Volendo trattare delle ricadute giuslavoristiche della manovra fiscale 2025, occorre preliminarmente precisare che stiamo parlando di una norma il cui percorso legislativo non è ancora compiuto: alcuni interventi sono oggetto di discussione e, nella versione finale, potrebbero essere rivisti o stralciati.

Tecnicamente, la manovra rappresenta attuazione dei principi della legge delega, che indicava come obiettivi, tra gli altri, la transizione verso un’aliquota impositiva unica, la razionalizzazione e la semplificazione complessiva del sistema fiscale nonché la riduzione della pressione fiscale. Stando alla bozza in esame, la Manovra conferma, e rende strutturale, la semplificazione delle aliquote Irpef e l’accorpamento delle aliquote su tre scaglioni: 23% per redditi fino a 28.000 euro; 35% per redditi tra 28.000 e 50.000 euro; 43% per redditi oltre i 50.000 euro.



L’intervento più significativo riguarda il taglio del cuneo fiscale che verrà esteso per i redditi fino a 40.000 euro (l’anno scorso era 35.000 euro) e si baserà su un meccanismo diverso da quello attualmente in vigore. Più precisamente, il taglio del cuneo fiscale attuato con la manovra 2023 aveva determinato un aumento finale degli stipendi grazie a uno sconto sui contributi: si poteva vedere e quantificare questo beneficio direttamente in busta paga alla voce “Esonero IVS DL 115/2022”. Nel 2025, invece non ci sarà un taglio dei contributi, ma una detrazione Irpef di importo fisso e il meccanismo applicativo della detrazione cambierà sulla base delle fasce di reddito.



Ai fini dell’applicazione del taglio del cuneo fiscale vengono infatti distinte 3 fasce di reddito:

– per redditi fino a 20.000 euro viene abbassata gradualmente la parte di reddito su cui non vengono calcolate le imposte attraverso il riconoscimento di una somma “esentasse”;

– dai 20.000 ai 32.000 euro il taglio assumerà la struttura di una detrazione fiscale, pari a 1.000 euro annui;

– oltre i 32.000 e fino a 40.000 euro la detrazione di 1.000 euro, prevista per lo scaglione precedente, si riduce progressivamente fino ad azzerarsi.

In sostanza chi ha redditi sotto i 20.000 euro lordi, invece di ricevere un taglio dei contributi, otterrà direttamente una somma aggiuntiva in busta paga, su cui non pagherà le tasse. Si tratterebbe di una sorta di bonus non tassabile, erogato attraverso l’istituto della compensazione, il cui importo viene determinato applicando al reddito di lavoro dipendente del contribuente la percentuale pari al: 7,1%, se il reddito di lavoro dipendente non è superiore a 8.500 euro; 5,3%, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 8.500 euro ma non a 15.000 euro; 4,8% per redditi tra 15mila e 20mila.



Mentre per chi ha un reddito complessivo superiore a 20.000 euro spetta un’ulteriore detrazione dall’imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro, di importo pari: a 1.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 20.000 euro ma non a 32.000 euro; al prodotto tra 1.000 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo e 8.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 32.000 euro ma non a 40.000 euro. In sostanza, sopra i 20.000 euro si va su un sistema di detrazioni fiscali, che va pian piano ad azzerarsi progredendo verso i 40.000 euro. Al di sopra di questa soglia si farà un calcolo diverso e piuttosto complesso.

Naturalmente, non si può dare una rappresentazione univoca dell’incidenza effettiva della manovra fiscale sul potere d’acquisto del singolo perché il lavoratore potrebbe beneficiare di altre misure previste per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie e contenute nella stessa manovra come: a) il Bonus nuove nascite: le famiglie con un Isee sotto i 40.000 euro riceveranno un bonus di 1.000 euro per ogni nuovo nato o adottato; b) il Bonus asilo nido: che si rafforza e diventa strutturale potendo arrivare fino a 3.600 euro l’anno per i genitori di bambini nati nel 2024 che abbiano un secondo figlio di età inferiore ai 10 anni e un Isee sotto i 40.000 euro, con l’esclusione del computo delle somme ricevute per l’Assegno unico dal calcolo dell’Isee; c) la Carta “dedicata a te”: circa 500 euro per le famiglie formate da almeno tre persone con un Isee fino a 15.000 euro; d) il bonus mamme che non sarà più destinato solo alle dipendenti, ma verrà esteso anche alle lavoratrici autonome con almeno due figli, reddito fino a 40.000 euro senza applicazione del regime forfettario.

