Non solo il profitto, anche la responsabilità sociale entra a pieno titolo in azienda. Un passo ufficiale in questa direzione viene dalla “dichiarazione di principi” della Business Roundtable, grande associazione della Corporate America con oltre 180 imprese che impiegano dieci milioni di dipendenti: si tratta di una nuova carta etica che mette al centro contributi e responsabilità nei confronti di lavoratori, fornitori, ambiente e comunità.
La crucialità degli stakeholder per il successo dell’impresa è ormai ampiamente riconosciuta nella prassi aziendale, sia tra le imprese di grandi dimensioni/multinazionali (che esplicitano statement e formalizzano politiche), sia tra le piccole-medie (che, pur non formalizzando, agiscono nella logica della sostenibilità). La notizia è che un’organizzazione di tale portata senta la necessità di prendere posizione, alimentando un dibattito che vive un momento di estrema vivacità.
Ma anche in Italia si sono fatti dei passi avanti: già nel 2012 Confindustria si è fatta promotrice della Carta dei principi sulla sostenibilità ambientale e, con la presidenza Boccia, ha istituito il comitato tecnico CSR. Più recentemente, con la legge di Stabilità 2016 (primi in Europa) è stata introdotta la nuova disciplina delle società benefit, che formalizza la possibilità che scopo di lucro e obiettivi di generare benefici ambientali e sociali possono coesistere.
Lo spostamento dalla pratica aziendale alla politica, se da un lato può essere considerato un effetto indotto dalla dilagante diffusione della coscienza sostenibile da parte di cittadini, consumatori, imprese e investitori, rappresenta contestualmente una nuova spinta allo sviluppo di nuove pratiche, che andranno nella direzione dell’innovazione sostenibile.