Per il Governo la proposta di Legge di bilancio 2024 mette in sicurezza i conti pubblici in un momento estremamente delicato dell’economia e destina le risorse rese disponibili, con un incremento limitato del deficit, ai provvedimenti finalizzati a sostenere i redditi medio bassi da lavoro e da pensione. Per le opposizioni la manovra è caratterizzata da provvedimenti limitati nel tempo, che non rispondono al complesso dei fabbisogni di spesa sociale, e all’esigenza di stimolare la crescita economica. Entrambe le valutazioni sembrano confortate da solidi argomenti e da riscontri nella realtà. Ma sono le stesse utilizzate da molti anni a questa parte dalle maggioranze parlamentari di turno quando devono fare i conti con il principio di realtà che le costringe a ridimensionare le promesse elettorali, e dalle opposizioni che fanno finta di non aver governato in precedenza utilizzando i medesimi comportamenti.



Questa lettura può sembrare semplicistica se si tiene conto della complessità degli avvenimenti internazionali che hanno condizionato le scelte di politica economica dei singoli Paesi. E che offrono un alibi poderoso per giustificare l’accantonamento delle promesse di ridurre le tasse e di aumentare le prestazioni sociali.Ma le principali cause della bassa crescita dell’economia e dei redditi sono per la gran parte il frutto degli approcci culturali inadeguati e delle mancate riforme che hanno portato il nostro Paese a sprecare le risorse disponibili. Con esiti che comportano effetti depressivi sulla crescita dell’economia e una serie di conseguenze sociali, a partire dal declino demografico, che fanno sorgere seri dubbi sulla possibilità di invertire la rotta.



Negli anni recenti, la soluzione di tutti i problemi è stata affidata all’aumento della spesa pubblica con il supporto degli interventi a basso costo promossi dalla Banca centrale europea. Per importi che sono risultati superiori anche ai fabbisogni legati all’emergenza sanitaria. L’inflazione a due cifre ci ha riportato rapidamente alla realtà. A prendere atto che i Paesi più indebitati devono, e dovranno anche nel futuro, destinare ingenti risorse per remunerare i finanziatori del debito pubblico. Nel caso italiano, la sostenibilità dipende da una crescita stabile dell’economia non inferiore al 2% annuo.



Un obiettivo estremamente complicato per un Paese che deve fare i conti con il declino demografico della popolazione, della riduzione della natalità difficile da rimontare per via dell’analoga riduzione del numero delle donne fertili che possono generare figli, e della perdita di 5 milioni di persone in età di lavoro nel corso dei prossimi 15 anni. Potrebbe essere l’occasione per inserire al lavoro una buona parte dei 4 milioni di disoccupati e inattivi disponibili a lavorare, ma nel contempo le imprese faticano a trovare persone coerenti con i profili richiesti per quasi la metà dei fabbisogni. Nessuna economia sviluppata è in grado di crescere in coincidenza del declino della popolazione, di un basso tasso di occupazione e di un elevato mismatch tra la domanda e l’offerta di lavoro.

L’invecchiamento della popolazione comporta un aumento esponenziale della spesa sanitaria e assistenziale, in particolare per sostenere la componente delle persone non autosufficienti. Ma l’incremento della spesa sociale continua a essere egemonizzato da quella per le pensioni per rimediare il divario crescente tra i contributi versati dalle imprese e dai lavoratori e le rendite pensionistiche erogate. Lo sbilanciamento è destinato ad aumentare, oltre gli attuali 90 miliardi l’anno, per far fronte all’adeguamento del valore reale di quelli esistenti (circa 20 miliardi nel 2023), alla riduzione dei contributi sulle buste paga dei lavoratori dipendenti (cuneo fiscale), all’incremento di 2,5 milioni di pensionati aggiuntivi entro il 2040 per l’uscita dal mercato del lavoro delle generazioni del baby boom. Un’ipoteca che esclude qualsiasi possibilità di destinare la nuova spesa sociale per rispondere ai nuovi fabbisogni di spesa sanitaria e assistenziale. La crescita della spesa privata familiare è in corso da diversi anni per far fronte alle prestazioni sanitarie indispensabili con gli inevitabili riflessi negativi per le famiglie meno abbienti e per i territori svantaggiati.

Le Leggi di bilancio, compresa la proposta recente, sono costrette di anno in anno a tamponare le falle con provvedimenti provvisori che vengono finanziati con balzelli fiscali di varia natura sui redditi da lavoro medio alti e con la mancata rivalutazione delle rendite pensionistiche superiori ai 2.500 euro lordi mensili. È il modello italiano della redistribuzione del reddito a somma zero che abbiamo descritto in un recente articolo, fondato sull’aumento del ruolo dello Stato nell’intermediazione delle risorse da destinare al sostegno dei redditi delle persone che non lavorano, nei tempi recenti anche dei salari, per supplire alla mancata crescita della produttività del sistema economico.

Alcuni segnali positivi per contrastare questa deriva si intravedono nei provvedimenti legislativi adottati negli ultimi due anni con l’introduzione e il potenziamento dell’assegno unico per i figli e la riforma del Reddito di cittadinanza nella direzione di sostenere le famiglie povere numerose e di incentivare la partecipazione alle politiche attive del lavoro. La proposta di Legge di bilancio 2024, mette finalmente la parola fine alle promesse di anticipare ulteriormente l’età di pensionamento. Ma le condizioni per rendere sostenibile una crescita economica nel medio lungo periodo dipendono essenzialmente da un incremento consistente del numero assoluto degli occupati (e dei contribuenti fiscali), degli investimenti e della produttività. La precondizione per poter conseguire questi obiettivi è quella di aumentare i livelli di utilizzo produttivo del risparmio privato (equivalente a 4 volte il Pil annuale), delle tecnologie e delle risorse umane che sono già disponibili e di far diventare attrattivo il nostro Paese per l’ingresso di nuovi capitali e di lavoratori qualificati.

È un modo diverso di leggere la realtà, le cause del declino economico, il rapporto tra le istituzioni pubbliche e la società civile. La condizione indispensabile per mobilitare le energie nella giusta direzione.

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