Volendo ipotizzare, comunque, un valore approssimativo dell’importo dell’aumento medio mensile spettante a un lavoratore, con entrate complessive fino ai 32.000 euro, possiamo stimare un incremento individuale di circa 84,00 euro al mese, in linea con quanto ricevuto quest’anno.

Nella manovra trovano spazio anche altri istituti di taglio giuslavoristico che possono ulteriormente incidere sull’effettivo potere d’acquisto dei cittadini.

Possiamo qui limitarci a segnalare, ad esempio, l’intervento sui fringe benefit in base al quale si confermano quelli in vigore con la soglia di esenzione a 2.000 euro per i lavoratori con figli a carico e a 1.000 euro per tutti gli altri.

Interessante è però anche la previsione di importi maggiorati per i nuovi assunti che accettano di trasferire la residenza oltre i 100 chilometri di distanza. Nell’ambito degli incentivi alle assunzioni, infatti, trova spazio una disposizione, inedita, destinata ai lavoratori neo-assunti a tempo indeterminato nel 2025, con reddito 2024 fino a 35.000 euro che si sono trasferiti a più di 100 km dalla vecchia residenza per il nuovo lavoro. È previsto, infatti, che le somme pagate o rimborsate dal datore di lavoro per l’affitto o la manutenzione della nuova casa per i primi due anni dalla data di assunzione, non vadano a formare il reddito ai fini fiscali entro il limite complessivo di 5.000 euro annui.

È confermato altresì il rifinanziamento del fondo per la contrattazione collettiva nazionale per il personale pubblico e sono previste misure in materia di ammortizzatori sociali e formazione per l’attuazione del programma Garanzia occupabilità lavoratori.

Interessanti, ai fini sociali, le misure estensive in materia di congedi parentali e la formazione prevista per le donne vittime di violenza, al fine di rafforzare l’orientamento e la formazione al lavoro e favorire l’effettiva indipendenza economica e l’emancipazione delle stesse.

Nell’ambito delle misure fiscali per il welfare aziendale, oltre alle agevolazioni fiscali correlate al lavoro notturno e straordinari nei giorni festivi, previste “al fine di garantire la stabilità occupazionale e di sopperire all’eccezionale mancanza di offerta di lavoro nel settore turistico, ricettivo e termale, per il periodo dal 1° gennaio 2025 al 30 settembre 2025”, è previsto un interessante intervento in materia di premi di produttività e, specificatamente, per i premi e le somme erogati negli anni 2025, 2026 e 2027 l’aliquota dell’imposta sostitutiva sui premi di produttività, di cui all’articolo 1, comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è ridotta dal 10 al 5 per cento.

Si confermano, infine, la “superdeduzione” del 120% già prevista dall’art. 4 d. lgs. 216/2023 per gli incrementi occupazionali risultanti al termine del periodo d’imposta rispetto al corrispondente periodo d’imposta precedente, gli esoneri contributivi a favore dei giovani fino a 35 anni di età, delle lavoratrici svantaggiate e delle assunzioni effettuate nelle Zes (Zone economiche speciali).

Il puzzle che deriva da previsioni tanto eterogenee non è di semplice comprensione tanto che, secondo la Relazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, le tre aliquote iniziali, a causa della sovrapposizione con detrazioni e bonus di sostegno al reddito, potrebbero trasformarsi in sette aliquote marginali effettive. Questo aumento complicherebbe il quadro fiscale, in particolare per i redditi medi, dove l’Upb registra un potenziale picco del 56% per i redditi tra 32.000 e 40.000 euro.

Ovviamente, è necessario contestualizzare l’applicazione delle aliquote marginali, che non si applicano a tutti i redditi imponibili ma solo ai fini del taglio del cuneo fiscale, anche considerando il combinato disposto delle varie misure. Su questo punto si è espresso anche il Mef, spiegando che l’osservazione proposta dall’Upb rappresenta un dato parziale da valutare nell’ambito di un quadro di misure più ampie potenzialmente in grado di recare benefici fiscali in favore soprattutto dei redditi medi e medio-bassi.

Il quadro complessivo della manovra è quindi dato dalla sommatoria dei pezzi del mosaico che la compongono.

Sicuramente, in ragione dell’obiettivo iniziale della semplificazione complessiva del sistema si sarebbe potuto fare meglio; permane, infatti, anche nella manovra 2025, il bizantinismo tipico delle manovre finanziarie che, di fatto, non agevola la comprensione effettiva delle innovazioni e delle intuizioni pure in essa contenute.

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