La Legge di bilancio ha iniziato il suo iter parlamentare e a mostrare insoddisfazione non ci sono solo le opposizioni, ma anche i sindacati e Confindustria, il cui Presidente Bonomi ha parlato di una manovra senza visione. Giorgia Meloni, intervistata dal Corriere della Sera, ha spiegato, invece, che “avevamo poche risorse e abbiamo deciso dove concentrarle. Emergono priorità e una visione: crescita economica e attenzione al lavoro, a partire dalla messa in sicurezza del sistema produttivo a fronte del caro energia”.
Secondo Nicola Rossi, professore di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata e membro del cda dell’Istituto Bruno Leoni, «a un mese dall’insediamento del Governo e a poche settimane dalla scadenza per consegnare la Legge di bilancio in Europa, credo che onestamente non fosse né prevedibile, né possibile fare diversamente o meglio di quanto è stato fatto».
La maggior parte delle risorse è usata, però, per i provvedimenti contro il caro energia, che durano fino a fine marzo. C’è il rischio che da aprile si debbano cercare nuove risorse per varare nuovi sostegni.
Questo è ciò che è accaduto durante tutto quest’anno, quindi non mi meraviglia. Certo, arrivati in primavera si porrà una serie di problemi che bisognerà superare e credo che per allora avremo ulteriori informazioni utili allo scopo, come l’andamento del conflitto e dei prezzi dei prodotti energetici e la posizione dell’Europa su questo fronte. Non mi sembra, quindi, irragionevole che siano stati approvati dei provvedimenti che durano solo fine alla fine di marzo.
Servirebbe, quindi, anche una posizione più chiara dell’Europa, dopo mesi di attesa…
Come vediamo nel caso del price cap sul gas, dopo mesi si è ancora a una fase di discussione e ciò perché gli interessi dei Paesi sono diversi. Siamo di fronte a uno di quei casi in cui la presenza di interessi diversi porta a uno stallo. E questo certo non fa bene a nessuno. Spero che questo stallo si possa superare al più presto.
Sarà importante anche vedere se l’inflazione continuerà a crescere. Lei cosa si aspetta?
Quello dell’inflazione è un problema serio, perché ci mette molto tempo a formarsi, ma una volta che si materializza nel sistema economico liberarsene richiede ancora più tempo. Siamo ancora nel pieno dell’ondata e credo che le cose da fare siano quelle che molto in ritardo ha fatto la Bce. Ripeto, molto in ritardo, perché riportare i tassi di interesse alla normalità andava fatto molto prima, ben prima della pandemia, tra il 2016 e il 2017, quando le condizioni consentivano di farlo. Non si stanno praticando oggi politiche restrittive, perché abbiamo tassi di interesse reali ampiamente negativi: si sta portando alla normalità il prezzo per il rischio. Si è iniziato a farlo tardi e quindi ci costerà di più, nel senso che produrrà conseguenze negative maggiori di quanto non sarebbe avvenuto se ci si fosse mossi per tempo.
I singoli Stati cosa possono fare contro l’inflazione?
Dovrebbero evitare di condurre le politiche di bilancio scriteriate degli ultimi tempi in cui abbiamo assistito a una corsa a chi spendeva di più. Credo che sia molto saggio quello che è stato fatto in occasione di questa Legge di bilancio, cioè tenere un comportamento prudente, disciplinato dal punto della finanza pubblica. Non che non ci siano misure in deficit anche questa volta, ma credo che il disavanzo sia stato limitato veramente al minimo indispensabile.
La manovra è stata accusata di essere iniqua. Cosa ne pensa?
Per circa due terzi, la manovra è composta dagli interventi contro il caro energia, che sono di fatto il rinnovo di quelli già messi a punto dal precedente Esecutivo. Del restante terzo, la parte principale è rappresentata dagli interventi relativi al costo del lavoro, anch’essi perlopiù mutuati dal Governo precedente e riservati alle categorie più deboli. Se dovessi trovare un elemento di iniquità probabilmente lo potrei vedere nell’ampliamento della flat tax per le partite Iva, ma stiamo parlando di una misura piuttosto piccola rispetto alla manovra nel suo complesso. Se invece si immagina che l’iniquità sia nell’intervento sul Reddito di cittadinanza, a essere sinceri io trovo invece che quell’intervento sia equo.
Perché?
Perché non è accettabile che si pongano sullo stesso piano persone che potrebbero lavorare e per diversi motivi, fra cui anche le maglie troppo larghe della norma sul Reddito di cittadinanza, invece non lo fanno, e persone che effettivamente non sono in grado di lavorare.
La manovra è stata però criticata, oltre che dalle opposizioni, dai sindacati e da Confindustria…
Mi pare di capire che la manovra sia stata accusata di essere priva di visione. Francamente penso che qui ci sia un grosso problema di prospettiva. Non sono sicuro che le cose stiano esattamente come le sto per dire, ma la mia sensazione è che questa manovra abbia probabilmente molta più visione delle precedenti.
In che senso?
Nel senso che se la scelta della prudenza e della disciplina è una scelta politica, strategica di fondo, allora dovremo riconoscere che questa manovra certamente ha una visione. Può piacere o non piacere, può essere condivisa o meno, ma c’è. Se è così lo capiremo comunque presto dai prossimi atti del Governo.
Intanto si parla di un’addizionale Ires del 50% per le imprese energetiche in vigore per il 2023, una sorta di nuova Robin Tax. Quella del 2008 fu giudicata incostituzionale. Si rischia di avere un problema analogo?
C’è da vedere come effettivamente funzioni. Probabilmente avranno risolto i problemi tecnici dell’intervento precedente. Il punto importante di un intervento di questo tipo è che si vogliono tassare gli extraprofitti delle società energetiche, ma francamente penso sia complicato trovarne un’esatta definizione.
Intanto la riforma fiscale avviata nella precedente legislatura non è andata in porto e nella manovra non si interviene molto sulla materia.
L’ampliamento della flat tax sulle partite Iva va nella direzione seguita negli ultimi anni, anzi dovrei dire decenni, cioè quella di interventi spot che contribuiscono a rendere ancora più ingestibile, più complicato e meno comprensibile il sistema fiscale. Spero, quindi, che sia solo il punto di partenza per una riforma complessiva del fisco di cui c’è effettivo bisogno.
Resta convinto che la flat tax sia un traguardo raggiungibile e positivo?
Se stiamo parlando della flat tax propriamente detta, cioè un’imposta ad aliquota unica con una no tax area opportunamente definita, su tutti i redditi, inclusi quelli da lavoro e da pensione, continuo a pensare che sia una cosa ragionevole, una possibilità interessante, soprattutto in una prospettiva di ridefinizione complessiva del sistema fiscale. Continuo a pensarlo perché resto convinto che la vera ridistribuzione si fa sul lato della spesa e non su quello del fisco.
(Lorenzo Torrisi)
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