In questo periodo di tagli e risparmi, peraltro più a parole che nei fatti, gli stanziamenti che la manovra di bilancio prevede per le famiglie vanno collocati tra gli interventi positivi. La novità più rilevante è il bonus di mille euro per ogni nascita, riservato alle famiglie con un Isee (Indicatore di situazione economica equivalente) inferiore a 40mila euro. Chiamata “bonus bebè” o “Carta per i nuovi nati”, questa erogazione è finalizzata a dare alle famiglie una garanzia per le maggiori spese che la nascita di un figlio comporta.



Un sostegno finanziario una tantum alla nascita che passa poi il testimone all’Assegno unico universale attribuito per ogni figlio minorenne a carico e fino alla maggiore età e, al ricorrere di determinate condizioni, fino al compimento dei 21 anni di età. L’assegno aumenta gradualmente al diminuire dell’Isee e, novità di quest’anno, non si aggiungerà agli altri redditi nel calcolo dello stesso Isee e questo permetterà una pur limitata crescita dei soldi corrisposti.



Ugualmente importante è il bonus asilo nido. Le famiglie con bambini con meno di tre anni possono ottenere, a seconda del reddito, una somma annuale tra i 1.500 e i 3.000 euro. Un’erogazione indiretta, ancora tuttavia da definire, è poi quella del “Bonus mamme”, che consiste nell’esonero della contribuzione previdenziale, fino a un massimo di 3.000 euro annui, per le lavoratrici madri di tre o più figli, con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, fino ai 18 anni di età del figlio più piccolo. È probabile che nella formulazione definitiva questo bonus possa essere concesso sia a chi ha anche solo due figli, sia alle lavoratrici autonome.



Altre misure riguarderanno i congedi parentali con un’indennità che potrà arrivare a tre mesi e all’80% dei compensi, mentre altre misure, come la carta “Dedicata a te” che copre gli acquisti dei beni di prima necessità, rientrano comunque nel sostegno alle famiglie più bisognose.

Sul fronte delle erogazioni, quindi, è diventata concreta la volontà del Governo di fare di più per sostenere famiglie e natalità di fronte alle più che allarmanti dimensioni del declino demografico del Paese.

Ci si può augurare che queste maggiori spese, che potranno arrivare a 1,7 miliardi, non vengano finanziate a debito per non aumentare il già pesante fardello sulle spalle delle generazioni future. La battaglia contro la denatalità richiederebbe tuttavia una maggiore volontà di azione anche sugli altri fronti più concreti che riguardano la vita quotidiana. Due punti fondamentali: gli asili nido e le politiche per la conciliazione tra famiglia e lavoro.

Per gli asili nido è in fase di attuazione un apposito capitolo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il famoso Pnrr. Ebbene, rispetto ai progetti iniziali il numero dei nuovi posti per i servizi di educazione e cura a favore della prima infanzia che verranno creati nei prossimi cinque anni si è quasi dimezzato, passando da 264mila a 150mila. Le ragioni sono in parte nell’aumento dei costi e in parte dall’incapacità di molti comuni di rispettare i tempi di progettazione e realizzazione delle opere. L’Italia ha ora poco più di 350mila posti in asili nido con un grado di copertura inferiore al 30%. I progetti iniziali avrebbero permesso di arrivare oltre quota 40% con una distribuzione più uniforme a livello nazionale. Ora invece non solo i numeri sono più contenuti, ma cresce anche il divario tra Nord e Sud.

Vorrà pur dire qualcosa il fatto che la provincia di Bolzano, in cui gli asili nido coprono quasi il 50% della domanda potenziale, sia anche quella che contrasta con maggior successo il calo delle nascite. Basti pensare che negli ultimi vent’anni il tasso di natalità ha avuto un andamento stabile e infatti, pur con una diminuzione delle donne in età fertile dal 48,4% al 41,9%, il numero medio di figli per donna è aumentato da 1,46 a 1,70. L’Alto Adige è l’unica provincia italiana con un saldo naturale positivo, cioè dove le nascite superano ancora i decessi.

Sull’altro tema, quello della conciliazione famiglia-lavoro, dove rientrano tra l’altro i congedi parentali, si sono compiuti negli ultimi anni alcuni limitati passi. Restano ancora un’eccezione gli asili nido aziendali, ma è cresciuta la possibilità di orari flessibili e di parziale smart working.

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