Fondo salva-stati, manovra finanziaria, micro tasse, lotta al contante: per chi fa impresa il dibattito sui temi economici e fiscali è il pane quotidiano e Augusto Patrignani, presidente della Confcommercio della provincia Forli-Cesena, imprenditore nel settore della distribuzione di prodotti e servizi nell’ambito dell’igiene professionale e presidente del Cesena Calcio, non si sottrae a una presa di posizione molto netta: «Condivido totalmente quanto dichiarato dal presidente di Confcommercio Sangalli sulla questione delle cosiddette micro-tasse, come ad esempio la plastic tax, che in realtà hanno un impatto macro, per non dire devastante, su uno dei settori trainanti dell’economia italiana e in particolare della nostra regione. Così come va affrontato in una logica di ascolto e confronto con gli organismi intermedi il tema della lotta al contante, che non può risolversi solo in una battaglia ideologica. Occorre incentivare il ricorso ai pagamenti elettronici senza penalizzare il legittimo utilizzo del contante, così come va potenziato lo strumento del credito d’imposta del 30% delle commissioni a favore dei commercianti ed esercenti che accettano pagamenti digitali».



C’è un altro tema “caldo”, strettamente connesso alle scelte in materia di politica economica: la sostenibilità dello sviluppo. Avete elaborato proposte in tal senso?

Se vogliamo parlare di sviluppo sostenibile, secondo gli obiettivi posti nell’Agenda Onu 2030, noi intendiamo immaginarlo, progettarlo e realizzarlo per le centinaia di migliaia di imprese e lavoratori che fanno del nostro comparto, cioè commercio turismo e servizi, la forza trainante dell’economia nazionale e il 70% del Pil. È chiaro che dobbiamo fare la nostra parte: è questo lo scopo della ricerca promossa dal nostro ente bilaterale Ebiter e realizzata dalla Fondazione per la Sussidiarietà su un ampio campione di imprese e lavoratori del comparto di Forlì e Cesena. Come ha spiegato il professor Vittadini nelle conclusioni, compito di un corpo intermedio è tradurre i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile in azioni concrete e collaborazione tra soggetti. L’indagine indica pertanto una linea “politica” utile a definire nuovi compiti e obiettivi: l’investimento sulla loro funzione ideale e culturale, educativa e formativa, è il lavoro cui sono chiamati tutti i rappresentanti di un’associazione.



In concreto, come tradurrete questi indirizzi generali?

Dobbiamo lanciare messaggi alla politica e provocarla a prendere i provvedimenti necessari: incidere sulla tassazione diretta e indiretta e sul cuneo fiscale, elaborare soluzioni per un nuovo welfare, valorizzare le eccellenze territoriali, preservare il contesto ambientale e paesaggistico, rivitalizzare gli spazi urbani, integrare le filiere tra i diversi servizi locali.

Qual è allora la vostra visione di sviluppo sostenibile?

Nel decennio 2008-2018, secondo l’Istat, si sono persi in Italia 972mila posti di lavoro, con il crollo dell’industria e la forte riduzione del terziario e dell’agricoltura. L’unico settore che ha registrato un incremento, più di 470mila nuovi occupati, è stato il comparto del commercio, turismo e servizi. Ebbene: gli obiettivi di sviluppo della più importante industria del Paese, che è la filiera turistica, coincidono perfettamente con i tre paradigmi dello sviluppo sostenibile contenuti nell’Agenda 2030, cioè il livello economico, sociale e ambientale. Sappiamo bene che, per avere successo, l’economia turistica deve tenere insieme questi tre aspetti.



Quali sono le partite da giocare, per gli imprenditori del settore?

Lo sviluppo sostenibile del commercio e del turismo diventa una questione vitale se collocata nell’ambito di un processo di innovazione imprenditoriale e di ricambio generazionale. Certamente l’avvento del commercio elettronico ha rappresentato un fattore dominante: sono cambiate le dinamiche di consumo, il modo di orientarsi nell’offerta e di approvvigionarsi. Dagli anni Duemila a oggi e sempre di più nei prossimi anni, il commercio va pensato come attività di servizio allo sviluppo del territorio, quindi mettendo a punto modelli di interrelazione alla filiera turistica, che include tutto ciò che diventa fattore di attrazione per il turista: cultura, arte, paesaggio, qualità di vita, buon cibo e buon bere. Però il nostro settore ha una caratteristica unica: rappresenta un presidio e una tradizione.

Cosa intende?

È un presidio del territorio perché è un punto saldo per la collettività, anche in termini di sicurezza; ed esprime una tradizione, in quanto spesso collocato in piccoli centri e borghi storici, contribuendo al racconto esperienziale di ciò che quel territorio è stato e continua a essere anche in termini culturali. Teniamo presente che un territorio a fortissima vocazione turistica, come la Romagna, è costituito in prevalenza da piccoli comuni e frazioni in cui queste attività hanno ruolo centrale per quanto riguarda l’aggregazione sociale, la vivibilità e la sostenibilità economica di intere popolazioni.

In questo senso che impatto avrà il protocollo d’intesa tra Anci e Confcommercio per la rigenerazione urbana, fortemente voluto dal presidente Sangalli?

È fondamentale perché promuove accordi tra il nostro sistema territoriale e le amministrazioni locali per progetti che valorizzino il commercio come parte integrante dello sviluppo e dell’identità urbana, dai centri storici al “rammendo” delle periferie. Il presidente Sangalli ha ribadito con forza come proprio il tema della qualità urbana sia sempre più un tema centrale per la quota crescente di popolazione che vivrà in città e per la rilevanza imprescindibile dei temi della sostenibilità. Il protocollo Anci Confcommercio avrà un impatto di “innovazione reale”, portando questa nuova cultura tra i piccoli imprenditori e i lavoratori del comparto.

Il tema della sussidiarietà vi tocca quindi molto da vicino…

Qui c’è un bel lavoro da fare, che riguarda sia la politica, sia il ruolo degli organismi intermedi. Tutto ciò che si può far gestire al privato, può e deve essere affidato a chi opera come imprenditore, non solo nel profit ma anche nel sociale, magari anche in una logica di compartecipazione tra pubblico e privato. Ci sono meccanismi da rivedere, come l’organizzazione e la programmazione delle attività mercatali, perché appartengono in buona parte al passato e possono essere rivisti anche alla luce dei nuovi costumi e consumi. Ma una cosa è certa: se si mortificano le realtà sociali, se si smaterializza l’intermediazione politica rappresentata dai corpi intermedi, in qualche modo si fa harakiri perché non si valorizzano coloro che potrebbero essere portatori di risposte nuove per il futuro.

(Daniele Garavaglia)