I Maneskin, ormai è evidente, non sono un fenomeno musicale e basta, ma sociale. “Il delirio a Las Vegas che entra nella storia”; “Una marcia trionfale”; “Orgoglio italiano” hanno titolato i media all’indomani del concerto in apertura dei Rolling Stones a Las Vegas. Perfino il coro delle Mondine di Porporana ha deciso di omaggiare il gruppo romano interpretando Zitti e buoni, la canzone vincitrice dell’ultimo Festival di Sanremo. Il coro ha fatto la cover a suo modo, cioè a cappella, proprio come un canto popolare, durante la trasmissione “Quelli che il lunedì” condotta da Luca e Paolo. Cioè hanno trasformato un brano rock in canto della tradizione popolare italiana. “Il solo fatto che una band italiana (romana) riesce nell’impresa di sfondare negli Usa e non solo negli stati uniti può farmi solo che piacere”, scrive un utente (romano) dei social aggiungendo all’esultanza per l’italianità anche quella della (sua) romanità. Campanilismo su campanilismo.



E’ caratteristica tutta italiana quella di esultare in modo caciottaro quando un connazionale raggiunge risultati di livello alto, altissimo, in campo internazionale. Ma perché?

Un conto è quando vince una squadra ufficiale italiana, nel senso di nazionale, nel calcio, nella pallavolo, nel tiro al piattello. Si tratta della rappresentanza del paese e l’esultanza ci sta tutta. Ma esultare perché un italiano vince ad esempio il Premio Nobel per la fisica o nel caso dei Maneskin, che un gruppo rock ottenga successo mondiale pone degli interrogativi.



La musica, l’arte, le scienze sono “internazionali”, cioè non hanno confini. E’ proprio l’opposto. Quello di bello che queste cose ci hanno insegnato (o avrebbero dovuto) è che non conoscono confini. Li superano. Li abbattono.

Per restare al caso dei Maneskin il rock, più di ogni altra cosa, da quando Elvis incise il suo primo 45 giri, ha sempre significato abbattere i confini. Fu grazie a Elvis Presley che la musica cosiddetta “razziale”, la race music, venne superata e abolita. Prima di lui esistevano i dischi degli afro americani che viaggiavano per canali musicali esclusivamente dedicati a loro, nelle radio e nei negozi. Le sale da ballo erano rigorosamente divise in due da un cordone: da una parte i ragazzi e le ragazze di colore, dall’altra i bianchi. Dopo Elvis, ci fu una sola musica uguale per tutti: bianchi e neri, inglesi e francesi, tedeschi e italiani, giapponesi e argentini. I Beatles riuscirono in questo intento ancor più di Elvis, creando un mondo popolato da un solo popolo, quello dei giovani.



Ma noi italiani no. Esultiamo quando Laura Pausini viene candidata agli Oscar o quando i Maneskin aprono un concerto dei Rolling Stones (per la cronaca da decenni i più improbabili, sconosciuti gruppi rock di tutto il mondo hanno aperto per loro, ma non si è mai visto un delirio tale ad esempio in Finlandia).

E’ una sorta di provincialismo che soffre di un problema di arretratezza culturale. L’Italia è un paese relativamente giovane, neanche duecento anni di storia, e soprattutto un paese da molti punti di vista fallimentare: corruzione, criminalità, governi che durano un anno. Ci sentiamo sempre la serie B del mondo. Pizza e mandolino (cose bellissime peraltro) e allora quando un italiano “ce la fa” scendiamo in piazza perché ci sentiamo finalmente “degni” di qualcosa che non si sa cosa sia. Vogliamo a tutti i costi innalzarci al livello di altri paesi, che in realtà gli inglesi sono degli snob con la puzza sotto al naso, ma godiamo in modo anche sottilmente razzista che per una volta siamo riusciti “a mettergliela in quel posto”. Il punto è che i Maneskin non rappresentano una italianità, anche perché la musica che fanno non è italiana, ma di derivazione anglo-americana ed è per questo che piace nel mondo. Allora quale è l’orgoglio italiano? E’ solo un campanilismo provinciale, annaffiato del populismo nazionalista che oggi va alla grande. Abbiamo sempre avuto come popolo un complesso d’inferiorità verso gli altri. Non solo nella musica pop/rock ( in questo caso verso il mondo anglosassone perché in altri paesi siamo riusciti a vendere di tutto, da Modugno a Eros Ramazzotti a Al Bano e Toto Cutugno) ma proprio di tutto. Qualcuno ce ne libererà?

Esultiamo, se ci piacciono i Maneskin, per la musica che fanno, che sta abbattendo nuove barriere, ma basta “orgoglio italiano”.