È la Cenerentola della politica, regolarmente trascurata nelle manovre economiche e araba fenice nei programmi elettorali. Parliamo della ricerca scientifica in un Paese che dovrebbe aggiungere un punto percentuale per allineare il rapporto tra spesa in ricerca e Pil alla media dell’Ocse (siamo all’1,32% contro il 2,4%) e si colloca a meno della metà del valore minimo del 3% del Pil consigliato dalla Commissione europea per assicurare crescita e avviare un meccanismo virtuoso di indotti positivi. Se ai pochi fondi e al fatto che siamo penultimi in Europa con una quota di 27,4% di laureati fra i giovani dai 30-34 anni contro una media di 40,7%, si aggiunge il vincolo delle restrizioni che limitano la libertà di ricerca in alcuni campi d’avanguardia come le biotecnologie umane e vegetali, è facile concludere che l’Italia non sarà un protagonista dell’emergente “economia della conoscenza”, driver di crescita del mondo futuro.
Ben venga quindi l’annuncio del premier Conte dell’istituzione della nuova Agenzia Nazionale per la Ricerca prevista nella prossima Legge di bilancio. Anche se di veramente nuovo c’è poco in questo super-ente di ricerca di cui non si conoscono ancora bene finalità e compiti, ma mediante il quale lo Stato svolgerà il “ruolo di coordinatore delle attività della ricerca lasciando piena libertà alla ricerca”. Suona contraddittorio o perlomeno un po’ confuso negli intenti. Secondo quanto dichiarato dal capo del Governo in occasione della presentazione della relazione del CNR sullo stato della ricerca in Italia, l’Agenzia darà indicazioni in base agli obiettivi strategici del Paese ai poli di ricerca universitari, agli enti di ricerca pubblica e anche agli istituti di ricerca privati.
Di dotare l’Italia di un’Agenzia per la Ricerca se ne parla da almeno 10 anni. Già il predecessore dell’attuale ministro per l’Istruzione e la ricerca, non più tardi del mese di luglio, aveva assicurato la tassativa costituzione durante il suo mandato, considerandolo un indispensabile veicolo per aggredire i fondi europei Horizon 2021-2017. È lo storico cavallo di battaglia del Gruppo 2003 per la ricerca, associazione promossa da vari accademici che invoca la creazione di un’agenzia che valuti in modo indipendente la qualità dei progetti e li finanzi di conseguenza. Quindi non possiamo che rallegrarci se nelle pieghe del bilancio 2020 i tecnici del Mef hanno trovato i fondi per la sua costituzione.
Sarà l’atteso adeguamento agli standard internazionali per far crescere la competitività internazionale dei gruppi di ricerca italiani? Sarà l’occasione per razionalizzare l’allocazione di risorse economiche ora distribuite con modalità spesso poco trasparenti e senza alcun coordinamento alla selva di 22 enti di ricerca pubblici che rispondono a 7 dicasteri diversi? Come si relazionerà la futura Agenzia con il CNR? Sorgeranno sovrapposizioni con l’agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca ANVUR?
Vogliamo essere ottimisti e ritenere che l’Agenzia possa segnare una nuova era per la ricerca pubblica nazionale. Affinché l’Agenzia non sia l’ennesimo accavallamento burocratico che ingessa ulteriormente il lavoro dei ricercatori, ci aspettiamo che sia una struttura agile che risponda alla Presidenza del consiglio, guidata da poche persone rappresentanti il mondo della ricerca, della tecnologia e dell’industria scelti con selezioni internazionali e da validatori indipendenti. Tra i nomi circolati per guidare l’Agenzia c’è Marco Bellezza, il fidato consulente giuridico di hi-tech di Di Maio proposto come Garante Privacy, ma i cui passati trascorsi come avvocato di Facebook ne hanno azzoppato la candidatura.
E ancora l’Agenzia dovrebbe essere organizzata per aree tematiche energia, ambiente, salute, patrimonio culturale, ecc. per finanziare progetti di ricerca e non centri di ricerca. Dovrebbe promuovere collaborazioni a livello internazionale, incaricarsi della realizzazione di bandi di concorso aperti a tutte le istituzioni che operano in campo scientifico e soprattutto assegnare i fondi sulla base di peer review internazionali e site visit conformemente a ciò che avviene negli altri paesi europei.
Possiamo solo augurarci che l’Agenzia per la ricerca scientifica non faccia la fine dell’abortita Fondazione per il capitale immateriale istituita due Leggi di bilancio fa con tanto di fondi assegnati, che non ha mai visto la luce. Inutile chiarire che i fondi previsti sono finiti nel calderone delle spese correnti.