Gufi di tutta Italia tacete, la crescita è tornata. Secondo fonti europee consultate da Repubblica, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha fatto notare a Bruxelles che è già acquisita una crescita dello 0,2% anziché lo 0,1% stimato dalla commissione Ue e ,”grazie alla ripresa degli investimenti e della fiducia registrata dal Tesoro dopo l’anno immobile gialloverde, si potrebbe chiudere il 2019 con un più 0,3%”. Addirittura! Attenzione, non c’è rischio di surriscaldamento come lo chiamano gli economisti? Non è che tanta fiducia finisce per gonfiare una bolla speculativa? L’ironia è d’obbligo a leggere cotanto sollievo su uno o due decimali sopra lo zero, perché in ogni caso l’economia italiana resta il fanalino di coda dell’eurozona.
Non solo: la Legge di bilancio per il 2020 è ancora in discussione, tutta la baruffa sulle micro-imposte è servita solo a sollevare un inutile polverone politico attorno a un paio di miliardi di euro. E per di più il Governo è stato costretto ad alcune marce indietro scoprendo un buco nelle entrate previste ancora tutto da riempire. Dal punto di vista macroeconomico, la manovra è, ben che vada, neutrale rispetto all’andamento della congiuntura: non la peggiora, ma non la migliora, non è recessiva, ma non è nemmeno espansiva, semmai mantiene l’economia italiana appena sopra la linea di galleggiamento. Non c’è molto di cui consolarsi.
Il ministro dell’Economia vuol buttarla in politica, stando a quel che scrive Repubblica; ha ragione a dire che il Governo giallo-verde ha combinato un bel guaio scatenando lo spread un anno fa e generando una crisi di fiducia dalla quale non ci siamo ripresi del tutto. Jean-Pierre Mustier, amministratore delegato di Unicredit, ha detto recentemente che la sua banca sta uscendo solo adesso dalle difficoltà. Del resto le banche italiane tra maggio e ottobre 2018 avevano perso in borsa 36 miliardi di euro. Oggi lo spread è sceso attorno a 100 punti base, ma nel frattempo il debito pubblico ha superato il 136% del Pil e la Legge di bilancio lo farà salire ancora (secondo l’Ue, che ha suonato un campanello d’allarme, arriverà al 136,8%) con un prodotto lordo sdraiato su crescita zero. Dunque, se vogliamo buttarla in politica dobbiamo ammettere che l’eterna battaglia tra il partito del rigore e il partito della crescita non ha prodotto né rigore né crescita.
Sulla base dei nuovi dati Istat, il prodotto lordo in volume è aumentato nel 2017 dell’1,7%, il tasso di crescita del 2016 è stato rivisto all’1,3% dall’1,1%. Tra il 2015 e il 2017 i consumi sono aumentati in media dell’1,5%, gli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto del 6,3% l’anno nello stesso periodo. Ebbene, questo mini boom non è stato utilizzato per mettere a posto i conti pubblici e ridurre il debito, né per accelerare la spinta positiva della congiuntura. I giallo-verdi dal canto loro hanno svuotato la cascina distribuendo il grano accumulato senza produrne di nuovo. Quanto al Governo giallo-rosso, mostra poche idee, per di più confuse.
Prima c’erano due partiti, il M5S e la Lega, che si spartivano le spoglie più o meno a metà: avevano stanziato sulla carta 18 miliardi divisi grosso modo in due parti per il reddito di cittadinanza e quota 100. Si sono rivelati un pasticcio e nessuno dei due ha funzionato anche rispetto ai loro obiettivi. Adesso ci sono quattro partiti, cioè M5S, Pd, Italia Viva e Leu, che sono divisi su tutto. Matteo Renzi non vuole l’aumento delle imposte, né l’Iva né le micro-tasse. Il Pd di Zingaretti non riesce a portare a casa una riduzione del cuneo fiscale (suo cavallo di battaglia) che vada al di là di una manciata di euro. Il M5S si spacca a sua volta, tra chi vuole consumare la propria vendetta contro Luigi Di Maio, chi scatena in Parlamento al propria frustrazione per aver perso la poltrona, chi concepisce la politica economica come una stangata contro le imprese e il perfido capitale (trovando in questo una sponda nella sinistra di Leu). L’Ilva di Taranto è la cartina di tornasole che ha fatto precipitare tutte le contraddizioni interne.
L’Unione europea, senza dubbio, appare più morbida e comprensiva nei confronti del Governo giallo-rosso rispetto al Governo giallo-verde. Eppure, leggiamo che cosa ha scritto appena tre giorni fa: “I rischi sulle prospettive di crescita restano ancorati al ribasso. L’Italia è esposta a un ulteriore deterioramento dell’economia globale e al potenziale peggioramento delle condizioni di finanziamento, a causa del suo debito elevato”. L’Ue lancia l’allarme anche sul mercato del lavoro che “è rimasto resiliente di fronte al recente rallentamento economico, ma gli ultimi dati puntano ad un deterioramento” scrive la Commissione. Forti sono le perplessità sul gettito delle misure anti-evasione previsto dal Governo nella manovra 2020. “Ci si aspetta che anche le misure addizionali contro le frodi fiscali previste nella manovra 2020 sostengano le entrate” del Governo, “anche se il gettito correlato è soggetto a qualche incertezza”, nota Bruxelles. Insomma, niente diktat, né bacchettate, ma la forma non nasconde la sostanza.
L’Italia continua destare preoccupazione, anche sui mercati se è vero che i titoli di stato della Grecia sono ormai meno rischiosi di quelli italiani con un rendimento a 10 anni pari all’1,10% rispetto all’1,16%. Sono pochi centesimi e il paragone, strombazzato dal Financial Times, non regge tanto, diverse sono le condizioni tra un debito che non ha mai fatto default come quello italiano e un debito come quello greco salvato da tutti gli altri paesi della sona euro, a cominciare proprio dall’Italia. In ogni caso, è un altro segnale che c’è poco da stare allegri. Tra crescita zero, una manovra di bilancio finanziata in modo confuso (l’unica certezza è che per metà circa sarà coperta aumentando il deficit) e, di conseguenza, un debito che sale, il 2020 si presenta tutto in salita.