Giuseppe Conte continua a difendere la Legge di bilancio che il Governo ha predisposto e che dovrà ora approvare in maniera definitiva prima di trasmetterla alle Camere e a Bruxelles. Al Corriere della Sera il Premier ha detto che si tratta di “una manovra coraggiosa, nel segno della crescita pur avendo risorse limitate”. Tuttavia lo stesso esecutivo riconosce che il Pil l’anno prossimo crescerà dello 0,6%. Anche se, secondo Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, le cose potrebbero anche andare peggio: «Il Pil italiano non supererà lo 0,5% per tre-quattro anni».



Professore, partiamo dalla Legge di bilancio: per il Premier è espansiva, per alcuni commentatori invece non lo è. Lei cosa ne pensa?

A me sembra una manovra molto realistica. La si può anche criticare, ma dal punto di vista macroeconomico aveva un obiettivo principale: evitare l’aumento dell’Iva e un conseguente crollo dei consumi. Disinnescate le clausole di salvaguardia, con le risorse disponibili non si può fare molto se non anticipare interventi cari ai partiti della maggioranza, che verranno ampliati se emergeranno nuove disponibilità, ma che nel breve periodo non incideranno di certo.



C’è chi dice che si potrebbe eliminare Quota 100 per trovare delle risorse…

Si sarebbe potuto studiare un intervento pensionistico diverso, meno costoso e mirato su chi ha più bisogno di andare in pensione e con le risorse risparmiate varare un taglio del cuneo fiscale imponente. Questo Governo ha però elementi di continuità con il precedente e non può intervenire in maniera draconiana su Quota 100. I cittadini che avrebbero avuto più bisogno di una qualche forma di uscita pensionistica anticipata, facendo per esempio lavori usuranti, non hanno beneficiato di questa misura che a regime ha un costo doppio rispetto all’erogazione annua degli 80 euro, che raggiungono però 10 milioni di persone.



Dobbiamo allora rassegnarci a una crescita del Pil stimata dal Governo nello 0,6%?

È chiaro che vedendo una crescita del Pil così bassa si chiedano politiche espansive, ma non dobbiamo dimenticare che si stanno disinnescando le clausole di salvaguardia, altrimenti la situazione sarebbe peggiore, con una decrescita del Pil. Bisognerebbe avere il coraggio di fare un’operazione verità per dire che abbiamo avuto un ciclo positivo, che sarebbe anche potuto durare di più, ma sono state sprecate delle risorse tra il 2018 e il 2019. Certo, è inutile piangere sul latte versato, però ora bisogna dire chiaramente che non ci sono i soldi per fare delle politiche espansive, come quelle che vengono immaginate in questi giorni da diversi editorialisti. Io le dico che il Pil italiano non supererà lo 0,5% per tre-quattro anni. Allora quello che bisognerebbe fare è concentrarsi sulle riforme di sistema.

Può spiegarsi meglio?

Visto che la crescita non ci sarà, i politici si mettano intorno a un tavolo e vedano di mettere ordine, per esempio, alle procedure autorizzative richieste alle imprese. Oggi per aprire uno stabilimento in un altro Paese europeo ci vuole meno di un mese, mentre in Italia servono una serie di autorizzazioni e di permessi che coinvolgono diversi enti, a diversi livelli: cosa che oltre a richiedere tempo può portare anche a uno stop autorizzativo perché può esserci il timore da parte di un amministratore pubblico di finire poi incriminato. Questo sistema è stato denunciato più volte anche da Sabino Cassese e deriva dalla sovrapposizione incredibile di veti e controveti, di leggi che non si capiscono.

Ha in mente altre riforme che possono aiutare la crescita?

Si può intervenire sui tempi della giustizia o fare in modo che le esplorazioni petrolifere non siano bloccate a priori, quando magari poi, come accaduto, arriva un nostro Paese confinante a farle nella stessa zona dell’Adriatico scoprendo un giacimento. I politici si siedano intorno a un tavolo e decidano cosa si può fare per sbloccare questi colli di bottiglia aiutando così anche gli investimenti esteri: bisogna convincere le multinazionali che non buttano soldi in un pozzo nero senza sapere che tipo di ritorno avranno dagli investimenti. Mi lasci poi dire una cosa importante.

Prego.

Nonostante tutti ora riconoscano, e ne sono contento visto che mi batto da anni perché ciò avvenga, che siamo la seconda manifattura d’Europa, nessuno si preoccupa di disboscare la foresta di leggi che oggi rischiano di far andare le nostre imprese nell’illegalità nel trattare i rifiuti e gli scarti industriali. Le nostre imprese di fatto non sanno come gestirli perché ci sono troppe leggi che si sovrappongono o che non sono chiare.

Questi cambiamenti sono possibili considerando che nella maggioranza di Governo c’è il Movimento 5 Stelle?

Ultimamente M5s ha mostrato un atteggiamento diverso rispetto al passato. Secondo me può essere più facile convincere anche qualcuno che ha la testa dura che occorre un cambio di passo se si riesce a fargli capire che intervenire su questi punti può contribuire ad aumentare la produttività e quindi a portare un po’ più di crescita nel Paese.

All’inizio ha parlato di come disinnescare clausole di salvaguardia abbia richiesto ingenti risorse, lasciandone poche per la crescita. Cosa dobbiamo aspettarci l’anno prossimo che ce ne sono per oltre 28 miliardi?

Se noi ci comportiamo come un Paese che riesce a dialogare in maniera civile con l’Ue, se lo spread continua a scendere e il rifinanziamento del debito diventa meno costoso, se la Commissione porterà avanti un discorso di riforma delle attuali regole europee su debito e deficit non è detto che le clausole di salvaguardia durino ancora a lungo, visto che sono a garanzia del rispetto del Fiscal compact. Potrebbe essere rimandato nel tempo il raggiungimento degli obiettivi del Fiscal compact, potrebbe esserci un “congelamento” per due-tre anni. Cominciamo a passare l’inverno e poi vedremo.

(Lorenzo Torrisi)