Giuseppe Conte, a metà settembre, aveva annunciato un piano straordinario per il Sud, ma al momento non ve n’è traccia. E per comprendere l’impatto che la manovra 2020 potrà avere sul Mezzogiorno, abbiamo sentito Roberto Napoletano, direttore del Quotidiano del Sud.  Napoletano insiste sulla “clausola del 34%”, che va attuata: secondo i Conti pubblici territoriali, al Mezzogiorno arriva il 28% delle risorse centrali a fronte di una popolazione che è pari al 34% di quella nazionale. Nel 2016 una legge ha imposto di alzare al 34% quella cifra, ma ancora mancano i decreti attuativi. Ora Napoletano spera nel nuovo ministro Provenzano: “Da ex vicedirettore della Svimez sa qual è il problema, se n’è già occupato”.



Per Napoletano il “male profondo” dell’economia italiana si chiama spesa storica. Nella legge attuativa del federalismo fiscale (2009), si delineò il superamento della “spesa storica” a favore dei “fabbisogni standard”, che dopo dieci anni non sono ancora stati fissati. I “fabbisogni standard” fanno riferimento alle prestazioni fondamentali, da finanziare in base a criteri standardizzati. La spesa storica invece garantisce i fondi secondo le spese effettuate l’anno precedente. “Puglia ed Emilia-Romagna hanno più o meno la stessa popolazione, ma la Puglia ha 3 miliardi di spesa in meno – dice Napoletano – e con la spesa storica questo circolo si autoalimenta: le persone andranno a curarsi dalla Puglia in Emilia, che spenderà più soldi. Questo farà aumentare il divario”.



Partiamo da quello che sappiamo sulla manovra. Che giudizio ne dà?

Questa è una manovra tipica da galleggiamento italiano: disinnesca le clausole Iva e supera l’esame europeo al prezzo di nuove micro tasse. Mi sarei aspettato un’attenzione strategica al tema decisivo dell’economia di questo paese: gli investimenti pubblici e privati, mettendo al centro il Mezzogiorno.

Del piano straordinario per il Mezzogiorno, annunciato più di un mese fa dal premier Conte, non si sa ancora nulla.

Credo che Conte voglia porre il tema, anche se parlare di “piano straordinario” non mi piace. Il Sud è svantaggiato strutturalmente. Negli ultimi 10 anni la spesa per investimenti nel Mezzogiorno è stata azzerata: è allo 0,15% del Pil, mentre ai tempi di Saraceno e della Cassa per il Mezzogiorno era allo 0,80%. Ma tocca anche la spesa per i diritti fondamentali di cittadinanza (sanità, scuola e trasporti): se nasci ad Altamura, per gli asili hai zero euro; in Brianza ne hai 3.000. E non sono soldi della Regione: sono soldi dell’amministrazione centrale.



Quindi il Nord ha ricevuto più risorse?

Al Nord si è creato un poltronificio: in Veneto nella sanità ci sono 16.000 dipendenti amministrativi in più rispetto alla Campania, che ha un milione di abitanti in più. I servizi generali della Regione Piemonte costano cinque volte quelli della Campania, che ha un milione e mezzo di abitanti in più.

Che risultati ha portato questa sperequazione nei trasferimenti pubblici?

Il Nord ha pagato l’assistenzialismo. Siamo l’unico paese che non ha recuperato i livelli di Pil pre-crisi: al Nord siamo sotto del 2,2%, al Sud del 10%. Solo che oggi al Sud il reddito medio è diventato la metà di quello di un cittadino del Nord. E i prodotti del Centro-Nord hanno perso il mercato interno meridionale, il più importante.

A che dati fa riferimento?

Tutti i dati che ho citato vengono dalle maggiori istituzioni statistiche italiane: Ragioneria dello Stato, Istat, Conti pubblici territoriali e Corte dei conti. I conti sono stati fatti bene, ma vanno integrati tra di loro per avere un quadro definitivo. Ciampi una volta mi disse: “Si parla di bilancio dello Stato, ma ormai abbiamo creato altri 20 staterelli”. A cui sommare grossi centri di spesa della Pa, comuni, comunità montane…

Se al Sud sono arrivati meno soldi, chi ne ha avuti di più?

