“Questa manovra la dobbiamo ancora scrivere, è prematuro parlarne” ha detto da New York il premier Giuseppe Conte. E sulle tasse, ha aggiunto Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, “l’obiettivo è abbassarle, non aumentarle. Se poi c’è un progetto che disincentiva fonti dannose dobbiamo fare un progetto di largo respiro, non balzelli per fare cassa”. Intanto la scadenza di venerdì si avvicina, quando il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, dovrà presentare l’aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef), in cui vanno indicate misure e cifre chiave, dai conti pubblici alla crescita economica. Il tempo stringe e dal governo non arrivano segnali strategici tali da far pensare a svolte o cambi di passo, a parte il fatto che oggi rispetto a 14 mesi fa si confida di più sull’accondiscendenza dell’Unione europea. Insomma, l’ennesima manovra vecchio stile? “Penso che ciò che faremo – risponde Nicola Rossi, economista e presidente dell’Istituto Bruno Leoni – sarà rinviare le cambiali, cioè spostare in avanti le clausole di salvaguardia; pagare le bollette scadute, cioè le spese indifferibili; mandare dei segnali di qualche tipo, ma non certo rilevanti, a qualche segmento dell’elettorato. Senza però intaccare nella sostanza i problemi di fondo, a cominciare dalla pressione fiscale e dalla struttura del fisco”.
Il taglio del cuneo fiscale può essere una buona mossa?
Ogni riduzione della pressione fiscale è una buona cosa, se non viene fatta in disavanzo. Ma non è questo che ha in mente il governo.
A cosa sta pensando in realtà?
Spingerà il deficit fin dove può e fin dove la Ue glielo consente.
Intanto si parla di tasse sulle merendine, di tasse sui voli aerei…
Questo è un classico. La tassa sulle merendine o sui voli aerei non ha niente a che fare con una scelta etica, che personalmente non condividerei nemmeno, ma che avrebbe una sua parziale fondatezza. E’ semplicemente una maniera per finanziare una spesa addizionale. Se c’era una modalità con la quale chiarire che questo governo ha nel suo Dna il principio “spendi-e-tassa”, era proprio questa.
Ed è sulla stessa lunghezza d’onda anche la scelta di tassare i comportamenti inquinanti?
Che ci sia la necessità di fare investimenti infrastrutturali o in campo ambientale è indiscutibile. Ma ho l’impressione che anche in questo caso tutto si risolverà in un incremento della tassazione. Il che mi fa pensare ancora una volta che l’obiettivo non sia quello di una tassazione che incentivi o disincentivi, bensì trovare una giustificazione più o meno accettabile per poter aumentare la pressione fiscale. Non mi meraviglia: da un governo di sinistra come l’attuale credo ci sia da attendersi esattamente questo. Non c’è traccia di quello di cui invece avremmo bisogno.
Visto che la flat tax è ormai definitivamente accantonata e che questo Paese aspetta da anni un salutare choc fiscale, di che cosa ci sarebbe bisogno?
L’Italia ha bisogno di una profonda riforma del fisco, che non necessariamente richiede spese aggiuntive, perché si può fare non dico a saldo zero, ma quasi. Bisognerebbe concentrare tutte le risorse su pochissimi obiettivi, tra cui appunto la riforma fiscale. Detto questo, la flat tax può anche non piacere, ma io vorrei vedere qual è il modello alternativo. Allo stato attuale mi sembra il ritocco di qualche aliquota. Non è certo granché.
Sarebbe insufficiente?
No, è esattamente quello che abbiamo fatto negli ultimi decenni con il risultato di arrivare a un sistema di cui non si comprende più la ratio. Abbiamo ritoccato ovunque, aggiustato un po’ di qua e un po’ di là. Il numero di pezze ormai eccede largamente il tessuto originario. Non se ne comprende più il senso.
Intanto il governo deve preparare la Nadef. Per centrare il deficit al 2% vanno trovati 16 miliardi, per disinnescare le clausole di salvaguardia di miliardi ne servono 23 e altri 10 bisogna recuperarli per finanziare le promesse elettorali del Conte-2, dal taglio del cuneo a maggiori risorse per la scuola. Dove si trovano in così poco tempo?
