Il Governo lunedì ha presentato la prossima Manovra finanziaria: a livello comunicativo, al contrario di altre volte, l’aver tenuto un Cdm di appena un’ora ha evidenziato l’unità, almeno apparente, dei partiti. L’accordo raggiunto prevede l’esclusione di emendamenti in Parlamento, ma questo è ancora tutto da vedere: certamente non mancheranno quelli dell’opposizione. Come già la Nadef aveva indicato, i fondi a disposizione erano ridotti e sono stati concentrati, per la maggior parte, sul rinnovo del taglio del cuneo fiscale.



Altri provvedimenti del testo sono interessanti e volti a contrastare la denatalità, grande emergenza del Paese più volte denunciata dall’Esecutivo: con i livelli attuali, e con un atteso progressivo peggioramento nei prossimi anni, l’intero sistema Italia è destinato a collassare, a meno di una veloce inversione di tendenza. In questo senso bisogna leggere sostegno alla natalità e aiuti alle famiglie come un obiettivo che viaggia di pari passo, dato quello che è stato deciso: sono stati introdotti il rafforzamento del bonus asilo a partire dal secondo figlio e la decontribuzione per l’assunzione di madri (fino al 130%). Questi sono passaggi importanti, anche se non sufficienti. Così facendo si favorisce una cultura secondo la quale chi fa figli non deve essere penalizzato ma sostenuto, non tramite bonus a raffica ma tramite servizi mirati (asilo) e lavoro. Su quest’ultimo fronte è previsto anche che sia lo Stato a farsi carico della quota dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madre: nel caso di due figli la misura si applicherà fino a un massimo di 10 anni, mentre sarà permanente per le madri di tre o più bambini (fino ai 18 anni dell’ultimo).



Pur evidenziando dei tratti positivi, si è ben lontani dall’attuazione del quoziente familiare ipotizzato dal Ministro Giorgetti, ma sembra esserci una linea pro natalità e, in parte, anche pro lavoro femminile. Quanto queste misure saranno poi efficaci sarà un discorso da riprendere non nell’immediato. L’orizzonte temporale è un dettaglio non da poco: la manovra è stata finanziata principalmente in deficit e quindi andranno trovate le coperture di anno in anno per le misure (taglio del cuneo compreso), per questo è vitale che si abbia coscienza che investire adesso nella natalità porterà risultati nel medio-lungo periodo e che sarà necessario rinnovare gli investimenti. Chi si aspetta balzi improvvisi di nuove nascite rimarrà deluso, ma quello fatto è un investimento non più rinviabile, al massimo migliorabile.



Un altro punto riguarda la riduzione degli scaglioni Irpef, da 4 a 3, con l’estensione dell’aliquota al 23% fino a 28.000 euro di reddito e l’aumento della no tax area a 8.500 euro. Le altre due fasce rimangono invariate e vengono tagliate alcune detrazioni per redditi superiori ai 50.000 euro. Tra queste rientrano però anche le erogazioni a favore del Terzo settore: la speranza è che in Parlamento si riesca a non penalizzare tali enti.

Questa rivoluzione fiscale, insieme al taglio del cuneo già menzionato, possono essere utili per aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori, attaccato violentemente dall’inflazione, così come può esserlo l’incentivo ad assumere le madri.

Un altro tema riguarda la sanità: la Nadef parlava di 134 miliardi di spesa (6,6 punti percentuali su Pil), ne sono stati stanziati 136 miliardi (circa 6,7 punti percentuali su Pil), che prevedono l’aumento degli stipendi per i medici e della remunerazione degli straordinari per il personale sanitario, con l’intento di ridurre le liste d’attesa (sono previste anche delle indennità di premio a seconda dei tagli dei tempi). Anche in questo caso, come già spiegato, l’inflazione avrà un ruolo di primo piano: quanto dei nuovi stanziamenti verrà assorbito da questa?

Per quanto riguarda il capitolo spese, l’invito per ogni ministero è quello di ridurre del 5% le proprie, ma il dato più significativo è lo stop al superbonus, già tentato da Draghi anche se allora la composizione della maggioranza rendeva l’abolizione politicamente impossibile. “Noi non abbiamo fatto nessun intervento in legge di bilancio su questo: i lavori devono essere completati entro la fine dell’anno, se si vuole beneficiare dello sconto in fattura. Altrimenti parte il meccanismo delle detrazioni senza la possibilità di sconto in fattura e cessioni, salvo quelli maturati in precedenza” (Giorgetti, Il Sole 24 Ore).

Essendo che la maggior parte dei provvedimenti è finanziata con il deficit questo può essere fonte di preoccupazione a livello europeo, soprattutto perché il rapporto deficit/Pil è previsto in discesa al 3,6% nel 2025 e il debito/Pil è previsto stabile al 140%, numeri difficili da mantenere.

Perché questa manovra possa dirsi efficiente è necessario quindi una politica della Bce che non porti a ulteriori innalzamenti dei tassi d’interesse, una riduzione dell’inflazione (grazie alla stessa politica della Banca centrale europea ma non solo) e allo stesso tempo una ripresa dei consumi in maniera significativa, dovuta sia ai primi due fattori che alla manovra medesima.

Se queste tre dimensioni economiche si verificassero, allora questa manovra potrebbe portare qualche frutto.

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