Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il viceministro Maurizio Leo hanno presentato ieri in conferenza stampa i principali contenuti del Documento programmatico di bilancio e della Legge di bilancio approvati martedì sera dal Consiglio dei ministri. Il titolare di via XX settembre ha tenuto a ricordare che il taglio del cuneo fiscale e la riduzione delle aliquote Irpef, con vantaggi per i redditi medio-bassi, diventeranno strutturali, e che in base al gettito effettivo del Concordato preventivo biennale si potranno studiare altri interventi per la riduzione della pressione fiscale. Inoltre, ha evidenziato le nuove misure a favore delle famiglie e della natalità, dal nuovo bonus bebè di 1.000 euro alle detrazioni fiscali parametrate, oltre che sul reddito, anche sul numero di figli a carico. Infine, ha spiegato il meccanismo che consentirà di reperire 3,5 miliardi di euro da banche e assicurazioni da destinare alla sanità. Abbiamo chiesto un commento alla manovra a Luigi Campiglio, professore di politica economica all’Università Cattolica di Milano, da cui arriva un invito a guardare anche la situazione fuori dall’Italia.
Professore, anzitutto cosa pensa delle principali misure della manovra presentate dal Governo, che prevedono anche 3,5 miliardi per la sanità e 1,5 miliardi per le famiglie?
Sicuramente è positivo che il taglio del cuneo fiscale e la riduzione dell’Irpef per i redditi medio-bassi diventino strutturali. Sarebbe altrettanto positivo se anche gli interventi a favore delle famiglie assumessero questo carattere non temporaneo, un po’ come di fatto sta accadendo con l’Assegno unico, sperando che non venga compromesso dalla nota vicenda della procedura d’infrazione europea. Per quanto riguarda la sanità, l’importante non è solo che ci siano risorse in più, ma che complessivamente la spesa sanitaria in rapporto al Pil cresca in termini reali, al netto quindi dell’inflazione.
Nel complesso, qual è il suo giudizio su questa manovra?
Ha degli elementi positivi, in particolare per le priorità indicate dai provvedimenti, ma complessivamente resta in attesa di una ripresa più robusta del quadro economico mondiale ed europeo. Nel comunicato stampa di palazzo Chigi c’è un passaggio in questo senso eloquente.
Quale?
Si legge: “Tenuto conto del nuovo quadro di regole europee e del contesto economico, negativamente influenzato dall’incertezza globale connessa alla prosecuzione del conflitto russo-ucraino e al peggioramento della crisi in Medio Oriente, le misure contenute nel provvedimento si concentrano sulla riduzione della pressione fiscale e sul sostegno ai redditi medio-bassi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati…” ecc. È come se questo pacchetto di misure cercasse di dare segnali di speranza in attesa che si possano rafforzare e trasformarsi in una crescita più robusta. La quale, tuttavia, oggi dipende principalmente da elementi esogeni.
Cosa si può fare per cercare di alimentare i prodromi di una crescita più robusta?
Il punto è che non è che possiamo inventarci una manovra di rilancio della nostra economia, come spiegato anche dal passaggio del comunicato stampa prima citato, anche perché c’è l’Europa. Mi spiego meglio: un’azione che vada a beneficio dell’Italia non può prescindere da quello che succede in Europa. Se l’Europa va storta, andiamo storti anche noi.
Per quale ragione l’Europa va storta?
Principalmente per la politica economica che porta avanti. Oggi il quadro europeo è improntato all’austerità. E in questo senso la nostra manovra appare migliore di quella che si preannuncia, per esempio, in Francia, dove i tagli saranno probabilmente dolorosi. Tuttavia, se più Paesi attuano manovre austere, le conseguenze si riflettono su tutti gli altri. E questo non è un bene. Di buono, per quello che percepisco, c’è il fatto che la presenza italiana a Bruxelles è probabilmente più incisiva di un tempo, non siamo l’ultima ruota del carro. Occorre sperare che si possa incidere sulla politica economica europea per correggerla.
(Lorenzo Torrisi)
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