Il vincitore delle elezioni Usa è prossimo a insediarsi e il gioco diplomatico europeo si riapre con la mossa della Francia che accelera la pressione sull’Italia. Il ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire è una persona troppo accorta per non sapere che il suo viaggio a Roma per incontrare il ministro Gualtieri solleverà nelle cancellerie europee un interesse che va oltre la questione dell’influenza economica francese in Italia. Essa è fuori discussione, come dimostra la segreta elaborazione extraparlamentare affidata a privati cittadini del protocollo su cui si dovrà redigere il patto franco-italiano, di cui si sa solo quello che voci di corridoio lasciano comprendere, ma che non diviene mai né oggetto di interrogazioni parlamentari, né di attenzioni istituzionali, come per esempio dovrebbe fare il Copasir, che ha testé elaborato un interessante documento sulla sicurezza nazionale e gli interessi prevalenti dell’Italia, ma in cui di questa elaborazione non si fa menzione.



Come ci insegna Joseph Nye, il soft power francese è costantemente cresciuto nel secondo dopoguerra e ha raggiunto in Italia un livello che è pari a quello risorgimentale, quando i francesi giunsero a svolgere quello che fu un ruolo decisivo per garantire non solo l’annessione piemontese dinastica dell’Italia, ma anche la sua configurazione politica attraverso la vittoria culturale su quelle influenze inglesi che solo la morte di Cavour impedì che trionfassero nel campo istituzionale e civile. Oggi il confronto della Francia con la Germania non può più godere della storica alleanza di fatto con il Regno Unito in funzione anti-tedesca, bene attenta, la storica, un tempo, dominatrice dei mari (il Regno Unito, appunto) a non esser attirata dalla forza distruttrice di una potenza di terra come la Germania.



I francesi controllano di fatto il futuro della nostra rete di telecomunicazioni e contendono con Marsiglia il ruolo che la Sicilia potrebbe avere nelle reti di sicurezza dell’anglosfera. Reti dinanzi a cui la Francia si pone in una sorta di mediazione e di collaborazione ma sostanzialmente nella volontà continuamente riaffermata di far da sé, come dimostra la storia della sua intelligence e delle sue relazioni economiche con l’Italia. Ora la crisi pandemica pone in discussione la riforma del sistema bancario in Europa, che da nazionale con interferenze regolatrici tecnocratiche europee si avvia a vedere sempre più crescere la necessità di regolazione dall’alto per mezzo sia della Bce, sia dei trattati internazionali, che dovranno regolare la centralizzazione dei capitalismi europei. La questione del Mes altro non è che questo.



Le Maire pare sia stato molto chiaro e in perfetta concordanza con il Commissario Breton che ha aperto la discussione nei più alti vertici europei (con l’ex ministro Calenda) per un’integrazione transnazionale nei settori chiave che vengono indicati di interesse prevalente nei settori del digitale, della transizione energetica (via idrogeno) e nella creazione di una rete di comunicazione che superi la frammentazione attuale. Sullo sfondo rimane la questione bancaria, su cui sappiamo che i pareri sono diversi rispetto al problema dei problemi, ossia al fallimento tecnico delle grandi banche miste tedesche e di gran parte di quelle territoriali, che sono state profondamente trasformate nei loro fini statutari prevalenti cooperativi e di proprietà pubblica locale, come le cronache tedesche ci raccontano, sempre ignorate dalla stampa quotidiana italiana.

L’avvento dell’Amministrazione Biden creerà, per questo disporsi del potere europeo, un gioco di potenza sbilanciato a livello mondiale. Rimarrà l’ostilità contro la Cina, ma sarà temperata quella anti-iraniana che si sostanzierà nella ripresa degli accordi sul nucleare con la conseguente riapertura di un rapporto difficile con Israele, non sul riconoscimento del patto di Abramo, ma sul disconoscimento delle autorità palestinesi come interlocutori sul piano diplomatico, contrastando le colonizzazioni ebraiche cha hanno trovato invece l’appoggio completo dell’Amministrazione Trump. Per la Francia ciò che conta oggi è prepararsi a una nuova presenza Usa nel Mediterraneo, che rischia di indebolire la presenza francese in funzione anti-italiana e anti-turca. Tutto il contrario di ciò che è nelle corde tedesche da due secoli sino a oggi.

La ripresa economica dopo la pandemia segnerà, quindi, il definitivo dominio patteggiato della Francia sul sistema bancario e sui servizi alle imprese italiani che si sono sviluppati storicamente nella penisola. Si avvia la spartizione “ragionata” dell’Italia. I tedeschi non potranno non approfittarne per negoziare con la Francia medesima lo sviluppo ulteriore del loro rapporto storico di dominanza dell’industria piccola e media di beni strumentali, di macchine per le macchine, di apparecchiature per automazione e di stampistica di eccellenza che sono la forza del Pil italiano accentrato nella Pianura Padana, con quei rivoli adriatici che il maestro Giorgio Fuà per primo indicò come uno dei tesori da preservare per lo sviluppo civile e sociale e non solo della crescita economica italiana. Si prepara il grande patto tra la borghesia vendidora e le borghesie franco–tedesche. Esse non trovano ancora un punto di accordo, ma non tarderà. La pressione Usa agisce in questo senso: si vedano le trasformazioni dell’ordinamento europeo dell’Antitrust e si vedrà bene dove si mira.

Il mondo sta cambiando. Il destino indo-pacifico è delineato sempre più chiaramente dal recente accordo che la Cina per dieci anni ha tessuto e raggiunto con il Giappone e la Corea del Sud e lo stesso Vietnam trascinando il manipolo degli Stati aderenti all’Asean in un accordo a cui anche l’India sarà inevitabilmente costretta ad aderire quando i problemi delle tariffe agricole saranno risolti. Il Mediterraneo è destinato a divenire un lago non solo atlantico ma anche pacifico, ben più di quanto non lo fosse dall’apertura del Canale di Suez. Oggi nell’orizzonte europeo sempre più va affermando una centralizzazione capitalistica a cui l’Europa come istituzione dimidiata (senza Costituzione) deve rispondere per non essere dominata da borghesie subalterne e destinate al declino: i francesi e i tedeschi si muovono in questo senso secondo le loro direttrici storiche, che non potranno che essere consolidate dalla pandemia.

l’Italia non possiede un’istituzionalizzazione del suo interesse prevalente e per questo è destinata a essere subalterna e a impoverirsi sempre più: terra del sole del mare e della bellezza a cui la borghesia italiana è come sempre protesa, considerandole risorse da godere e da non trasformare invece in industria per meglio goderle e conservarle. Come potrà farlo quando anche il centro strategico di ciò che rimane della nostra produzione di valore industriale si avvia a essere trasferito in altri sistemi di dominio? Sistemi di dominio solo a parole europei, ma in realtà franco–tedeschi, in un’Europa senza Costituzione, senza ordinamento giuridico e non ordinamento di fatto, come oggi è.