Dopo settimane di accese discussioni finalmente la tanto attesa manovra del governo Meloni, forse una delle più delicate di quelle varate dal suo governo, comincia ad assumere forma e le sorprese non sono poche. Alla fine i soldi che qualcuno pensava non si potessero trovare senza consistenti aumenti di tasse, sembrano siano stati trovati. Non è un caso se la Meloni, alla Camera durante il dibattito sul prossimo Consiglio europeo, rivolgendosi a Fratoianni che la incalzava sugli extraprofitti alle banche abbia detto testuale “Al collega Fratoianni, che parlava di banche ed extraprofitti, dico che vedremo con la legge di bilancio. Potrebbe scoprire che questo governo ha avuto più coraggio di quello che ha avuto la sinistra quando era al governo”.



Innanzitutto il fatto che la finanziaria, la terza del governo Meloni, arrivi in cantiere con una settimana di anticipo racconta ancora una volta la serietà dell’accordo tra le componenti della maggioranza che lo sostiene. Basti pensare ai tour de force che i governi Conte, per fare un esempio, dovettero fare per rispettare i termini del 31 dicembre ed evitare l’esercizio provvisorio. Ma la stessa cosa era più o meno accaduta anche in occasione delle altre due manovre di bilancio, sia per i tempi rispettati che per le misure promesse e mantenute.



Le tre manovre del governo, infatti, mettono in in campo – per quanto consentono il bilancio e la contingenza generale – misure per aiutare la classe produttiva e le famiglie, senza puntare sugli aumenti indiscriminati di tasse e senza smantellare allo stesso tempo il sistema di welfare (rappresentato in questo caso dalla sanità). Nell’impianto di questa manovra, per mantenere misure fondamentali come il taglio del cuneo fiscale o l’accorpamento delle aliquote Irpef, e la tutela dei contratti nel pubblico impiego, si cerca di operare quello che praticamente ogni governo ha sempre cercato di fare negli ultimi trent’anni, e cioè un taglio della spesa improduttiva di molti ministeri (fatta salvo per quello della sanità, premiata con 2,3 miliardi in più).



Non è stato facile il compito del ministro Giorgetti. Si è visto un ministro dell’economia che si espone con i soci di maggioranza, forse anche calcando la mano nelle parole, come è accaduto quando a Bloomberg parlò di pesanti sacrifici per molti. Tutto, secondo alcuni bene informati, con il beneplacito della premier, con cui i rapporti sono ottimi da sempre. Alla fine le misure sembrano essere molto meno pesanti di quanto annunciato. D’altra parte basta guardare cosa sta accadendo in Francia, dove il premier Barnier sta per varare una manovra lacrime e sangue per porre rimedio ad un bilancio che sembra fare acqua da tutte le parti.

Il governo nella manovra cerca di attuare quegli interventi consentiti dalla scarsità di risorse a disposizione. Come per esempio quello di rendere strutturale il taglio del cuneo, che vale circa 100 euro in più in busta paga per chi guadagna fino a 35mila euro lordi, e la riduzione da 4 a 3 delle aliquote Irpef, sempre a beneficio dei redditi medio-bassi. Sul fronte delle pensioni vengono potenziati i bonus per chi resta al lavoro pur avendo raggiunto l’età pensionabile, su quello della sanità ci saranno più fondi e un piano di assunzioni. Per le famiglie un pacchetto di misure a sostegno della natalità. Arriva un aumento dei fringe benefit per chi viene assunto ma deve spostare la residenza di almeno 100 chilometri. Novità anche per i bonus edilizi, che vengono prorogati al 50% per quanto riguarda i lavori di ristrutturazione della prima casa. Alle banche si chiede un anticipo di 3,5 miliardi di euro, mentre i tagli alla spesa pubblica dovrebbero arrivare a ben 4 miliardi di euro.

Ancora una volta, insomma, Meloni vuol mostrare al Paese e all’Europa che il suo governo è attento ai conti pubblici e certo non può e non vuole fare azzardi. E i mercati la stanno premiando, dal momento che da quando siede al governo lo spread è inferiore anche a quando a Palazzo Chigi sedeva Mario Draghi, così come i dati sul lavoro e sulla crescita stanno premiando evidentemente gli sforzi che il governo sta facendo.

Un governo che sembrerebbe addirittura fare politiche economiche più “a sinistra” di quelle fatte per un decennio dalla sinistra stessa quando si è trovata a Palazzo Chigi, e che spesso si trova più vicino alle classi meno abbienti rispetto a una sinistra spesso premiata dal cosiddetto popolo delle ZTL. Ed è anche per questo che forse la sinistra cerca disperatamente di ancorarsi ai diritti civili o all’immigrazione per marcare quel terreno che sul campo economico le sta smottando sotto i piedi.

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