In una partita a scacchi si chiamerebbe la mossa del cavallo: un passo avanti e uno di lato. Uno scarto, un dribbling, un’invenzione per liberarsi di un avversario scomodo. Quelle che ha fatto ieri Matteo Salvini sono mosse di un cavallo che si deve togliere di torno non un rivale ma un alleato: Luigi Di Maio. Il leader leghista ha colto al volo l’occasione offertagli da una delle peggiori giornate capitate al capo politico del M5s e ha provato a metterlo nell’angolo.



Su Di Maio è piombato un macigno sganciato da due “big” del movimento: Davide Casaleggio che intervista Alessandro Di Battista sul palco del Rousseau City a Catania e di fatto lo incorona come il futuro dei 5 Stelle. Al punto che Dibba si è sentito autorizzato a mettere in discussione uno dei dogmi più sacri dei grillini, ovvero il divieto del terzo mandato. E Casaleggio, vestale delle regole del M5s, gli è andato dietro, contrariamente a quanto aveva fatto quando la stessa ipotesi era stata ventilata da Di Maio.



È comprensibile “l’incazzatura” (parole sue) del ministro del Lavoro. Di Maio è un pugile all’angolo che non riesce a uscirne, e anche se si rimettesse al centro del ring sarebbe tutto inutile perché il gong, per lui, sembra già suonato. Se Dibba e Casaleggio discutono di terzo mandato, è perché sentono le elezioni che si avvicinano e il governo che si approssima alla fine. In questa crisi si è infilato Salvini che ha infierito sul collega ministro già messo da parte dai suoi. Il titolare del Viminale ora vorrebbe fare pure il ministro del Lavoro: “Entro luglio inviterò i sindacati al Viminale, con altri rappresentanti del lavoro, del commercio, dell’impresa e dell’agricoltura per confrontarci e ragionare insieme sulla prossima manovra economica”, ha detto ieri Salvini.



In queste parole è contenuta una duplice mossa, appunto quella del cavallo. Da un lato il numero 1 della Lega contribuisce a isolare Di Maio, già messo in difficoltà dai suoi. Dall’altro mostra non tanto di ambire a fare anche il ministro dell’Economia, quanto di volere imporre un’accelerazione all’attività del governo anticipando la manovra all’estate.

Precorrere i tempi è una sfida agli alleati, ancora sotto shock dopo i risultati delle europee, ma anche ai partner di Bruxelles. Anch’essi si trovano in una palude dorata, quella delle nomine alla Commissione dopo il voto del mese scorso. L’azzardo di Salvini è approfittare degli impedimenti che limitano le manovre dei nemici-amici e imporre una svolta all’economia secondo i propri criteri, cioè flat tax e altro debito. Una “scossa fiscale” considerata l’ultima risorsa per non “dare altro sangue” all’Europa. D’altra parte, ragiona Salvini, finché la Commissione non s’insedia (e i tempi si annunciano lunghi) chi avrà l’autorità e il coraggio di avviare la temuta procedura d’infrazione a carico dell’Italia?

La proposta di anticipare la manovra economica d’autunno non è concordata con nessuno: Conte, Di Maio e Tria non ne sapevano nulla quando le agenzie di stampa hanno battuto le parole del ministro dell’Interno. I grillini la leggono come una forzatura per fare saltare tutto prima dell’estate in modo da votare in autunno. Loro che non hanno alcun interesse a rompere stanno a guardare il leader della Lega che si scatena a destra e a manca. Sempre che il cavallo di Salvini, a furia di mosse di scarto, non s’imbizzarrisca.

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