Mancata zona rossa a Nembro e Alzano: no alla pubblicazione degli atti del Ministero dell’Interno. Il Consiglio di Stato ha infatti accolto il ricorso del Viminale, che aveva chiesto di sospendere la decisione presa a inizio giugno dal Tar che aveva invece ordinato di renderli pubblici entro 30 giorni come richiesto ormai quasi un anno fa dall’AGI. Nello specifico il portale diretto da Mario Sechi era interessato a capire sulla base di quali atti 400 uomini e donne, tra carabinieri, polizia, guardia di finanza ed esercito, vennero prima inviati in Val Seriana il 5 marzo 2020 e poi, 3 giorni più tardi, ritirati dall’area determinando la mancata zona rossa in anticipo sul lockdown nazionale. Una decisione che potrebbe aver contribuito a fare di queste aree in provincia di Bergamo uno dei focolai di Covid-19 più micidiali al mondo. Secondo il Tar non c’erano “ragioni di sicurezza o militari” ad impedire l’accesso agli atti dei giornalisti; né motivazioni di segretezza giudiziaria, poiché il procuratore di Bergamo Antonio Chiamato, interpellato sul punto, ha scritto che la divulgazione dei documenti non avrebbe sortito l’effetto di rovinare le indagini. Il Viminale aveva opposto il suo primo diniego alla pubblicazione degli atti il 6 novembre dello scorso anno, adducendo le “cause di esclusione” previste dalla legge ovvero “la sicurezza e l’ordine pubblico“, la “sicurezza nazionale“, “la difesa e le questioni militari“, “la conduzione dei reati e il loro perseguimento”. Era stato il Tar, però, ad accogliere il ricorso scritto dall’avvocato Gianluca Castagnino, respingendo la tesi del Ministero dell’Interno, rimarcando che l’accesso civico “è finalizzato a favorire forme di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche“.



NEMBRO E ALZANO, NO A PUBBLICAZIONE ATTI SU MANCATA ZONA ROSSA

In particolare erano stati i giudici Francesco Arzillo e Daniele Bongiovanni a dichiarare che rendere pubbliche le carte non comporterebbe nessun pericolo perché “la richiesta è stata formulata nel settembre 2020 quando la questione della ‘chiusura’ delle aree era superata da tempo“. Per i magistrati, dunque, “si tratta di un’attività di impiego di militari in un ambito toponomastico e temporale circoscritto e non si inquadra in un contesto più ampio finalizzato alle modalità di contrasto al crimine e di tutela della sicurezza pubblica, tanto che una loro divulgazione vanificherebbe la strategia individuata dalle forze di polizia” e la stessa Procura ha detto che non sono atti coperti da segreto. Il Tar aveva dunque ordinato di rendere accessibili gli atti riguardanti il ritiro dei militari da Nembro e Alzano nel giro di 30 giorni. Una decisione sospesa dal Consiglio di Stato, che ha dato ragione al Viminale sostenendo che il Tar non abbia spiegato bene perché non ci sono ragioni contrarie alla divulgazione di quegli atti. Come scrive l’AGI: “Manca solo un ultimo ‘gradino’ ora: la decisione nel merito del Consiglio di Stato la cui data è ancora da fissare. In questi casi, è raro che il merito ‘smentisca’ la sospensiva“.



MANCATA ZONA ROSSA NEMBRO E ALZANO, VIMINALE VINCE RICORSO

Rischia così di restare un mistero il motivo per cui il governo non diede seguito alle indicazioni del CTS, che il 5 marzo scriveva: “I dati in possesso rendono opportuna l’adozione di un provvedimento per inserire Alzano Lombardo e Nembro nella ‘zona rossa’“. A protestare per il pronunciamento del Consiglio di Stato è Consuelo Locati, la legale che guida il pool di avvocati impegnati nella causa civile contro Governo e Regione Lombardia per conto di 500 familiari: “Si tratta – dice all’AGI – dell’ennesimo e inaccettabile tentativo di insabbiare la verità su quanto successo nella bergamasca più di un anno fa. La strage di Bergamo non sarà un’altra Ustica né una delle altre stragi italiane finite con un nulla di fatto. In Italia ci sono stati più di 120 mila morti ufficiali. Che la politica si prodighi a fare in modo che alcuni documenti non vengano messi a disposizione dei cittadini, evidentemente la dice lunga sulle responsabilità di molti. E soprattutto – prosegue – è un altro gesto di indifferenza becera verso tutti i familiari, rei evidentemente di chiedere legittimamente gli atti con cui la politica ha deciso delle vite di tutti. L’ordinanza ha più il sapore della politica che della giustizia. E ancora una volta abbiamo la sensazione forte che la politica continui a uccidere astrattamente più del virus“. Reazioni anche dalla politica, con Galeazzo Bignami di Fratelli d’Italia che dichiara: “Non ci vuole un genio per capire che in quei documenti sono contenute informazioni scomode che il governo non vuole vengano divulgate per non subirne le conseguenze“.

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