Dai verbali dell’ultima riunione del Fomc della Fed pubblicati mercoledì emerge che un’ampia maggioranza dei membri ritiene “probabilmente appropriato” un taglio dei tassi d’interesse alla prossima riunione in programma il 18 settembre. Nel frattempo il Dipartimento del Lavoro ha reso noto che l’economia statunitense, nei dodici mesi terminati lo scorso marzo, ha creato quasi il 30% in meno dei posti di lavoro rispetto alle previsioni, il che rafforza l’opinione che la banca centrale americana taglierà presto i tassi. Del resto, come ci spiega Domenico Lombardi, professore di Politiche economiche e Governance dell’Eurozona alla Luiss, di cui dirige il Policy Observatory, “dagli stessi verbali emerge che già a luglio qualche membro del Fomc era pronto a tagliare i tassi, mentre la vasta maggioranza preferiva aspettare la riunione successiva, il che avvalora l’ipotesi che il mese prossimo si procederà in tale direzione. Quello su cui i mercati e gli analisti si stanno ora interrogando è altro”.



A che cosa si riferisce?

I mercati cercheranno di capire dalle parole che il Presidente della Fed Powell pronuncerà a Jackson Hole quale sarà la velocità di riduzione dei tassi. Prima del 18 settembre saranno disponibili nuovi dati sul mercato del lavoro che verranno attentamente analizzati. Al momento, si nota un suo leggero raffreddamento, che tuttavia non segnala una recessione. Questo, unitamente alla stabilizzazione del quadro inflattivo, contribuisce a giustificare l’avvio del ciclo di riduzione dei tassi.



A settembre anche la Bce dovrebbe ridurre i tassi. Questa situazione di allentamento della politica monetaria potrà aiutare anche i conti dell’Italia visto che, come ha ricordato il Governatore di Bankitalia Panetta al Meeting di Rimini, nel nostro Paese la spesa per gli interessi sul debito supera quella per l’istruzione?

Sicuramente rappresenta un elemento di facilitazione, ma non bisogna trascurare il fatto che presumibilmente la Bce non abbasserà i tassi con lo stesso ritmo che ha seguito quando li ha alzati. Infatti, le aspettative che sinora sono state veicolate dai membri del Consiglio direttivo dell’Eurotower, in particolare dalla Presidente Lagarde, lasciano pensare che la riduzione dei tassi non seguirà ogni riunione. Quindi, se a settembre ci sarà un taglio, non è detto che nelle successive adunanze del Consiglio direttivo ne seguiranno altri.



Per il Governo non sarà, quindi, semplice mettere a punto la Legge di bilancio…

Sarà un autunno particolarmente importante per l’Esecutivo, perché nella Legge di stabilità si misurerà la coerenza e la sostenibilità delle misure introdotte sinora, che sono state indirizzate in particolare verso i soggetti più vulnerabili della società e del mercato del lavoro. Rifinanziare queste misure implica degli oneri significativi e su questo si giocherà la credibilità del Governo. Attraverso la manovra si definiranno anche con maggior precisione gli equilibri all’interno della maggioranza, perché in un quadro di risorse scarse ogni partito spingerà per introdurre o difendere alcune misure piuttosto che altre, pertanto il ministro dell’Economia sarà chiamato a svolgere anche un lavoro di diplomazia finanziaria non irrilevante.

Più della manovra, che riguarda il 2025, non sarà importante il Piano strutturale di bilancio (che dovrà essere presentato tra meno di un mese), visto che dovrà indicare la strada anche per gli anni successivi?

È proprio così. In questo documento bisognerà definire il sentiero della spesa pubblica in un orizzonte di medio termine. E non è un compito facile. Tuttavia, consentirà al Governo di comunicare un’idea più chiara agli stakeholders, alle parti sociali, ai mercati, di quale sia la sua strategia per la stabilizzazione del debito e del quadro di finanza pubblica in un orizzonte almeno quinquennale. L’Esecutivo dovrà definire anche quali saranno le riforme che vorrà continuare a finanziare e introdurre, soprattutto con un occhio alla crescita, che rappresenta la variabile chiave per stabilizzare la finanza pubblica.

Si tratta di un documento che dovrà essere discusso con la Commissione europea uscente…

Sì, presumibilmente la nuova Commissione dovrebbe insediarsi a novembre e la sua composizione dovrebbe subire delle variazioni, il che potrebbe creare qualche elemento di frizione. L’importante, tuttavia, è definire un piano di medio periodo di aggiustamento della finanza pubblica e di riforme che l’Italia dovrà perseguire. E il ministro dell’Economia ci sta già lavorando. Oltre alla Commissione europea, andranno date anche indicazioni chiare ai mercati. In questo senso saranno importanti le scadenze relative ai giudizi delle società di rating.

I giudizi di Fitch e Standard & Poor’s sono attesi per il 18 ottobre, mentre quello di Moody’s il 22 novembre.

Al di là delle scadenze comunitarie, l’Italia, essendo un Paese ad alto debito, è chiamata a porre una grande attenzione al quadro di finanza pubblica, poiché la principale priorità è rifinanziare il debito a costi sostenibili. Come sappiamo, le agenzie di rating hanno un potere di condizionamento sui mercati non trascurabile. È auspicabile una conferma delle valutazioni già formulate in primavera ed è pertanto fondamentale mantenere una politica fiscale iper prudenziale.

Subito dopo le elezioni europee, il nostro spread ha risentito della situazione politica francese, che non sembra ancora essere risolta. Potremmo subire un qualche contagio in caso di nuove fibrillazioni relative a quel che avviene Oltralpe?

Assolutamente sì. Le questioni politiche ancora non sono state risolte in Francia e il suo quadro fiscale resta sfidante. Il modo migliore di autoassicurarsi rispetto ai rischi di contagio è mantenere una postura fiscale iper prudenziale e puntare sulle riforme per la crescita.

(Lorenzo Torrisi)

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