Dopo una maratona notturna, la commissione Bilancio del Senato ha approvato ieri mattina la Legge di bilancio senza stravolgimenti rispetto al testo iniziale: è cambiata, secondo le indicazioni del Governo, la norma relativa alle pensioni dei medici e di alcuni dipendenti publici; Forza Italia ha ottenuto una piccola modifica relativa all’aumento della cedolare secca che resta al 21% solo per gli affitti brevi della prima casa, ma non la variazione richiesta sulle ristrutturazioni edilizie con il superbonus 110%.



Per l’Esecutivo si tratta di un risultato importante, perché, come ricorda Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, «deve trasmettere fiducia ai mercati, assicurando che non si andrà oltre i limiti di spesa già indicati. Non penso che per il ministro dell’Economia Giorgetti sia stato semplice far fronte alle tante richieste dei partiti della maggioranza, ma finora se l’è cavata bene. E penso che se la caverà ancora bene perché i venti che soffiano sull’economia non sono così negativi come la maggior parte degli osservatori pensavano fino a qualche mese fa».



A che cosa si riferisce?

In tanti pensavamo che finita l’estate ci sarebbe stata una recessione, ma così non è stato. Secondo me, tra i motivi per cui le previsioni finiscono per risultare pessimistiche c’è un probabile aumento del sommerso, che consente una tenuta della domanda in periodi come quello attuale delle festività. A questo punto, se ci sarà un arresto dell’economia lo vedremo da febbraio in poi.

Di fatto si sta riuscendo a spostare in avanti quello che dovrebbe essere il momento di svolta negativa dell’economia…

Sì, un fattore negativo da non trascurare potrebbe essere rappresentato da un’eventuale prolungata debolezza della Germania, non solo per il livello di integrazione dei settori industriali, ma anche per i flussi turistici che storicamente vedono l’Italia tra le mete preferite dei tedeschi.



Intanto la scorsa settimana ci sono state le ultime decisioni dell’anno da parte di Fed e Bce: i tassi sono rimasti invariati, ma i mercati guardano già a un loro taglio visto che l’inflazione continua a scendere. Da Lagarde e Powell, però, sono arrivati messaggi tesi a far capire che non è detto che ciò avvenga. Cosa ne pensa?

È una situazione dannatamente difficile da inquadrare, perché ci sono troppi fattori non economici in gioco. I mercati ogni tanto si concentrano soltanto su se stessi, ma per un Banchiere centrale occorrerebbe qualche minima certezza sull’evoluzione dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente, oltre che su come andranno le elezioni europee e poi americane, prima di poter prendere una decisione importante sui tassi. In ogni caso non va dimenticato che nel breve periodo una riduzione di mezzo punto degli interessi non può bastare da sola a far sì che arrivino piani di investimento a lungo termine da parte delle imprese. Per quelli bisognerà attendere.

La Bce, oltre a lasciare i tassi invariati, ha optato per una riduzione, dalla seconda metà del 2024, del reinvestimento di titoli di stato detenuti e arrivati a scadenza. Come mai ha deciso di adottare questa misura restrittiva?

La Bce ha bisogno di essere più restrittiva della Fed perché i fattori esterni all’economia incidono più sull’Europa che sugli Usa. Per citarne uno, basti pensare che i soldati russi sono a poche centinaia di chilometri dai confini europei, non c’è un oceano di mezzo.

Intanto in Europa non ci si riesce a mettere d’accordo sulla riforma del Patto di stabilità. Cosa pensa di questo stallo?

Credo che al tavolo delle trattative in tanti abbiano in mente le vicissitudini passate della Grecia. E se accadesse qualcosa di simile all’Italia il problema sarebbe di una magnitudo differente.

Sostanzialmente si sta portando avanti questa trattativa guardando a quello che potrebbe succedere al debito pubblico italiano?

È il non detto, ma che di fatto tutti sanno. A livello ufficiale più di tanto non si può dire. Non dimentichiamo che fino al mese scorso si temeva il giudizio di Moody’s sul rating del nostro Paese. E questo timore credo che si ripresenterà l’anno prossimo.

Non avrebbe senso rinviare la decisione sulla riforma del Patto di stabilità a dopo le elezioni europee?

Penso che si arriverà a questo. Oppure si raggiungerà una sorta di decisione da confermare dopo il voto. O meglio in autunno, se consideriamo i tempi tecnici necessari all’insediamento della nuova Commissione.

(Lorenzo Torrisi)

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