Dopo la condanna di Manolo Portanova in primo grado per violenza sessuale, parla la vittima. Lo fa con una lettera alla Nazione, uno sfogo dopo essere passata per poco di buono. Tanti i nomignoli che ha scoperto di avere negli ultimi anni, anche “la stuprata”. Avrebbe voluto parlare prima, ma il timore che le sue parole si ritorcessero contro di lei e il dolore nel bel mezzo della burrasca giudiziaria l’hanno spinta a desistere. Ora però la studentessa 22enne rompe il silenzio. “Sono qua oggi, per rispondere a una conferenza stampa, per rispondere a chi potrebbe credere più alle parole di qualcuno rispetto all’esito di un primo grado di giudizio”.
Ritorna a quello che ha subito tra il 30 e 31 maggio 2021, vicenda per la quale sono stati condannati il calciatore del Genoa e lo zio Alessio Langella, per arrivare al presente: “Mi ritrovo oggi di fronte a qualcuno che tenta di affossare la mia persona e mettermi in cattiva luce. Purtroppo oltre ad un tribunale giudiziario ne esiste anche uno mediatico e sociale, molto crudele, del quale con sincerità posso affermare che siamo vittime tutti”. Il riferimento è alla conferenza stampa organizzata da Manolo Portanova, unitamente al padre Daniele e al legale Gabriele Bordoni, dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza. Ora il difensore del calciatore sta per depositare il ricorso in appello.
“NON HO DATO IO CLAMORE ALLA VICENDA…”
Nelle parole della giovane ci sono dolore e disperazione. “Non sono stata io a voler dare clamore a questa orribile vicenda”, scrive la 22enne, che sostiene di aver voluto solo “portare alla luce la verità”. Tra i punti contestati dalla difesa di Manolo Portanova c’è anche il racconto della ragazza alla psicologa, che si è rivelato copiato da quello di una giovane che in Usa era stata violentata nel 2015. “Credete davvero che (il tribunale, ndr) avrebbe dovuto assolvervi perché, mesi dopo i fatti, ho fatto mie le parole della lettera scritta da una ragazza americana violentata da un atleta? Delle tante che ho scritto alla psicologa, si tratta dell’unica lettera non interamente mia, una lettera a me a cuore perché in quella ragazza ho rivisto me stessa”. La giovane studentessa in quelle parole ha rivisto la stessa notte di buio da lei vissuta, lo stesso dolore. “Ho voluto riportarlo all’interno di un mio scritto quando ancora non trovavo parole mie per esprimere l’orrore che vivevo”. Peraltro, ricorda che quella lettera era già nota, visto che ne avevano parlato in tribunale i suoi avvocati “e il giudice ne ha tenuto conto”.