Il Documento programmatico di bilancio appena approvato dal Governo per il 2022 contiene indicazioni di importanza cruciale per cominciare a delineare le politiche pubbliche del primo anno in cui l’implementazione del Pnrr dovrà davvero diventare concreta ed efficace. Si tratta di una manovra di circa 28 miliardi, con la necessità – e l’ambizione – di riorganizzare le priorità più urgenti per l’intero Paese. E da subito le reazioni del mondo politico e l’attenzione dei media si sono concentrate su alcune questioni già al centro dei riflettori, peraltro molto controverse, dalla riduzione del cuneo fiscale all’intervento sulle pensioni, dal rifinanziamento del reddito di cittadinanza ai necessari interventi di rivisitazione degli ammortizzatori sociali.



Ci permettiamo allora di mettere sotto osservazione, anche in questo documento, quella che potremmo sinteticamente chiamare la “vertenza famiglia”, andando alla ricerca di quanto la famiglia, nel Documento programmatico di bilancio appena approvato, sia o meno considerata tra le priorità. Proponiamo qui qualche riflessione non sistematica, per esigenze di sinteticità.



Un primo elemento, in positivo, riguarda la presenza di alcune misure specifiche che, direttamente o indirettamente, sono un reale supporto ai bisogni delle famiglie del nostro Paese, in questo periodo che rimane di grave sofferenza progettuale, sociale ed economica. Appartengono a questa tipologia il sostegno al lavoro femminile al rientro dalla maternità, o la stabilizzazione dei dieci giorni di congedo per i padri, o maggiori fondi per il diritto allo studio nella scuola dell’obbligo, ma anche politiche antiviolenza e di parità di genere, non ultima la ventilata introduzione della “tampon tax” (riduzione Iva dal 22% al 10%).  Sono interventi specifici, circoscritti, magari di entità non molto rilevante – però costituiscono una risposta concreta a situazioni reali di bisogno delle famiglie.



Un secondo elemento, purtroppo problematico e molto rilevante, riguarda invece due ambiti di azione decisivi nella manovra: le misure fiscali e il reddito di cittadinanza. Su entrambi la famiglia sembra purtroppo essere diventata trasparente, al di là di qualche affermazione di principio.

Per gli interventi fiscali, non pare che l’equità familiare sia inclusa come criterio orientativo; ci si limita alla riduzione complessiva delle tasse (peraltro meritoria e irrinunciabile), ci si preoccupa dei diversi livelli di reddito, cercando giustamente di allentare la pressione fiscale su chi paga tutto e di più (classe media, lavoratori dipendenti), ma non è emersa alcuna decisione concreta per far sì che le tasse diminuiscano sensibilmente in funzione dei carichi familiari. Così, a parità di reddito, anche in questo documento, avere carichi familiari consistenti farà ben poca differenza. Urge invece, proprio sulla riforma fiscale, un deciso intervento di equità familiare, anche per onorare il dettato costituzionale dell’articolo 53, che parla di prelievo fiscale secondo la “capacità contributiva”, che è evidentemente connessa direttamente con i carichi familiari. Su questo ben poche tracce, nel documento in questione.

Sul reddito di cittadinanza il dibattito sembra invece più aperto, perché lo stesso premier ha affermato che urge una sua rivisitazione – peraltro dopo aver iniettato un miliardo in più, per il 2022, arrivando a 8,8 miliardi di finanziamento annuo per questa misura. I dati confermano che l’attuale reddito di cittadinanza non è stato capace di intercettare i bisogni delle famiglie con più figli, fallendo così un obiettivo di equità, giustizia sociale e di sostegno alla “Next generation” che non è più tollerabile. Non può bastare un qualsiasi reddito di cittadinanza: serve, anche in questo caso, una sua radicale rivisitazione “a misura di famiglia”, a protezione delle nuove generazioni e dei bambini. E proprio il Movimento Cinque Stelle dovrebbe essere il primo soggetto politico a promuovere una revisione della misura in tal senso.

Per concludere, un terzo elemento, in questo caso virtuoso, anche se ancora da verificare nella sua implementazione, rimanda all’imminente introduzione dell’assegno unico universale, prevista dal 1° gennaio 2022. Un intervento potenzialmente epocale, per la cui attuazione sono stati allocati 6 miliardi aggiuntivi per il 2022 (un intervento oggettivamente importante), più una cifra tra i 12 e i 14 miliardi, recuperabili attraverso l’assorbimento (cancellazione integrale) di tutte le misure oggi presenti (incluse detrazioni per figli a carico e assegni al nucleo familiare).

Qui rimangono alcune incertezze, pur all’interno di un percorso virtuoso: in particolare, l’ammontare dell’assegno rimane basso (sotto i 200 euro mensili per figlio, anche per i redditi più bassi, attorno ai 100 euro per i redditi medi), a fronte di un costo mensile del figlio stimato attorno ai 650 euro (dati Neodemos, 2021). Inoltre per molte famiglie – e soprattutto per le famiglie numerose – la sostituzione degli attuali sostegni con l’assegno unico porterà benefici marginali, e in alcuni casi anche una potenziale diminuzione. Si parla di 200mila famiglie che potrebbero ricevere di meno (soprattutto le famiglie con più figli). È stata più volte garantita una sorta di “clausola di salvaguardia” (che nessuno ci perda), ma questo non sarebbe sufficiente. Qualche problema deriva infine dall’utilizzo dell’Isee, che, al di là della complessità burocratica, penalizza troppo le famiglie proprietarie di casa e valorizza troppo poco i costi dei figli.

Insomma, l’assegno unico qualificherebbe in modo quasi rivoluzionario le politiche familiari nel nostro Paese nel 2022 – integrando e “correggendo” anche un “Documento programmatico di bilancio” che appare ben poco “family friendly”. Però è certo che da solo non basterà per sostenere adeguatamente le famiglie – e che la sua attuazione concreta dovrà essere attentamente monitorata in tutti i suoi aspetti: procedure, ammontare mensile per le varie tipologie familiari, e anche budget complessivo che verrà allocato – che con i meccanismi ipotizzati ad oggi potrebbe rivelarsi ancora insufficiente.

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