Nelle prossime ore si capirà quanti degli oltre 4.500 emendamenti (di cui più di 1.700 dalla sola maggioranza) saranno effettivamente discussi e votati in commissione Bilancio del Senato. Quel che è certo è che nelle proposte dei principali partiti non sembrano trovare spazio gli investimenti pubblici. Lo conferma anche Gustavo Piga, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma: “La chiamano manovra espansiva, ma ora stanno facendo a cazzotti per decidere dove e chi tassare. La verità è che si tratta di una manovra restrittiva, che non dà spazio alcuno agli investimenti pubblici che sono al loro minimo storico dal dopoguerra in poi. Siamo di fronte a una politica che non è interessata alle future generazioni e alla ripresa del Paese”.



Si dice però che il problema principale è che le risorse per gli investimenti pubblici vengono stanziate, ma poi restano non spese…

Senza dubbio c’è questo problema, dovuto anche ad anni di austerità che hanno portato a un’assenza di turnover nella Pubblica amministrazione e alla mancata scelta, da parte della classe politica, di insistere sulla qualità del personale della Pa. Non bisogna poi dimenticare che non si è fatto alcun passo significativo dopo il varo della legge delega sulla qualificazione delle stazioni appaltanti. Ma prima ancora di tutto questo c’è un problema più importante.



A cosa si riferisce?

Abbiamo bisogno di più persone e di maggior qualità nella Pa per fare appalti, se però abbiamo il permesso di fare appalti. Noi quindi possiamo scrivere qualsiasi numero nei documenti, ma resta poi il fatto che gli investimenti pubblici entrano nel deficit quando sono effettivamente spesi. Questo fa sì che nel corso dell’anno ci si trova a confessare amaramente che date le regole del sistema europeo che non ci permettono di raggiungere un deficit/Pil del 3% o di avere una golden rule sugli investimenti, queste cifre stanziate non si possono spendere, perché non bisogna superare, come ha detto questo Governo, il 2,2% di deficit/Pil.



Il viceministro all’Economia Laura Castelli ha detto che “in manovra c’è molto per gli investimenti”, “abbiamo appostato 33 miliardi su Comuni, Province e Città Metropolitane, e in parte alle Regioni. Sono investimenti che si possono fare immediatamente”.

Rendiamoci conto che 33 miliardi di euro sono circa il 2% del Pil. I casi sono due: o si tratta degli investimenti che avremmo fatto normalmente e non c’è quindi alcuna novità, oppure siamo di fronte a risorse addizionali. In quest’ultimo caso non riuscirei però a spiegarmi come il Governo troverebbe lo spazio per aumentare di così tanto gli investimenti: vuole un deficit al 4,2% del Pil? Ne sarei felice, ma dubito che ci si voglia presentare in Europa con una richiesta del genere. Credo che semplicemente si stia parlando di stanziamenti già previsti e che quindi non cambiano nulla. Per fare un paragone, un cittadino ha un miglioramento del proprio reddito se ha un aumento in busta paga, non se continua a percepire lo stesso stipendio ogni mese.

Secondo lei, rispetto al Governo precedente c’è stato un cambiamento sul fronte degli investimenti pubblici?

Sono tentato di dire che non c’è stato alcun cambiamento. Nonostante il Governo giallo-verde fosse riuscito a costruire un ampio margine di risorse, ha però deciso di destinarle a Reddito di cittadinanza e Quota 100 anziché agli investimenti pubblici. Un errore imperdonabile pensando a dove potremmo essere ora se si fosse fatta la scelta di politica economica giusta. Avremmo un Pil in crescita dell’1%. Purtroppo il Governo giallo-rosso ha deciso di confermare la stessa linea di utilizzo delle risorse per i prossimi anni, commettendo quindi lo stesso errore.

Si potrebbe migliorare la situazione magari ricavando risorse dalla spending review?

Purché non si facciano tagli a casaccio della spesa, ma si intervenga sugli sprechi. Per fare questo però serve tempo. In ogni caso sospetto che se anche si riuscisse a fare una seria spending review le risorse non verrebbero usate per gli investimenti pubblici, ma per ridurre ulteriormente il deficit in modo da poter fare vedere all’Ue che si sta seguendo un percorso virtuoso, anche se in realtà ci si avvicina all’orlo del precipizio.

Il problema sono dunque i vincoli europei sul deficit?

Non ne sono totalmente sicuro, perché se anche si arrivasse al 3% del deficit/Pil non si userebbero le risorse nel modo giusto. Quella del 3% è comunque una condizione necessaria, ma non sufficiente: occorre capire che è tramite gli investimenti che il Paese riprende a crescere.

Forse la soluzione potrebbe essere quella della golden rule sugli investimenti pubblici?

In quel caso si dovrebbe avere il bilancio primario in pareggio, ma si potrebbe arrivare al 3% di deficit per gli investimenti. Ed effettivamente potrebbe essere una soluzione perché si sarebbe obbligati a usare le risorse in deficit per fare investimenti.

(Lorenzo Torrisi)