L’antico stratega militare cinese Sun Tzu sosteneva che fosse meglio attaccare la mente del nemico piuttosto che attaccare le città fortificate. La Repubblica popolare cinese (Rpc) è un discepolo piuttosto appassionato di Sun Tzu e ha utilizzato i media e i social network moderni per “attaccare le menti” e conquistare il cuore degli europei in un modo piuttosto abile, e finora sottostimato, mettendo in campo un’ampia e capillare guerra psicologica.



Un primo esempio della strategia cinese per egemonizzare il discorso nei media europei è stato il tentativo di cambiare la narrazione sulle proteste in corso a Hong Kong. Infatti, da agosto a ottobre, le ambasciate della Cina in Europa centrale e orientale attraverso funzionari cinesi si sono avvicinate ai media locali, dando ampia disponibilità per promuovere la loro narrazione sulle proteste. Vediamo di illustrare quanto detto con alcuni esempi significativi.



Nella Repubblica Ceca, l’ambasciatore cinese Zhang Jianmin ha scritto un editoriale critico sulle proteste di Hong Kong e ha sottolineato la possibile influenza straniera dietro le quinte; l’articolo è stato pubblicato su Parlamentní listy, un server di notizie alternativo ma ampiamente letto.

In Lettonia, l’incaricato d’affari cinese Sun Yinglai ha rilasciato un’intervista sulla questione all’NRA, uno dei maggiori quotidiani del paese. Sul periodico polacco Trybuna e su quello slovacco Nové Slovo sono apparsi articoli firmati dai rispettivi ambasciatori cinesi che criticavano le proteste di Hong Kong. Inoltre, in Slovacchia, un quotidiano commerciale di tendenza, Trend, ha pubblicato un articolo a pagamento di Lin Lin, ambasciatore della Cina in Slovacchia, sulla stessa questione.



Oltre agli Stati membri dell’Europa centrale e orientale, articoli simili sono stati pubblicati sui media in Macedonia settentrionale, Bosnia-Erzegovina e Montenegro.

Alcuni articoli dei media sopra menzionati avevano in comune anche un riferimento al “futuro luminoso” o “futuro migliore di Hong Kong” che sarebbe seguito se e quando le proteste si fossero fermate. È interessante notare che la frase, identica, è stata utilizzata negli articoli pubblicati in Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Macedonia del Nord, Polonia e Slovacchia, rivelando uno sforzo coordinato per spostare la narrazione a favore del discorso del Partito comunista cinese.

La percentuale di articoli pubblicati in sezioni formalmente commerciali era relativamente elevata, il che suggerisce che gli editori hanno visto una mancanza di credibilità dei testi. Inoltre, le interviste con i giornalisti in Estonia sono state presumibilmente facilitate da una società di pubbliche relazioni assunta dall’ambasciata cinese.

Tutto ciò dimostra come la Cina stia tentando di influenzare l’opinione pubblica attraverso una campagna informativa pianificata.

Agli studiosi cinesi che hanno a che fare con l’influenza della propaganda è noto che per colmare il divario di credibilità la Cina ha adottato, con sempre maggiore frequenza e intensità, una strategia che può essere letteralmente tradotta come “prendere in prestito una barca per andare in mare” (jian chuan chu hai). Lo scopo è identificare i punti vendita in grado di veicolare messaggi per conto della Cina attraverso l’acquisizione, la comproprietà (se la quota è al di sopra o al di sotto del livello di controllo) e/o la creazione di partnership attraverso la condivisione dei contenuti.

Questa strategia è stata individuata nell’Europa centrale e orientale dal progetto ChinfluenCE, che ha realizzato una mappatura su larga scala dei media e delle loro relazioni sulla Cina in merito all’economia e alla politica. ChinfluenCE ha analizzato l’evoluzione dei discorsi nei media in Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria per tutto il periodo dal 2010 a metà del 2017. L’analisi dei discorsi ha rivelato che nel 2015, quando la presunta società cinese privata Cefc ha investito nella società ceca Empresa Media, la narrazione degli eventi attraverso i suoi due media (la televisione Barrandov e la rivista Týden) è cambiata in modo significativo a favore della Cina. Prima dell’acquisizione, i media hanno prodotto una miscela di rapporti positivi, negativi e neutrali, ma, dal giorno dell’acquisizione, hanno iniziato a riferire sulla Cina solo in modo positivo (sia i rapporti negativi che quelli neutri sulla Cina sono scomparsi completamente dal discorso mediatico di questi due media).

Non solo il tono è cambiato, ma anche la loro attenzione alla Cina è cambiata, specialmente sulla tv Barrandov. La rete, già famosa per le interviste settimanali con il presidente ceco Miloš Zeman, che ha sostenuto la narrazione cinese, ora ha iniziato a promuovere la Belt and Road Initiative e le iniziative 17+1 con una frequenza senza pari rispetto ad altri 40 media cechi, sia di proprietà pubblica che privata. Se un’acquisizione diretta non è possibile, la Cina impiega tattiche di condivisione dei contenuti.

Sempre nella Repubblica ceca, in occasione del 70esimo anniversario dell’instaurazione di relazioni diplomatiche bilaterali, l’ambasciata cinese ha prodotto un supplemento di otto pagine per il quotidiano locale Právo. La sezione è stata etichettata come “tema e supplemento commerciale”. Gli articoli sono stati esclusivamente positivi sulla Cina e sono stati firmati dai giornalisti del quotidiano, inducendo facilmente i lettori a credere che il supplemento fosse il solito rapporto dei media.

Nonostante i numerosi casi citati, alcuni dei quali ben documentati, i responsabili politici in Europa continuano a non considerare i media come risorse strategiche e non sono consapevoli della facilità con cui i media possono essere utilizzati dalla Cina.

Anche se il meccanismo di controllo degli investimenti adottato dall’Ue in aprile è volto a proteggere i media dall’influenza ostile straniera, questo meccanismo si rivela tuttavia insufficiente, in quanto si limita a mappare, senza bloccarli, gli investimenti indesiderati nel settore dei media.