  illegittime le trascrizioni dei figli con due mamme,



L’Avvocatura dello Stato per conto del Viminale guarda infatti proprio a questa sentenza per provare a ribaltare il risultato anche a Padova: la parola dunque resta ora alla Corte d’Appello di Venezia a pronunciarsi sui nuovi ricorsi. Nel caso della Corte di Milano, veniva però richiesto allo Stato di intervenire al più presto per operare normative ad hoc sulla situazione di “limbo” in cui si trovano «le famiglie arcobaleno con figli nati da fecondazione assistita all’estero». La motivazione data dal Tribunale di Padova nel cancellare lo stop della Procura alle mamme LGBTQ era prettamente tecnica: «il procedimento di rettificazione degli atti di stato civile», si leggeva nell’ordinanza dello scorso 5 marzo, «è ammesso solo nei casi in cui debba disporsi l’integrazione di un atto incompleto, o la correzione di errori materiali, o l’eliminazione di eventuali omissioni nelle quali si sia incorsi nella redazione dell’atto, quando debba provvedersi alla ricostruzione dei registri distrutti o smarriti». Ciò significa che la decisione del Tribunale di Padova, oggi messa in discussione dall’impugnazione del Viminale, era un procedimento “tecnico” e non di sostanza, non apriva infatti alle “famiglie arcobaleno” che invece spetta eventualmente ad atti costituzionali e legislativi, non giudiziari.