Approvato dal consiglio dei Ministri lo scorso 16 novembre, il disegno di legge relativo alla manovra per l’anno 2021 si appresta ora all’esame del Parlamento il quale è tenuto a pronunciarsi entro il prossimo 31 dicembre. Sul fronte giuslavoristico, le previsioni in esso contenute si inseriscono nel solco tracciato dalla normativa emergenziale, ampliando il raggio di azione di quelle misure che, a partire dal Decreto cura Italia, hanno regolamentato la sorte di imprese e lavoratori dall’avvento dell’emergenza sanitaria.

Sin da subito, giova rilevare l’ulteriore proroga del blocco dei licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo sino al 31 marzo 2021, divieto, come noto, ab origine previsto per soli 60 giorni e che, salvo ulteriori modifiche in sede parlamentare, con l’ulteriore proroga introdotta dalla manovra per il 2021 raggiungerà una complessiva durata di oltre un anno. La proroga del divieto di licenziamenti si accompagna, come ormai è consuetudine, all’introduzione di ulteriori 12 settimane di trattamenti di integrazione salariale di stampo emergenziale, fruibili nel periodo ricompreso tra il 1° gennaio 2021 e il 31 marzo 2021, per il trattamento di cassa integrazione ordinaria, e tra il 1° gennaio 2021 e il 30 giugno 2021, per i trattamenti di assegno ordinario e cassa integrazione in deroga.

Resta ferma la possibilità di accedere all’esonero contributivo per quei datori di lavoro che non intendono usufruire dei trattamenti emergenziali di integrazione salariale, in origine introdotto dal Decreto agosto e ampliato dal disegno di legge in esame per un ulteriore periodo massimo pari a 8 settimane, spendibili entro il 31 marzo 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno 2020.

La bozza di manovra agisce altresì in modifica di un’altra disposizione caposaldo della normativa emergenziale, ovvero il più volte riformato articolo 93 del Decreto rilancio in materia di contratti a tempo determinato, ampliando la possibilità di prorogare e rinnovare per 12 mesi tali contratti senza l’apposizione di una delle causali introdotte dal Decreto dignità, sino al 31 marzo 2021. Non mancano, inoltre, importanti novità sul fronte degli incentivi all’occupazione, a partire dall’introduzione di un esonero contributivo totale per 3 anni, nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui, a favore di quei datori di lavoro i quali assumano a tempo indeterminato giovani sino al 35° anno di età. Un esonero contributivo totale, entro il medesimo limite massimo annuo, è riconosciuto altresì con riferimento alle assunzioni di lavoratrici donne, a condizione che tale assunzione comporti un incremento occupazionale netto.

Per quanto riguarda le misure introdotte al fine di favorire una maggiore conciliazione tra lavoro e famiglia, giova rilevare l’estensione per l’anno 2021 dell’assegno di natalità e dei 7 giorni di congedo obbligatorio di paternità. Da ultimo, sul fronte previdenziale, si segnala la proroga di Opzione donna, accessibile al raggiungimento di almeno 35 anni di contributi e di un’età anagrafica pari a 58 anni per le lavoratrici dipendenti (59 anni per le lavoratrici autonome) entro il 31 dicembre 2020, nonché dell’Ape sociale, destinato sino al 31 dicembre 2021 a soggetti in determinate condizioni con almeno 63 anni d’età e un’anzianità contributiva pari a 30 anni, non titolari di pensione diretta.

Una menzione particolare merita altresì la modifica del calcolo dei requisiti di anzianità a fini pensionistici nel part-time verticale ciclico: infatti, a partire dalla data di entrata in vigore della Legge di bilancio 2021, l’intera durata del contratto di lavoro a part-time verticale è riconosciuta utile ai fini del raggiungimento dei requisiti di anzianità lavorativa per l’accesso alla pensione.