Per le politiche del lavoro la nuova Legge di bilancio procede in piena coerenza con l’impianto degli interventi messi in campo nel 2020 per contrastare gli effetti economici dell’emergenza sanitaria: rifinanziamento delle casse integrazioni e di quelle in deroga con la causale Covid, proroga del blocco dei licenziamenti, sgravi contributivi per le nuove assunzioni a tempo indeterminato e per tutte le imprese che operano nel Mezzogiorno, conferma di una serie di provvedimenti come la riduzione del cuneo fiscale sui salari fino a 40mila euro anno, delle misure di accompagnamento per le pensioni anticipate per i lavoratori anziani disoccupati e per quelle previste nei contratti aziendali nelle medio grandi imprese finalizzate a gestire gli esuberi o a favorire il ricambio generazionale.



Cambiano i numeri, in relazione ai nuovi fabbisogni di intervento, ma la filosofia è la stessa: procedere a vista per contenere in modo pragmatico l’impatto sociale della crisi, in perfetta coerenza con quanto si sta facendo per il pacchetto degli aiuti per le imprese, in attesa di tempi migliori scadenzati sulla diffusione dei vaccini anti-Covid, e sullo sblocco delle risorse europee del Recovery fund.



Nel concreto la Legge di bilancio 2021 propone la proroga del blocco dei licenziamenti fino al 31 marzo, a eccezione delle imprese chiuse, con procedure di fallimento o che hanno sottoscritto accordi sindacali per la gestione degli esuberi, e la previsione di ulteriori 12 settimane della Cig ordinaria fino alla stessa data (allungata al 30 giugno per le casse in deroga). Per le imprese che non utilizzano le casse integrazioni viene prevista la possibilità di non ottemperare al pagamento dei contributi sociali per 8 settimane.

Per le imprese che assumono a tempo indeterminato i giovani fino a 35 anni di età viene previsto lo sgravio dei contributivi sociali per 3 anni (4 anni per quelle del Mezzogiorno), e un analogo sgravio biennale viene riservato su tutto il territorio nazionale per le aziende che assumono donne disoccupate, incrementando il numero degli occupati in carico rispetto l’anno precedente. In attesa di definire l’accordo con le Autorità europee per gli sgravi contributivi per tutti gli occupati nelle imprese operanti nel Mezzogiorno, che nelle intenzioni del Governo dovrebbe avere una durata decennale (per un costo complessivo di oltre 30 miliardi da finanziare con le risorse del Recovery fund), la Legge di bilancio si limita a prorogare quelli già disposti per l’ultimo trimestre del 2020, che prevedono una riduzione del 30% degli oneri sociali a carico dei datori di lavoro. Viene inoltre stanziato un finanziamento di 500 milioni per potenziare le politiche attive, da attivare con un successivo provvedimento governativo.



Come abbiamo avuto modo di evidenziare nel passato recente, commentando gli analoghi provvedimenti adottati dal Governo e dal Parlamento nell’anno in corso, nel breve periodo l’efficacia di questo tipo di interventi è sufficientemente comprovata per la parte dei sostegni al reddito dei lavoratori, analogamente a quanto sta avvenendo per quelli messi in campo per gli aiuti alle imprese sotto forma di contributi sulle perdite, moratorie per i debiti bancari e per gli oneri fiscali. Ma nel medio periodo queste iniziative risultano essere funzionali soprattutto per le imprese dotate di solide organizzazioni, assai meno per le micro imprese molto sensibili alle variazioni della domanda e per i lavoratori a termine e stagionali. Affrontare il 2021 senza una strategia di anticipo in grado di orientare i comportamenti imprenditoriali, soprattutto nei comparti dei servizi che sono certamente quelli più esposti alle conseguenze della crisi sanitaria, ma che, altrettanto, hanno le maggiori potenzialità di sviluppo nel corso degli anni futuri.

Nel 2021 sono attese tre potenziali ondate negative: una prima rappresentata da una quota aggiuntiva di chiusure di attività, e di una riduzione del turnover di micro imprese e di lavori autonomi, la seconda legata alle mancate assunzioni di lavoratori, in particolare a termine e stagionali, la terza che sarà relazionata al potenziale degli esuberi accumulati nel corso di un anno per via del blocco dei licenziamenti.

Tra queste, solo per la terza, data la forza del sistema produttivo e delle tutele storiche previste per i lavoratori, si è potenzialmente attrezzati a reggere l’urto. Ed è persino scontato che di fronte alla drammatizzazione dei problemi la forza delle rappresentanze delle imprese e dei lavoratori in questione finirà per giocare un ruolo rilevante nel condizionare l’utilizzo delle risorse disponibili, in termini di aiuti, di sostegni al reddito e di pensionamenti anticipati. Allargando in questo modo la frattura tra i settori tutelati e quelli esposti alle conseguenze dei cicli economici. Non deve essere trascurato il fatto che nella legge di bilancio vengono previsti 6,7 miliardi per finanziare il rinnovo dei contratti dei pubblici dipendenti, tra l’altro accolta dalle proteste delle organizzazioni sindacali che li ritengono insufficienti.

La sottovalutazione della gravità dei problemi, e dell’evidente necessità di mobilitare rapidamente le risorse nella direzione di attivare investimenti in funzione anticiclica, e ad alta intensità di lavoro, necessari anche per dare un senso al proseguo dei provvedimenti finalizzati a sostenere il reddito dei lavoratori che perdono il lavoro o che sono esposti a questo rischio, continua a essere la grande lacuna delle nostre politiche economiche.