Dopo il vertice di domenica sera, con qualche tensione tra gli alleati, il governo si appresta a ultimare il Documento programmatico di bilancio, il “cuore” della manovra 2020, il cui testo deve essere inviato a Bruxelles entro la mezzanotte di oggi. Sul tavolo, accanto ad alcuni punti fermi, come la sterilizzazione dei 23 miliardi delle clausole di salvaguardia (abbiamo trovato risorse aggiuntive”, ha garantito il premier Conte), restano ancora alcuni nodi da sciogliere, come i possibili interventi su Quota 100 – Matteo Renzi vorrebbe abolirla, Luigi Di Maio vi si oppone -, la possibilità di tassare plastica, diesel, tabacchi e giochi e le coperture da garantire a una manovra da 30 miliardi. Le domande di fondo sono: che manovra sarà? Centrerà l’obiettivo di far ripartire la crescita? Aiuterà fasce più deboli e ceto medio? Lo abbiamo chiesto a Leonardo Becchetti, professore di Economia politica all’Università Roma Tor Vergata.



“Il punto qualificante di questa manovra – ha detto il premier Giuseppe Conte – è che abbiamo trovato le risorse perché l’Iva non sia rimodulata”. Rimodulare l’Iva significa solo ed esclusivamente aumentarla? Non c’erano altre opzioni?

Rimodulare vuol dire alzare delle poste e abbassarne altre con un saldo che può essere positivo per le casse dello Stato. C’è una simulazione del Centro studi Confindustria che prevede l’abbassamento dell’Iva al 5% sui prodotti alimentari, che pesano per il 40% sul paniere dei consumi dei ceti più poveri, e un aumento dell’imposta sui beni di lusso: da questa operazione le entrate crescono complessivamente di 3 miliardi. È un esempio di rimodulazione progressiva. In generale, ci sono tante cose che sono economicamente sostenibili, ma non lo sono purtroppo dal punto di vista politico.



In che senso?

Che la gente non accetta alcuni aumenti di tasse, ma oggi le scelte inquinanti o il consumo di prodotti nocivi alla salute producono danni, quindi sono d’accordo che siano tassati. Ma bisogna fare nel nostro Paese anche un lavoro culturale per convincere sul fatto che è bene tassare di più questi prodotti per avere delle risorse utili a finanziare spese più importanti, come la sanità o l’istruzione.

Le ultime voci sulla manovra parlano di nuove tasse su plastica, diesel, giochi e fumo. Che ne pensa?

Tassare di più le sigarette per finanziare l’abolizione del superticket o aumentare il fondo per la salute per me è sacrosanto.



Di abolizione del superticket si parla, ma a metà del 2020, assieme a una dotazione per finanziare il cuneo fiscale che sale da 2,7 a 3 miliardi, a un Fondo per la famiglia da 2 miliardi e a uno stop agli sconti fiscali per i redditi alti. Sono il segno di un’attenzione alle fasce meno abbienti?

Assolutamente sì. Penso che da tutto questo non si possa prescindere, perché gli arrabbiati oggi sono i meno abbienti e la classe media. È una rabbia che deriva da problemi concreti, spesso legati alla qualità o alla precarietà del lavoro. Il problema è dove reperire le risorse. L’illusione che si possa fare una manovra migliorando le condizioni dei ceti più deboli ma senza aumentare i prelievi da qualche altra parte è velleitaria.

Renzi vorrebbe l’abolizione di Quota 100, ma Di Maio si oppone e alla fine ci potrebbe essere solo un piccolo ritocco. Che ne pensa?

Renzi ha ragione, ma superare Quota 100 è difficile da far digerire agli italiani. È una misura iniqua, che trasferisce troppe risorse agli anziani a danno dei giovani e che quando scadrà creerà uno scalone enorme sul sistema previdenziale, generando anche problemi sociali. Ma oggi dire che riduciamo Quota 100, che la rendiamo più soft non è molto popolare.

Per gli investimenti c’è chi parla di 3 miliardi, chi di 5, chi di 11 miliardi. Non le sembra che sia ancora una manovra molto orientata sulla spesa, pochissimo sui tagli e poco sugli investimenti?

Sugli investimenti sostenibili si spera che la Ue abbia ammorbidito la sua posizione e accetti che siano scorporati dal calcolo del deficit. Ma questo non dipende da noi. Ciò che possiamo fare è prorogare Industria 4.0, superammortamento e iperammortamenti, che sono stati fondamentali per la stagione di crescita degli investimenti con il governo Gentiloni. È anche vero che molti investimenti sono stati stanziati, ma non realizzati, perché il criterio cui guarda Bruxelles è per cassa e non per competenza, e quindi le risorse per tutti questi investimenti, se venissero effettivamente realizzati, rientrerebbero nell’indebitamento pubblico. Quando si parla di investimenti si crea sempre un certo polverone, ma in realtà le opportunità che abbiamo a disposizione sono sempre meno ampie.

Si parla tanto di Green New Deal. Su questo fronte che cosa si può fare?

È possibile evitare le agevolazioni fiscali sulle royalties di chi fa estrazione di idrocarburi oppure intervenire sulle tasse, molto generose rispetto ad altri Paesi, per le concessioni sulle acque minerali, sulle cave o sulle spiagge. O ancora, in materia di concessioni autostradali, anziché arrivare alla revoca, si può far sì che la concessione sia resa più favorevole per lo Stato, imponendo che una parte dei profitti sia reinvestita per finanziare la mobilità urbana o metropolitana. Lo spazio c’è: siamo stati troppo generosi in passato.

Il governo invece sembra molto reticente su tagli e spending review. È così?

In effetti, non se ne parla molto, perché in questi anni i ministeri hanno già fatto molti sacrifici. Gran parte della spesa pubblica va in stipendi ai dipendenti pubblici e lì è più difficile tagliare. Se si prendono le grandi voci, poi, bisogna andare a vedere molto nel dettaglio e avere il coraggio di intervenire.

Sulla manovra Conte ha detto che è “sbagliata l’impostazione di una manovra che sia la sommatoria di premure di una forza politica o di un’altra”…

Giusto, perché la somma dei veti paralizzerebbe l’attività del governo, impedendo qualsiasi decisione. Ci vuole spirito di squadra. Se ci si muove davvero nell’orizzonte dei tre anni, bisogna avere il coraggio di fare qualcosa che magari oggi non è  popolarissimo, sapendo però che i benefici nel secondo e nel terzo anno saranno maggiori, aumentando così anche i vantaggi da spread, con minori costi sul debito pubblico e maggiori spazi per ulteriori interventi.

Conte ha anche aggiunto: “Questo governo ha un progetto politico unitario, io sono garante che la manovra sia nell’interesse di tutti”. Lei vede un disegno strategico, soprattutto per il rilancio della crescita?

Ci sono due direttrici importanti, che ritengo giuste: la lotta all’evasione fiscale con l’idea del “pagare tutti per pagare meno” e la transizione ecologica. E c’è anche l’intenzione di non andare all’assalto dell’Europa, un atteggiamento del governo giallo-verde che ci è costato 20 miliardi. Detto questo, si può fare ovviamente sempre meglio, anche perché far ripartire gli investimenti era uno degli obiettivi di questa maggioranza, e bisogna farlo.

(Marco Biscella)