Nell’audizione alla Commissione bilancio della Camera sulla manovra tenutasi ieri, Roberto Gualtieri ha detto che la Legge di bilancio farà scendere la pressione fiscale: “Si riduce di 7,1 miliardi rispetto all’anno precedente. Risultati ancora più significativi tenendo conto dei tempi strettissimi a disposizione”, ha aggiunto il ministro dell’Economia, che ha anche annunciato per i primi mesi del 2020 l’avvio di una riforma dell’Irpef “per un fisco semplice e trasparente”. Secondo Gualtieri, poi, “guardando all’economia italiana si registrano alcuni primi segnali incoraggianti”.  «Non so quanto possa essere incoraggiante passare dallo 0% allo 0,2% di crescita», è il commento di Mario Baldassarri, che ha curato la Nota di aggiornamento al XIII Rapporto sull’economia italiana del centro studi EconomiaReale, da lui presieduto, che è stata presentata mercoledì a Roma.



Professore, quali sono le vostre stime sulla crescita?

Le nostre previsioni indicano una crescita del Pil dello 0% quest’anno, dello 0,2% nel 2020 e dello 0,5% nel 2021. Si tratta di stime inferiori a quelle del Governo, come pure avviene nel caso dell’inflazione. Tutto questo si traduce in un Pil nominale inferiore alle attese e in un conseguente aumento dei rapporti deficit/Pil e debito/Pil. Su questa base tendenziale abbiamo poi misurato gli effetti dei provvedimenti contenuti nella Legge di bilancio 2020.



E che cosa è emerso?

Dalle nostre simulazioni risulta che la Legge di bilancio produce un impatto del -0,2% sulla crescita del 2020 e del +0,1% su quella del 2021 e del 2022: in totale un effetto zero sulla crescita del triennio.

La manovra non ha quindi un impatto espansivo come ha detto Gualtieri…

Questo è il meno, perché a fronte di questo impatto sull’economia reale si pongono elementi di rischio in termini di andamento della finanza pubblica. Il rapporto deficit/Pil sarebbe infatti pari al 2,5% nel 2020, superiore all’obiettivo del 2,2%, e scenderebbe sotto il 2% soltanto nel 2022. Ma sul deficit 2021 e 2022  sono calcolate entrate per aumento delle clausole di salvaguardia per un totale di 47 miliardi di euro. Senza aumento Iva il deficit sarebbe ben oltre il 3% sia nel 2021 che nel 2022. Il rapporto debito/Pil, invece, salirebbe dal 133,2% di quest’anno al 134,5% del 2020 e, senza aumenti Iva, andrebbe verso il 136%.



Numeri che creeranno dei problemi con la Commissione europea.

Più che altro rappresentano una dichiarazione masochista del Governo sulla non sostenibilità del debito pubblico: prima ancora delle valutazioni della Commissione europea o della firma del Mes, è lo stesso esecutivo a dire con i numeri che l’anno prossimo aumenterà il rapporto debito/Pil.

La pressione fiscale diminuirà grazie alla manovra, come ha ricordato il ministro dell’Economia?

Non ci sarà alcun calo della pressione fiscale, che anzi aumenterà dal 42% al 42,6%. Senza dimenticare che tra il 2021 e il 2022 ci sono 47 miliardi di nuove clausole di salvaguardia su Iva e accise da disinnescare. Eliminarle vuol dire portare il deficit/Pil sopra il 3,3% e il debito/Pil al 136%.

Gualtieri ha anche annunciato per l’anno prossimo l’avvio di una riforma dell’Irpef. Cosa ne pensa?

Quella del ministro appare come un’idea, un titolo. Noi invece abbiamo avanzato una proposta concreta per una riforma dell’Irpef a tre aliquote con riduzioni di imposte sui redditi medio bassi di circa 30 miliardi di euro con pari copertura da ottenere con un taglio delle tax expenditures, dagli attuali 80 miliardi a circa 50, mantenendo le deduzioni e le detrazioni più rilevanti per famiglie e lavoratori. E abbiamo anche una proposta per le imprese.

Di che cosa si tratta?

Si può tagliare il cuneo fiscale o azzerare l’Irap riducendo di 30 miliardi i fondi perduti in conto capitale e in conto corrente. Liberare queste risorse permetterebbe anche di aumentare gli investimenti pubblici di almeno 10 miliardi. 

(Lorenzo Torrisi)