Se vogliamo essere sinceri e dirla proprio tutta si deve innanzitutto riconoscere che la “famiglia” è molto bisognosa, che i figli da sfamare sono tantissimi e che qualcuno di loro ha molta fame, che le necessità sono in continuo aumento e talvolta si presenta qualche bisogno non previsto. Che le aspettative sono alte e quindi è più facile che si faccia largo della insoddisfazione, che le entrate sono ritenute basse ed insufficienti da sempre e che si è abituati a spendere di più di quello che si guadagna, che qualche (forse improvvida) promessa ha fatto intuire un (poco probabile) sostanziale aumento di stipendio che ha indotto qualche figlio a spendere quello che non aveva ancora incassato.



Senza contare che negli ultimi anni (almeno due “manite”) la “famiglia” ha dovuto tirare la cinghia, e non poco, grazie ai governi di tutti i colori che si sono succeduti e che erano dotati di grosse forbici da cimatura delle siepi che hanno obbligato tutta la “famiglia” (e di più i figli più deboli) ad una significativa cura dimagrante. E’ logico che in questa situazione di difficoltà, di fronte a una svolta epocale a guida femminile la “famiglia” abbia intravisto delle opportunità, si sia prefigurata dei desideri e delle aspettative magari pure superiori alle proprie possibilità, confidando anche in qualche aiutino contabile (non il salario minimo ma l’affidamento all’aumento del deficit) e certamente sobillata da quegli sforbiciatori incalliti che hanno pensato bene di fare il salto della quaglia diventando strenui difensori e sostenitori dello spendere e spandere perché, come diceva un famoso comico savonese, “siamo tutti froci con il …. degli altri”.



Non stiamo parlando della famiglia senza virgolette, della famiglia (tradizionale o meno) con figli e possibilmente con redditi bassi, cioè della famiglia a cui il DDL Bilancio ha dedicato alcune delle sue misure, ma della “famiglia” che vive sotto il tetto del Servizio sanitario nazionale e del suo (da tutti ritenuto scarso) finanziamento. Il problema è che soldi non ce ne stanno, moneta non se ne può stampare, e per di più gli artifici contabili sono costosi (gli interessi sul debito) e quindi (come scrive il DDL) “La manovra di bilancio per il prossimo triennio 2024-2026 continuerà a essere orientata a princìpi di prudenza, cercando il giusto equilibrio tra l’obiettivo di fornire il sostegno necessario all’economia nell’immediato attraverso misure mirate, e quello di assicurare sia il rientro del deficit al di sotto della soglia del 3 per cento del PIL, sia un percorso di riduzione credibile e duraturo del rapporto debito/PIL”.



Inoltre la “famiglia” non è l’unica ad essere bisognosa perché famiglie da mantenere e sfamare ce ne sono molte altre: nell’attesa di un mago o di un prestigiatore che riesca a far quadrare il cerchio (gergale: trovare la quadra) “piuttosto che niente è meglio piuttosto”, soprattutto se questo “piuttosto” non son proprio spiccioli o monete e segna (o almeno segnala) una discontinuità col passato che può far ben sperare. Strana “famiglia” quella della sanità: più metti risorse a disposizione, più ne spendi, e più ne mancano, in una spirale di cui si fa fatica a vedere il fondo. Con una “famiglia” così bisognosa e numerosa, con tanti figli discoli, scavezzacollo e con le mani bucate, piena di aspettative e arsa dalla sete e dalla fame, ma anche spendacciona oltre misura, benchè perennemente indebitata, e dove i soldi non bastano mai, pure qualche goccia (in realtà molto di più di qualche goccia) non toglie la sete ma sicuramente allevia l’arsura, lenisce le ferite, e rende più felice (o meglio: meno infelice) la “famiglia”. Qualche boccone di pane non guarisce la fame, ma questo è probabilmente un obiettivo che va oltre le sue possibilità perché, se l’acqua non è sufficiente e il cibo manca per procurarli occorre pensare a qualche grande invenzione (una nuova ruota? Una moderna polvere da sparo che tappi il buco nell’ozono? la rinuncia ai combustibili fossili per passare ad altre forme di energia?).

Probabilmente la strategia di aggiungere qualcosa ogni anno, a volte di meno altre volte di più, anche se benvenuta sta mostrando la corda e manifesta tutta la sua insufficiente efficacia nel risolvere i problemi della “famiglia”, problemi che necessitano di un cambio di passo, di un altro tipo di cibo, di abbandonare l’idea del tagliando (è una macchina che ha già 45 anni di sopravvivenza) e degli interventi di corto respiro, ma deve pensare piuttosto ad una revisione complessiva, se non addirittura al cambio della macchina stessa. La scarsità di risorse può essere una motivazione sufficiente per innescare un profondo cambiamento, anche perché, se è vero che i soldi non sono tutto, bisogna allora fare lo sforzo di mettere sul tavolo quello che i soldi non possono dare.

Per gli amanti dei dettagli ecco le frasi che nel DDL parlano di sanità: “Per quanto concerne il pubblico impiego, vengono stanziate le risorse per i rinnovi contrattuali del personale delle amministrazioni statali, con particolare attenzione ai lavoratori del settore sanitario, per i quali è inoltre previsto un incremento della tariffa oraria potenziata per il triennio 2024-2026. Per tali finalità e per il periodo 2022-2024, le risorse ammontano a 5 miliardi l’anno a partire dal 2024, di cui 2 miliardi anticipati nel 2023, al quale si aggiungono 2,5 miliardi per il comparto salute. Nel settore della sanità si prevede l’incremento del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard di 3 miliardi per l’anno 2024, 4 miliardi per l’anno 2025 e 4,2 miliardi per il 2026 (confermando il livello della spesa sanitaria al 6,4% del PIL per gli anni 2024 e 2025) oltre a una quota di 300 milioni di euro destinati al finanziamento della sanità della regione Sicilia”.

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