Milano, la Cassazione ha annullato le condanne a 6 mesi per due commercianti che nel 2013 misero su un camion pubblicitario con scritto «Clandestino uccide tre italiani a picconate-pena di morte subito», con tanto di ghigliottina a Kabobo, migrante che nel 2013 uccise diverse persone a colpi di piccone. Come spiegano i colleghi di Sky Tg 24, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del legale di Mirko Rosa, ex titolare di negozi, e del padre. Per configurare il reato di propaganda di idee fondate sull’odio razziale non basta un «sentimento di generica antipatia, insofferenza o rifiuto” per ragioni “attinenti alla razza, alla nazionalità», ma è necessaria «una condotta discriminatoria che si fonda proprio sulla ‘qualità personale’ del soggetto, e non, invece, sui suoi comportamenti», come si legge nelle motivazioni della sentenza.



MANIFESTI “GHIGLIOTTINA A KABOBO”, CONDANNE ANNULLATE

A differenza di quanto giudicato dalla Corte d’Appello di Milano, per la Cassazione manca «un’adeguata ricostruzione della vicenda evocata dal manifesto che costituisce l’antecedente storico e logico». Per la Suprema Corte, aggiunge Sky Tg 24, «risulta insufficiente la motivazione nella parte in cui afferma la natura discriminatoria della condotta mediante una disarticolata evocazione del mero contenuto formale del manifesto a carattere pubblicitario, senza che si sia provveduto alla ricostruzione del contesto, ricostruzione che risulta essenziale per comprendere il contenuto discriminatorio della pubblicità». Per questo motivo i giudici hanno deciso di annullare le condanne, servirà un nuovo appello. Si tornerà dunque presto a discutere di questi manifesti, ovvero una «riproduzione di una ghigliottina la cui lama gronda sangue e accanto alla stessa l’immagine della testa di un uomo di colore decapitato».

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