E’ una storia emblematica quella al centro della nuova puntata di Un giorno in pretura in onda nella seconda serata di sabato su Rai3. Tutto ebbe inizio il 15 ottobre del 2012 quando un uomo, Manlio Soldani, armato si rese autore di un assalto ad un portavalori. Una rapina in grande stile terminata nel sangue con la morte di Salvatore Proietti, suo collega. Soldani, guardia giurata di 39 anni, si rese protagonista di una tentata rapina al furgone della società Coopservice ed arrestato nei giorni seguenti all’assalto nel quale inizialmente il collega rimase gravemente ferito. La morte di Proietti contribuì però ad aggravare la sua posizione. Secondo una ricostruzione riportata da RomaToday, l’assalto che portò alla morte del vigilante avvenne ad opera di Soldani che prima di iniziare il suo turno di servizio di vigilanza davanti a una banca del quartiere Aurelio, si appostò in via dei Carafa al fine di rapinare il portavalori della sua stessa azienda, scortato da tre colleghi che doveva prelevare il contante custodito all’interno della cassa continua di un supermercato.
Manlio vestiva l’uniforme di servizio da guardia giurata ma aveva indossato anche un passamontagna. All’arrivo dei colleghi aprì il fuoco sparando all’impazzata contro di loro che dopo essere scesi dal furgone erano intenti a recuperare la cassa contenente il denaro dalla cassa continua. Uno di loro reagì al fuoco portando alla fuga di Soldani che si presentò regolarmente al turno di lavoro.
MANLIO SOLDANI UCCISE COLLEGA DURANTE RAPINA ISTIGATO DALLA MOGLIE
A istigare Manlio Soldani a compiere la rapina al portavalori poi terminata nel sangue fu però la moglie Clizia Forte, la quale, al fine di “rafforzare l’intento criminoso del compagno” lo avrebbe addirittura fomentato mandandogli sms e fingendosi un finto agente dei Nocs, che lo avrebbe tutelato in caso di difficoltà con la giustizia. La Corte di Cassazione, come spiega Repubblica.it, ha condannato in via definitiva la moglie della guardia giurata a 30 anni di reclusione con l’accusa di concorso in omicidio premeditato. Fu ritenuta proprio lei l’istigatrice morale del delitto al collega del marito. Come emerse dal processo, infatti, la mattina del 15 ottobre 2012 Manlio Sondani agì anche forte del sostegno di un uomo che si faceva passare per un agente dei Nocs e che gli indicava attraverso dei messaggi al telefono quando colpire. In realtà si scoprì solo più tardi che si trattava della moglie Clizia. A manovrare il vigilantes, anche lui condannato a 30 anni, fu dunque la moglie che lo guidò come un burattino facendogli credere che esistesse un poliziotto corrotto al punto da avergli presentato un finto agente. Un bluff nel quale cadde lo stesso Manlio ma che non ha evitato alla donna di finire in carcere.