Dopo il varo dei due decreti ristori a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, il Governo si appresta a presentare in Parlamento la Legge di bilancio. Non è da escludere che, con la necessità di portare avanti le misure di limitazione delle attività economiche, occorra un nuovo scostamento di bilancio dopo quelli varati negli scorsi mesi e c’è da chiedersi se il 7% di deficit/Pil per il 2021 indicato circa un mese fa nella Nadef basterà a sostenere l’economia. «Difficile dirlo. Quel che appare sempre più chiaro con il passare dei giorni – evidenzia Gustavo Piga, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma – è che il potenziale di investimenti pubblici per l’anno prossimo diminuisce per lasciare spazio ai supporti diretti alle attività particolarmente colpite dalle misure adottate per cercare di contenere i contagi. Diventa a questo punto importante pensare fin da ora a come rilanciare l’economia dopo un periodo così difficile e prolungato».
Quale strada bisogna seguire per raggiungere questo risultato?
È fondamentale non ripetere gli errori fatti in passato. In questo senso si potrebbe sfruttare l’occasione data da questa situazione di gravità eccezionale per riscrivere completamente la Nadef ed eliminare l’ambiguità su due aspetti fondamentali.
Quali?
Il primo è relativo alla convergenza al bilancio primario in pareggio nel 2023: non si può pensare di seguire questa traiettoria di austerità. Il secondo riguarda la parte a prestito delle risorse del Recovery fund che andrebbe utilizzata per aiutare ancora di più l’economia, per esempio cominciando a predisporre le gare di appalto in alcuni settori chiave, come l’edilizia scolastica e quella carceraria, gli interventi anti-sismici e di contrasto al dissesto idrogeologico, la costruzione e la manutenzione delle strade, ecc. Se si avvia ora l’iter per le gare forse a luglio si potranno avviare i relativi cantieri. Non sprechiamo quindi mesi preziosi.
Nel frattempo, se saranno necessari altri ristori, bisognerà continuare a fare altro deficit?
È importante che queste misure si concretizzino in tempi rapidi. Vedo una forte tensione sociale e non credo ci siano alternative ai ristori, ricorrendo anche a nuovo deficit se necessario.
Crescono però le pressioni perché si faccia ricorso al Mes sanitario. Cosa ne pensa?
Se il Governo ritiene che occorrano altre risorse per far fronte alla situazione può tranquillamente ricorrere all’emissione di nuovi titoli di stato. Certo, ci costeranno un po’ di più, pochi milioni in più, dato il livello attuale dei tassi di interesse, ma si eviterebbe di legarsi le mani rispetto al processo di convergenza verso il bilancio in pareggio. Bisogna mettere in chiaro che il Mes non ha nessun vantaggio rispetto ai suoi costi. Infatti, facendovi ricorso ci si impegna, ancora più che con il Recovery fund, ad azzerare il disavanzo di bilancio per restituire il prestito ricevuto.
Per emettere nuovo debito a bassi tassi è essenziale che prosegua l’azione di supporto della Bce…
Vorrei vedere che venisse a mancare.
Recentemente si è parlato dell’ipotesi che gli acquisti nell’ambito del programma Pepp possano essere condizionati.
In un momento come questo sarebbe una follia totale. Mi sembra molto più interessante il dibattito aperto dall’ex capo economista del Fmi, Olivier Blanchard, sulla necessità di rivedere completamente le regole del debito. Sarebbe un passo nella giusta direzione.
C’è anche l’idea di cancellare parte del debito pubblico tramite la Bce. Cosa ne pensa?
Potrebbe essere un’operazione interessante, ma andrebbe nella direzione totalmente opposta rispetto a quella di condizionare gli acquisti di titoli di stato. Il che mi fa pensare che non prevarrà nessuna delle due perché sono troppo complesse. Tuttavia il momento è talmente incerto che potrebbero esserci novità che non possiamo prevedere adesso.
Oltre al supporto della Bce servirà anche un atteggiamento non troppo rigido da parte della Commissione europa.
In un momento tempestoso come quello attuale Bruxelles conta poco. Conta di più la politica, quello che decidono Merkel, Macron o Conte. La Commissione fa quello che le politica le dice. Addirittura i mercati, in periodi come questi, sono succubi della politica. C’è bisogno quindi di esercitare adeguatamente la leadership e poi attorno a essa tutto si adegua: i mercati e i burocrati della Commissione. Qualsiasi errore nel futuro della politica economica europea sarà da ascrivere alla politica, non a Bruxelles o ai mercati.
Torniamo alla Legge di bilancio. Antonio Misiani, viceministro dell’Economia, intervistato da Repubblica, ha detto che gli investimenti pubblici verranno portati “ben al di là del 3 per cento del Pil”. C’è da fidarsi?
Solamente se verranno utilizzate le risorse a fondo perduto del Recovery, visto che nelle stime del Def, antecedenti quindi il piano europeo, si parlava di un 2,7%-2,8% del Pil, e se, come dicevamo prima, si parte subito con le gare di appalto. Spero che, visto che c’è la volontà di convergere al bilancio in pareggio, e sarà pertanto necessario tagliare la spesa, non si diano con una mano le risorse del Recovery fund agli investimenti pubblici per poi con l’altra tagliare gli stanziamenti per gli stessi investimenti pubblici, com’è avvenuto regolarmente finora. I segnali non sono purtroppo convincenti, anche perché non c’è un primo ministro che ripete come un mantra la necessità di aprire nuovi cantieri.