C’è stata una governance reale del paese, con i governatori delle regioni forti del centrodestra (Lombardia, Veneto e in misura minore Piemonte) e i governatori delle regioni forti del centrosinistra (Emilia-Romagna e Toscana) che  hanno perseguito ciò che era più comodo per loro. Fontana, governatore della Lombardia, in una recente intervista al Corriere, ha detto che “se Conte ci parla di spesa storica, non ci sediamo neanche al tavolo”. Questo vuol dire che sa di mentire quando vende la storia del Nord generoso che aiuta il Sud sprecone. Bisogna dire la verità ai propri elettori.

Che responsabilità ha il Sud?

Il Sud ha sprecato le occasioni che ha avuto. Prima di questi ultimi 20 anni, dove la spesa per il Sud è stata azzerata, ce ne sono stati 20 di assistenzialismo a favore del Sud. Poi c’è la responsabilità dei politici, che non hanno denunciato questo fatto. E anche degli intellettuali, che di fronte ai problemi del Sud hanno preferito girarsi dall’altra parte: Abolire il mezzogiorno, come titolava un libro di Gianfranco Viesti, piuttosto che cercare di migliorare la situazione.

Il reddito di cittadinanza, nella maggior parte, è andato al Sud e alle isole (56%). Potrà creare lavoro, dopo questa fase in cui è stato sostanzialmente assistenziale?

No. Per il lavoro servono gli investimenti, pubblici e privati. E il mercato poi assumerà personale qualificato. Se voglio aiutare i poveri, devo dirlo apertamente ed esserne orgoglioso, non venderlo come una prenotazione di lavoro produttivo: probabilmente farò male l’aiuto ai poveri e non creerò lavoro. Credo che per riequilibrare la spesa sociale e gli investimenti le risorse per reddito di cittadinanza e quota 100 sarebbero state utili. Per il futuro del paese, e anche per riunificare Nord e Sud.

Il Mediterraneo è sempre più strategico, anche grazie alla Nuova Via della Seta proposta da Xi Jinping. I porti del Sud possono giocare un ruolo importante?

Gioia Tauro ha i migliori fondali al mondo: a Trieste dovranno fare degli investimenti per garantire i fondali che Gioia Tauro ha già. E poi ha una posizione strategica: il tempo di navigazione in più per raggiungere Trieste ha un costo. Ma è inutile rafforzare Gioia Tauro senza che venga fatta l’Alta capacità ferroviaria, che appunto non viene realizzata perché gli investimenti sono stati azzerati.

L’Alta velocità nel Meridione d’Italia quasi non arriva.

L’Italia dal punto di vista ferroviario è oggettivamente spaccata in due: l’alta velocità arriva fino a Salerno, poi l’ultima tratta, per colpa del binario unico, è molto rallentata. C’è un treno Torino-Milano ogni 20 minuti e nessuno tra Napoli e Bari. Bisogna smetterla con l’idea che il Sud faccia sparire gli investimenti: l’aeroporto di Napoli è un’infrastruttura che funziona, perché quando si investe, poi i risultati arrivano.

Che quadro può farci sulle prossime elezioni regionali al Sud?

Dalla creazione delle Regioni abbiamo aumentato gli intermediari tra lo Stato e i territori. Ricordiamoci che i politici locali sono sempre i più famelici. Oggi vedo governatori locali sempre più “padroni”, che vogliono ricandidarsi perché “hanno governato bene”, ma senza giudicarli sul loro operato: succede in Puglia con Emiliano, in Calabria con Oliviero e in Campania con De Luca. Quando si istituirono le Regioni Ugo La Malfa disse: “Moltiplicheremo le burocrazie e le intermediazioni, bloccando opere e sviluppo”. Non è andata molto diversamente.

(Lucio Valentini)