Il Piano strutturale di bilancio ha ricevuto il via libera del Parlamento con la risoluzione della maggioranza. Nella sua audizione presso le commissioni Bilancio di Camera e Senato, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha dovuto riconoscere che, vista la revisione dell’Istat sui conti economici nazionali, non sarà semplice raggiungere una crescita del Pil pari al +1% come stimato dal Governo, ma, ricorda l’ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili, «ha anche evidenziato che le previsioni per il 2025 restano invariate al +1,2%. Detto questo, si tratta in ogni caso di tassi di crescita modesti, cui sta purtroppo contribuendo, come emerso dalle valutazioni rese pubbliche in questi giorni da Bankitalia e Upb, il Pnrr per via di ritardi nei lavori e di una spesa ancora ridotta rispetto ai fondi disponibili».



Insomma, il Pnrr non marcia come dovrebbe e questo potrebbe contribuire a non far centrare l’obiettivo di crescita di quest’anno…

Sì, ma non è un buon segnale anche per le prospettive di crescita dei prossimi anni. Occorre riprendere in mano il dossier e cercare di accelerare la messa a terra del Pnrr e molto dipenderà anche da chi sostituirà, e in che modo, il ministro Fitto, chiamato a diventare Commissario e Vicepresidente della Commissione europea: non è da escludere che la delega sul Piano nazionale di ripresa e resilienza che aveva possa essere spacchettata e distribuita tra altri ministeri.



Nella sua audizione, Giorgetti ha indicato quelle che sono le priorità del Governo in vista della Legge di bilancio: conferma del taglio del cuneo fiscale e della riduzione delle aliquote Irpef, interventi a sostegno delle famiglie con figli e della natalità, rinnovo dei contratti della Pa e maggiore spesa in sanità. Sarà, quindi, una manovra corposa.

Per quel che sappiamo oggi, come ordine di grandezza sarà simile a quella dello scorso anno, intorno ai 25 miliardi di euro, ma con una differenza importante: solo 9 miliardi a deficit, contro i 15 della precedente manovra. Oltretutto Giorgetti ha chiarito che il taglio del cuneo fiscale non inciderà più sul montante contributivo, in ossequio anche alle osservazioni pervenute in questi giorni, in particolare dalla Banca d’Italia, circa il rischio che la misura possa creare problemi all’equilibrio tra entrate e uscite previdenziali. Al momento non è poi chiaro se si darà seguito all’intenzione annunciata nei mesi scorsi dal viceministro Leo di intervenire sull’Irpef per favorire il ceto medio con redditi annui fino a 60.000 euro o se verrà ampliata la flat tax per i lavoratori autonomi.



È arrivato anche un chiarimento sul riallineamento delle accise sui carburanti.

Sì, il ministro dell’Economia ha spiegato che il riallineamento dovrebbe avvenire con un calo delle accise sulla benzina e un aumento di quelle sul diesel salvaguardando le agevolazioni per l’autotrasporto. Sarà invece interessante vedere se alla fine vi sarà o meno un aumento della spesa sanitaria in rapporto al Pil. Nel complesso, Giorgetti ha confermato l’impostazione di una politica sulla finanza pubblica molto responsabile e prudente, con dei punti fermi e nuovi.

Quali sono questi punti fermi? E quali quelli nuovi?

Punti fermi come la volontà di riportare il deficit/Pil sotto il 3% nel 2026 e far uscire quindi l’Italia dalla procedura d’infrazione in tempi brevi, a differenza di quello che è intenzionata a fare la Francia. Si tratta di un colpo in positivo per la credibilità del Paese rispetto a Bruxelles. Punti nuovi, come l’adeguamento delle rendite catastali per quanti hanno usufruito del Superbonus 110%.

Giorgetti ha spiegato che si tratta di una misura già prevista nella precedente Legge di bilancio.

È vero, ma non sempre le misure indicate in una manovra trovano poi un riscontro per così dire fattuale. Resta il fatto che la revisione dei valori catastali, ripetutamente richiesta dalla Commissione europea, è un tema sensibile nel centrodestra, quindi bisognerà vedere se ci sarà qualche mal di pancia nella maggioranza. In ogni caso questa scelta potrebbe rappresentare una simbolica chiusura della sciagurata vicenda del Superbonus.

Per gli interventi effettivi nella manovra molto dipenderà anche dalle entrate tributarie, che per il momento sembrano andare bene, visto che nei primi otto mesi dell’anno c’è stato un extragettito di 23,3 miliardi.

Probabilmente entrate in più potrebbero arrivare anche dal Concordato preventivo biennale piuttosto che da imprese di determinati settori che hanno registrato profitti elevati negli ultimi anni, staremo a vedere. Certamente questo renderà più facile trovare le coperture e anche cercare di potenziare gli interventi previsti o di inserirne di nuovi.

Per le imprese non si intravvedono al momento interventi specifici. Tuttavia, ascoltando anche le recenti richieste di Confindustria e non solo, sembra che l’importante per il mondo manifatturiero sia riuscire a far sì che l’Italia riesca a cambiare il Green Deal europeo.

Sì, è così. Oltre a questo per l’industria resta importante fare in modo che il piano Transizione 5.0 sia effettivamente utilizzabile dopo il ritardo con cui è effettivamente potuto partire, solamente nella seconda metà di quest’anno.

Cosa pensa, invece, dell’atteggiamento delle opposizionirispetto al tema manovra?

Al momento si intravvedono proposte generiche e ancora sospinte da una logica di interventi sussidiati piuttosto che il riecheggiare dell’introduzione di un’imposta patrimoniale, ancorché a livello europeo. C’è una gran confusione nell’opposizione evidente in due aspetti tra loro collegati: la difficoltà a tenere insieme il cosiddetto campo largo, che dal punto di vista programmatico non ha molti punti di contatto e che sembra restare unito solo tramite il nuovo trend dell’aventinismo politico.

Non c’è il rischio che queste deboli iniziative parlamentari rafforzino quelle di piazza che da un po’ di tempo vedono in prima linea la Cgil?

Sì, tutto questo ha un riscontro di prospettiva rischioso, perché questa fase così confusa lascia lo spazio solamente a generiche proteste di piazza. E il fatto che Landini, come accaduto in passato, parli già di sciopero generale prima ancora che venga presentata la Legge di bilancio non è un bel segnale: di fatto acuisce la mancanza di proposte programmatiche da parte delle opposizioni; inoltre, a mio avviso, alzare la tensione sociale è sempre sbagliato.

(Lorenzo Torrisi)

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