“Mi meraviglio che un aruspice non si metta a ridere quando incontra un altro aruspice”, scrive Cicerone nel “De divinatione”. Due indovini di Stato ben consapevoli di raccontare frottole al popolo, pensava il grande retore romano, avrebbero dovuto almeno conservare un po’ di autoironia. Anche Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri avrebbero dovuto rotolarsi sul pavimento dalle convulsioni di ilarità, dopo aver annunciato l’accordicchio che ha sbloccato ieri il percorso della manovra finanziaria 2020.



È incredibile invece il sussiego con cui hanno illustrato il niente cui si sono umiliati ad addivenire non avendo in nessun luogo istituzionale o partitico la forza politica di procedere su un piano di serietà.

Conte ha annunciato che la plastic tax scatterà non più ad aprile del 2020 ma a luglio, e avrà impatto ridotto (ma allora perché farla?); la sugar tax partirà ancora più tardi, “a ottobre, per dar tempo alle aziende di rivedere le loro strategie”. La stangata sulle auto aziendali è stata azzerata. E il recupero dei mancati introiti viene affidato a una tassa più elevata sulle vincite del gioco legale, che farà semplicemente aumentare i ricavi degli allibratori clandestini, malapianta allignante in almeno due terzi del Paese.



Quindi tre ammissioni di inconsistenza tecnica e strategica, da una parte; e insieme, tre piccole prestidigitazioni per implorare clemenza dalle schegge impazzite della pseudomaggioranza che sostiene l’esecutivo.

Ha poi del paradossale la scelta dell’aggettivo “corale” fatta da Gualtieri per connotare il lavoro del Governo per “salvaguardare l’impianto della manovra”. Di corale ci sono, a tutta evidenza, solo i fischi che hanno scandito le ultime settimane di pagliacciate governative.

Sullo sfondo, l’altro ignobile balletto del Mes. Con il mini-rinvio ottenuto a Bruxelles il Governo ha smentito i suoi precedenti proclami di ferma e nobile aderenza al sacro dogma dell’obbedienza europea; senza minimamente però porre rimedio ai problemi oggettivi che anche economisti indiscutibilmente europeisti come il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il presidente dell’Abi Antonio Patuelli hanno denunciato.



Dall’altra parte dello schieramento politico, però, il candidato “pieni poteri” Matteo Salvini ne ha fatta una demenziale con questa piroetta sulla Nutella, dapprima esecrata perché fatta con nocciole turche e poi riabilitata, un’esternazione che sembrerebbe ininfluente, ma non lo è perché si è concentrata su un prodotto che conoscono tutti per dire una visibile fesseria, e lo ha costretto poi alla retromarcia, a sanzione dell’errore fatto. Insomma, uno spettacolo deprimente.

Come un avvoltoio volteggia sui cieli della maggioranza il rignanese Renzi, l’unico ad aver assunto un atteggiamento sensato, naturalmente a proprio esclusivo vantaggio e interesse, ponendosi come interlocutore affidabile degli industriali nell’opposizione alle tasse su imballaggi e zuccheri. Italia Viva, insomma, come partito-cacciavite per tutelare gli interessi (peraltro in questo caso anche comprensibili) di una lobby economica che non sarà mai direttamente al potere (ci ha provato con Berlusconi ottenendo risultati disastrosi) che non influenza più l’opinione pubblica perché non ha più mass-media e se li ha non servono più a nulla, ma ha soldi. E questo a Renzi interessa, per carità lecitamente fino a sentenza in giudicato, come ben dimostra l’acclarato consistente afflusso di finanziamenti di imprenditori alla sua Fondazione Open. Ma il Rignanese vuole anche il potere, potere individuale assoluto. Cosa farà per incrementarne la minima dose di cui dispone oggi?

I sondaggi confermano al suo ego sconcertato che la sua simpatia personale presso gli elettori non è aumentata di un millimetro da quando è tornato in scena. Per quanto non riesca a capacitarsene deve allora aver escogitato un piano B: attendere comunque le nomine di aprile su cui influirà con il suo diritto di transito – vi ricordate il Ghino di Tacco di craxiana memoria? – per collocare nei posti chiave del potere pubblico quanti più uomini di sua obbedienza gli sia possibile. E poi non opporsi più alla deriva autolesionistica dei Cinquestelle duri e puri che non potranno a lungo andare avanti controfirmando le mini-scelte del neo-democristiano Conte e del merkeliano Gualtieri.

In uno scenario elettorale nel quale Salvini non vinca, Renzi è strategico sempre e comunque; in uno scenario nel quale Salvini vinca ma si rimetta a governare con gente balorda sbagliandole tutte in Europa e risospingendo lo spread – vero padrone d’Italia – a livelli insostenibili, l’oppositore Renzi potrebbe contare, e il suo Ego certo glielo suggerisce, ad un ritorno per acclamazione alla guida di un Governo di emergenza come unico credibile e trasversale salvatore della patria. Rignano, s’intende.