Un pezzo di questa dote è già disponibile, grazie alla manovra aggiuntiva – anche se il precedente governo non voleva che fosse definita così, ma in effetti lo era – del luglio scorso, che ha messo a disposizione un po’ di miliardi, grazie alla fatturazione elettronica che ha garantito qualche risultato sul fronte del gettito e grazie al calo dello spread che comporta dei benefici sui conti pubblici. Ma è solo un pezzo. Sul resto ho la netta sensazione che faremo come al solito.
Come al solito cosa significa?
Millanteremo tagli di spesa che probabilmente si realizzeranno, se tutto va bene, solo in parte; segnaleremo che abbiamo l’intenzione di mettere mano alle agevolazioni fiscali, cosa che faremo solo in parte; cercheremo di andare a scovare incrementi della pressione fiscale là dove il governo potrà meglio giustificarli come – ripeto – la tassa su merendine, voli aerei e scelte inquinanti. E’ un campionario che alla fine genererà una Legge di bilancio i cui risultati saranno assolutamente evanescenti. Ci accingiamo a perdere, anzi forse lo abbiamo già perso, un altro anno.
Ma quanto sarà accondiscente la Ue?
Questo governo, per fortuna, parte da una posizione verso l’Europa infinitamente più ragionevole e fruttuosa di quella assunta dal governo precedente. Tuttavia non significa affatto che le regole non esistono più per l’Italia. Le regole verranno applicate. E il governo opererà in piena continuità con quel che già si è fatto in passato dal punto di vista della sostanza: Leggi di bilancio marginali, incapaci di incidere sui problemi di fondo dell’Italia, che saranno nient’altro che un elenco di segnali, positivi o negativi, lanciati a diversi settori dell’elettorato. I problemi veri rimarranno.
E per intaccarli nella sostanza?
Bisognerebbe operare scelte sgradevoli. La riforma fiscale, per esempio, dovrebbe toccare molti aspetti della struttura. Anche per il Mezzogiorno sono richiesti interventi profondi, quel che è stato fatto negli ultimi 20-25 anni ha prodotto disastri invece che risolverli. Ma non credo che questo sia nelle corde del governo Conte, che continuerà a guardare i problemi in superficie.
Secondo lei, ha ancora senso l’equazione “più tasse uguale migliori servizi”?
Questa è un’equazione che sicuramente non ha senso, per il banale motivo che noi abbiamo un’elevatissima pressione fiscale e pessimi servizi. E’ un parallelo che non tiene e i cittadini italiani dovrebbero pretendere una migliore qualità dei servizi.
Però l’equazione viene sbandierata in ogni trasmissione tv, in ogni dibattito pubblico, in ogni convegno. Non sarebbe invece il caso di promuovere voucher, libertà di scelta, spazi maggiori a welfare society e welfare aziendale per razionalizzare la spesa e migliorare i servizi?
Lei dimentica i connotati naturali del governo giallo-rosso. Non mi sembra proprio un governo da voucher. Ho l’impressione che dovremo rimandare il tutto ai prossimi governi.
Insomma, vede all’orizzonte una manovra vecchio stile, che darà solo una nuova mano di vernice alle incrostazioni?
Così abbiamo fatto negli ultimi anni, e non ha prodotto niente, nemmeno in termini elettorali. Ciononostante la classe politica pensa che sia la strada da seguire. Anzi, non è in grado di seguire una strada diversa. Richiederebbe una forza culturale e politica che onestamente non vedo.
Non l’ha convinta nemmeno il discorso di insediamento del premier Conte, che parlava di Green New Deal, di pagare tutti le tasse per pagarne di meno, di un Paese da ridisegnare?
No. Con tutto il rispetto che merita la funzione svolta dal presidente del Consiglio, siamo lontani mille miglia dall’aver indicato al Paese una strada e dall’aver indicato anche le difficoltà che su quella strada si devono affrontare. E’ stato solo un elenco nemmeno tanto di buoni propositi, ma di capitoli diversi di cui si compone di solito un programma di governo. Mancava solo che seguisse l’ordine alfabetico…
(Marco Biscella)