Il Governo, con circa una settimana di ritardo, ha approvato la Nota di aggiornamento al Def. Come già era stato anticipato nei giorni scorsi, l’esecutivo prevede per quest’anno una caduta del Pil del 9% e un rimbalzo del 6% nel 2021, cui seguirà una crescita del 3,8% nel 2022 e del 2,5% nel 2023. Tuttavia, nella Nadef è stato ipotizzato anche uno “scenario avverso di recrudescenza dell’epidemia” che porterebbe il Pil del 2020 al -10,5%, quello del 2021 al +2,7% e quello del 2022 al +7%. «A una prima lettura mi pare emergano due dati significativi. Il primo è che l’Italia resta con la palla al piede del debito pubblico in maniera direi quasi strutturale. Il secondo è che si scommette su una crescita, cito il testo della Nadef, “stabilmente più elevata di quella registrata negli ultimi venti anni”», è il commento di Guido Gentili, editorialista del Sole 24 Ore.
Cominciamo dal debito pubblico. Nella Nadef si stima una sua discesa, in rapporto al Pil, dal 158% del 2020 al 151,5% del 2023.
Sia per il 2020 che per il 2021 l’Italia violerà la regola del debito europea e nella Nadef si legge che si riporterà il rapporto debito/Pil “al livello pre-Covid nell’arco di un decennio”. Stiamo parlando quindi di un percorso di rientro piuttosto lungo. Inoltre, la riduzione di 6,5 punti percentuali del rapporto debito/Pil tra il 2020 e il 2023 avverrebbe grazie a una “crescita economica significativa” possibile grazie anche alla valorizzazione delle risorse del Recovery fund “per realizzare un ampio programma di investimenti e riforme di portata e profondità inedite”.
E qui ci ricolleghiamo al tema delle previsioni sulla crescita. Non sono credibili?
Più che altro i numeri, e le stesse parole della Nadef, fanno intravvedere una grande scommessa sui tassi di crescita. Considerando che non si vede tracciato un profilo di riforme in quanto tali, si lascia agli investimenti il compito di dare la spinta al Pil. Mi sembra che si conti anche sul fatto che sul fronte del debito pubblico la Commissione europea, una volta terminata la sospensione delle regole del Patto di stabilità, chiuda un occhio o forse anche due, rendendo possibile un compromesso che ci consenta di continuare a galleggiare.
Tra l’altro vedendo la differenza tra il quadro tendenziale, cioè a legislazione vigente, e quello programmatico, che tiene quindi conto delle misure di politica economica che si intendono attuare, non sembra che né la Legge di bilancio, né le risorse del Recovery fund abbiano poi questo grande effetto.
Sì. Il quadro tendenziale parla di una crescita del Pil nel 2021 del 5,1%, nel 2022 del 3,1% e nel 2023 dell’1,8%. Il quadro programmatico porta questi valori rispettivamente a 6%, 3,8% e 2,5%. Il contributo derivante dall’uso dei fondi europei è forse meno intenso di quello che si poteva pensare, dato che stiamo parlando di zero virgola. È anche vero che si tratta di investimenti a lungo termine che danno risultati nel tempo, ma evidentemente il Governo dovrebbe mettere in campo qualcosa di più. Su questo fronte, come nel caso della riforma fiscale, si sta però cominciando a parlare di uno slittamento di un anno delle misure che avrebbero dovuto garantire un abbassamento delle tasse nel 2021. E anche per l’assegno unico per i figli i fondi sembrano essere a rischio.
E non dobbiamo dimenticare che, come abbiamo visto la scorsa settimana, forse il Recovery fund partirà in ritardo.
Questo è un aspetto importante, perché si sta dando per scontato che non ci saranno ritardi, ma non c’è alcuna garanzia sul fatto che i fondi arriveranno nei tempi previsti. Quindi anche quell’impatto da “zero virgola” potrebbe slittare nel tempo ed emerge quindi ancora più chiaramente che siamo davanti a una scommessa quasi alla cieca su quelle che sono le prospettive future di crescita.
Nella Nadef c’è anche uno scenario avverso, che di fatto sposterebbe di un anno la crescita del Pil più vigorosa. Come dobbiamo giudicare questa previsione che arriva proprio quando il Governo sta per approvare un Dpcm e il prolungamento dello stato di emergenza con l’obiettivo di evitare un aumento dei contagi?
Che la stesura della Nadef coincida con quella del nuovo Dpcm è una casualità. Il fatto invece che venga previsto uno scenario avverso e che il Governo si stia muovendo per evitarlo fa pensare che siamo in una situazione di assoluta incertezza e che un peggioramento dell’economia potrebbe essere presto alle porte. Se a uno scenario base che si fonda a mio parere su basi non solidissime aggiungiamo la possibilità di un peggioramento, il quadro che abbiamo di fronte è di massima incertezza.
Come vede la situazione del Governo sia per quel che riguarda i rapporti nella maggioranza che quelli con l’Europa?
Gli ultimi dati elettorali confortano la maggioranza, soprattutto perché denotano un momento di difficoltà del centrodestra. Dunque l’esecutivo si rafforza anche per assenza di reali alternative. Il Pd ha ottenuto la modifica dei decreti sicurezza, come chiedeva da mesi, il presidente del Consiglio riesce a passare con indifferenza dai provvedimenti approvati con il Governo giallo-verde alla loro cancellazione senza che nessuno ne chieda conto o che lui fornisca spiegazioni su questo cambiamento di idee. L’Europa in questo momento ha come punto di riferimento il Governo nato come ripresa del dialogo Roma-Bruxelles dopo il rischio di una procedura di infrazione. Non mi aspetterei quindi grandi sorprese, salvo che su un fronte.
Quale?
Probabilmente con il passare dei mesi, i Paesi dell’Est e quelli frugali avranno un irrigidimento di fondo sul tema del debito pubblico, su cui l’Italia è vulnerabile. È vero che le regole del Patto di stabilità sono sospese, ma vi sono Stati che chiedono che se ne ricominci a parlare. Anche se potremmo avere qualche cambiamento nel Patto di stabilità, non è da escludere che vi saranno dei problemi. Sarà difficile che in Europa venga accettata un’Italia che dal punto di vista della regola del debito e più in generale della politica economica continua a procedere con un sostanziale galleggiamento, passando da un appuntamento elettorale all’altro, con una visione di cortissimo respiro che fa sì che le riforme di portata e profondità inedite non si vedano.
Nella manovra il Governo dovrà pensare anche a provvedimenti per soddisfare le aspettative delle imprese, di Confindustria?
Il Governo ha in tal senso aperto delle finestre di intervento, per esempio puntare di nuovo su Industria 4.0 e modificare il Reddito di cittadinanza, che non potrà però voler dire limitarsi a qualche controllo in più sui beneficiari. Ancora però non si vede alcun provvedimento concreto. C’è poi la questione infinita del Mes. Dovrebbe essere più semplice ora farvi ricorso in previsione di possibili ritardi del Recovery fund, ma, come noto, c’è un problema politico da superare. Ci sono state dichiarazioni come quelle di Patuanelli che fanno intravvedere minori rigidità nel Movimento 5 Stelle, tuttavia l’obiettivo sembra essere ancora quello di ritardare il più possibile la discussione e la decisione parlamentare.
(Lorenzo Torrisi)